LA CINA È VICINA (PER I MARINES) - IL NOBEL PER LA PACE OBAMA RIPOSIZIONA LE TRUPPE USA IN FUNZIONE ANTICINESE (E PECHINO, CHE HA IN MANO IL DEBITO PUBBLICO USA, S’INCAZZA) - MARINES IN AUSTRALIA PER CONTENERE LE MIRE CINESI: SUBITO 250 SOLDATI NELLA BASE DI DARWIN, POI SALIRANNO A 2.500 - AUMENTA LA PRESENZA STRATEGICA NEL MAR DELLA CINA MERIDIONALE, DOVE SONO IN CRESCITA LE DISPUTE TERRITORIALI DI PECHINO CON NAZIONI COME LE FILIPPINE E IL VIETNAM, CHE GUARDANO A WASHINGTON IN CERCA DI SOSTEGNO…

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Barack Obama apre una base dei marines nel Nord dell'Australia per accrescere la proiezione strategica in Estremo Oriente e Pechino reagisce con irritazione: «È una decisione inappropriata».

Il passo della Casa Bianca viene annunciato poco dopo l'arrivo di Obama a Canberra quando, durante la conferenza stampa congiunta con la premier Julia Gillard, vengono svelati i dettagli del patto militare: entro la fine del 2012 sarà inaugurata una base Usa a Darwin con 250 marines destinati a diventare 2.500 e in contemporanea la Royal Navy australiana aumenterà i porti di attracco e rifornimento per le portaerei americane destinate a operare nella regione. «A sessant' anni dalla nascita dell'Anzus fra Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti viviamo in una regione che cresce e ha bisogno di stabilità - afferma Gillard - dunque diamo il benvenuto ai marines».

Per Obama si tratta di un accordo che proietta «la nostra solida alleanza verso il futuro», consentendo di «promuovere insieme la sicurezza, rispondendo alle necessità degli altri partner nella regione».

In concreto ciò significa che la «Marine Air and Ground Task Force» di Darwin avrà aerei e truppe di terra che consentiranno alle portaerei della Us Navy accolte nei porti australiani di aumentare la presenza strategica degli Stati Uniti nel Mar della Cina Meridionale, dove sono in crescita le dispute territoriali di Pechino con nazioni come le Filippine e il Vietnam, che guardano a Washington in cerca di sostegno.

Per il Pentagono si tratta di un significativo riassetto della proiezione nella regione, perché sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, basi e soldati sono stati concentrati in Corea del Sud e Giappone, ovvero nel Pacifico settentrionale, mentre ora si crea una struttura logistica che consente di operare nei mari del Sud. Non è un caso che in coincidenza con l'annuncio di Canberra il Segretario di Stato Hillary Clinton sbarchi a Manila per assicurare «sostegno» alle Filippine nelle dispute sui confini marittimi con la Cina, che includono l'arcipelago delle isole Sparty, in parte rivendicato anche da Hanoi.

Immediata la reazione della Cina che, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Liu Weimin, afferma: «Intensificare ed espandere le alleanze militari nella regione non è decisamente appropriato e può non essere nell'interesse delle nazioni di quest'area». La Casa Bianca affida a Ben Rhodes, consigliere del presidente sulle questioni strategiche, la contro-replica: «Non è solo una decisione del tutto appropriata ma si tratta anche di un passo importante al fine di confrontare le sfide del futuro per la regione dell'Asia-Pacifico», in quanto risponde «alle attese delle nazioni della regione».

Il botta e risposta mette in evidenza il braccio di ferro che si annuncia sullo scacchiere del Mar della Cina del Sud fra Pechino che punta a espandere la propria influenza e Washington che vuole invece arginarla sostenendo le dieci nazioni dell'Asean che Obama incontrerà oggi nel summit di Bali, in Indonesia.

Ad accrescere i timori di Pechino c'è l'iniziativa per la Partnership del Transpacifico che Obama offre a nove nazioni dell'Estremo Oriente per incentivare i commerci. La Casa Bianca assicura che non si tratta di mosse anti-cinesi: «Non temiamo la Cina e non vogliamo isolarla». Ma il discorso pronunciato dal presidente Usa davanti al Parlamento di Canberra sulla decisione di «allocare le risorse necessarie per proiettare potenza e arginare le minacce nel Pacifico» lascia intendere la volontà di mettere sulla difensiva Pechino.

Anche perché, per gli australiani, Darwin evoca la genesi stessa dell'alleanza militare con l'America. Proprio a causa delle vicinanza geografica ai mari del Sud, durante la Seconda Guerra Mondiale il Giappone imperiale voleva prendere Darwin e la bombardava pesantemente. Se Darwin non cadde fu grazie alla vittoria americana a Guadalcanal che cambiò la dinamica del conflitto, obbligando Tokyo a rivedere i piani.

Le truppe americane restarono a Darwin in funzione antigiapponese fino alla fine del conflitto. E ora vi tornano con la missione di proteggere le rotte del Sud Pacifico dal nuovo gigante asiatico del XXI secolo.

 

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