È LA FRANCIA DI HOLLANDE IL VERO BIDONE D’EUROPA? - PRESSIONE FISCALE RECORD: 46%, IL DEFICIT OLTRE IL 4,1% (IL LIMITE È 3)

Marco Moussanet per "Il Sole 24 Ore"

Ormai sono tutti d'accordo: dal punto di vista fiscale la Francia è entrata in una zona ad altissimo rischio, al limite della soglia di tolleranza, oltre la quale si fanno dei danni irreparabili. Al patto tra Stato e cittadini. E alla stessa disciplina fiscale dei contribuenti.
Sul quotidiano Le Figaro di ieri l'editorialista Yves de Kerdrel ricordava quanto affermava al proposito il mitico Colbert, tanto citato in questi giorni di rinnovato dirigismo industriale: «L'arte dell'imposizione consiste nello spiumare l'oca per ottenere il massimo di piume con il minimo di strilli».

Un'arte nella quale i presidenti e i governi che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno certo eccelso. Tra il 2011 e il 2013 c'è stato un inasprimento fiscale netto, detratte cioè le marginali misure di alleggerimento, pari a 58,6 miliardi, 38,6 dei quali a carico delle imprese. Il cui tasso d'imposizione medio, al 33,33%, è nettamente il più elevato d'Europa, alla pari con il Belgio.

La pressione fiscale teorica media - al lordo cioè delle detrazioni, una vera e propria giungla di misure - ha battuto un nuovo record, con il 46% a fine 2013 (era del 42% nel 2009). Il che peraltro non consentirà a Parigi di centrare l'obiettivo di un deficit al 3,7% quest'anno. Sarà infatti del 4,1 per cento. Con una percentuale di spesa pubblica sul Pil - sia pure motivata da elementi straordinari come il contributo eccezionale di 1,8 miliardi al budget europeo e la contabilizzazione di un aiuto di Stato a Edf per 600 milioni - del 57,1%, rispetto al già stratosferico 56,6% dell'anno scorso.

Che ormai non ci siano più spazi per nuove tasse lo hanno finalmente ammesso anche i dirigenti politici. Il ministro dell'Economia Pierre Moscovici ha parlato esplicitamente di un «ras-le-bol fiscal» (la gente non ne può più). E il presidente François Hollande ha solennemente dichiarato che a partire dal 2014 ci sarà una «pausa fiscale».

Purtroppo la grande maggioranza dei francesi (che proprio in questi giorni versano il saldo delle tasse sui redditi 2012, con un aumento medio di 200 euro) non ci crede più. E peraltro le cose non stanno proprio così, come ha candidamente riconosciuto lo stesso premier Jean-Marc Ayrault. Il quale - scatenando una nuova ondata di polemiche - ha parlato di «rallentamento» e rinviato la pausa al 2015.

Tra aumento dell'Iva, incremento dei contributi previdenziali (per finanziare l'ennesima riforma delle pensioni) e riduzione delle detrazioni sui figli, l'anno prossimo ci saranno infatti altri 3 miliardi di inasprimento fiscale (tutti a carico delle famiglie), portando la pressione teorica al 46,15 per cento. Si tratta certo di un aumento inferiore a quello previsto inizialmente (6 miliardi), grazie soprattutto a una congiuntura meno negativa. E alla scelta, tutta da verificare nell'esito finale, di privilegiare i tagli alla spesa (15 miliardi sui 18 della Finanziaria) per raggiungere un deficit (3,6% del Pil) comunque lontano dal 3% previsto nel 2015.

A colpire l'opinione pubblica, in particolare l'elettorato socialista, è soprattutto l'aumento dell'Iva (un'operazione da 6,4 miliardi). Se infatti è inferiore a quello previsto a suo tempo da Nicolas Sarkozy (a gennaio il tasso normale passerà dal 19,6% al 20% e quello intermedio dal 7% al 10%, mentre quello ridotto scenderà dal 5,5% al 5%), andrà comunque a pesare su tutti i contribuenti (la sterilizzazione funzionerà solo per i redditi molto bassi). E proprio questo era uno dei cavalli di battaglia del Ps. Quando era all'opposizione.

 

hollande smorfia HOLLANDE ED EMMA BONINO FRANCOIS HOLLANDEPierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A CAFA DC x JEAN MARC AYRAULTNICOLAS SARKOZY FOTOGRAFATO DA PHILIPPE WARRIN jpeg

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?