LAUDATI SIANO I NASTRI – CONDANNATI IN PRIMO GRADO PER DIFFAMAZIONE DELLA D’ADDARIO, I GIORNALISTI DI “PANORAMA” CALANO IL POKER IN APPELLO E TIRANO FUORI LE REGISTRAZIONI IN CUI IL PM LAUDATI PASSA LORO LE NOTIZIE INCRIMINATE – IL MAGISTRATO LI AVEVA SCARICATI DAVANTI AL CSM

Francesco Barberini per “Libero Quotidiano

 

PATRIZIA DADDARIO IN OSPEDALE DOPO LA LITE CON BARBARA MONTEREALE PATRIZIA DADDARIO IN OSPEDALE DOPO LA LITE CON BARBARA MONTEREALE

La «cena elegante» di Patrizia D’Addario, i file audio delle sue ore col Cavaliere, le rivelazioni in diretta tv e attraverso i giornali. Che tutto ciò fosse il frutto di un «complotto» lo devono avere pensato anche i magistrati, visto che quella del «complotto» ai danni di Silvio Berlusconi è stata una ipotesi investigativa della Procura di Bari. A dimostrarlo sono le registrazioni di due colloqui tra l’allora giornalista di Panorama, Giacomo Amadori e l’ex procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati. L’intricata vicenda è cominciata nel 2010. Il settimanale della Mondadori scrisse che c’erano «fondati» sospetti che l’ex attrice, showgirl, che molti definiscono escort, fosse lo strumento di una operazione studiata per mettere in difficoltà Silvio Berlusconi e il suo governo, che qualcuno l’avesse pagata e utilizzata per far esplodere lo scandalo.

 

ANTONIO LAUDATI ANTONIO LAUDATI

Dopo quella rivelazione, però, arrivarono prima timide smentite da «fonti vicine alla Procura», poi, addirittura, processi per diffamazione sfociati in due condanne di primo grado per il settimanale e l’autore dell’articolo. Lo stesso Laudati nel corso del procedimento avviato dal Csm ha sostenuto che «mai c’è stata un’indagine su un complotto, mai si è parlato di complotto». Ieri è arrivata la smentita, a prova di bomba. A dimostrare che l’ipotesi del complotto è stata presa eccome in considerazione sono due nastri che contengono due colloqui inediti tra i giornalisti del settimanale e il procuratore depositati presso la Corte d’appello di Milano.

 

GIACOMO AMADORIGIACOMO AMADORI

I nastri contengono la registrazione di due colloqui del gennaio-febbraio 2010, quando il magistrato coordinava l’inchiesta sulla escort e le sue serate nella residenze del Cavaliere: nel primo era presente il solo Amadori - oggi cronista di Libero -, nel secondo anche il direttore del settimanale, Giorgio Mulè. La mossa è stata fatta dai due giornalisti per «difendere» la loro «onorabilità» messa in discussione proprio dal magistrato e dai suoi colleghi che li hanno condannati a risarcire l’ex attrice.

 

Nei colloqui, registrati ad insaputa del magistrato e depositati dal loro avvocato difensore, Stefano Toniolo, Laudati rivela il suo pensiero: «Noi abbiamo impostato un meccanismo di indagini patrimoniali, che non è stato fatto solo in Italia, è stato fatto all’estero, e secondo me questa è la chiave di lettura per capire chi è il personaggio (...)». La donna, come emerge dal colloquio, aveva molti soldi in Qatar.

 

La sproporzione tra l’attività di prostituzione dell’ex attrice e la sua disponibilità finanziaria dimostrava, secondo il il magistrato, che qualcuno le aveva dato soldi. Rivela Laudati, trascritto nell’atto giudiziario: «Dobbiamo scoprire chi li ha dati alla D’Addario, perchè certo non erano soldi suoi». Di più, il coordinatore delle indagini sospetta che Gianpaolo Tarantini abbia speso più di quanto poteva - oltre 5milioni di euro - pur di agganciare il Cavaliere, forse per “piazzargli” la donna e far scattare la trappola.

rita dalla chiesa e giorgio mule'rita dalla chiesa e giorgio mule'

 

«Tarantini non agisce in proprio, cioè è un terminale», dice il Procuratore nella prima conversazione con il cronista. Qualche minuto dopo il magistrato è ancora più chiaro circa l’idea che si è fatto: «Io penso che sia Tarantini sia la D’Addario, sia altri, siano pedine di un meccanico molto più complesso e molto più articolato» che produceva rivelazioni, indirizzava le indagini e le utilizzava «per finalità istituzionali».

 

TARANTINITARANTINI

Il magistrato nota addirittura il tempismo di alcune dichiarazioni di Massimo D’Alema, il famoso suo annuncio di una “scossa”. Esiste, dice ancora nel colloquio registrato nel 2010, «una sinergia pericolosa tra gruppi dell’informazione, gruppi dell’investigazione, che secondo me vengono eterogestiti e proiettati con delle finalità». Ad una domanda di Amadori sul fatto che potessero esistere «evidenze» sul “regista”, Laudati rispondeva così: «C’è qualche, diciamo, elemento indiziario in tal senso». Di più, pronuncia la parola “complotto”: «Diciamo, in senso giornalistico, in senso (inc.) è quello di un complotto istituzionale».

 

Il magistrato conferma i suoi sospetti e l’esistenza di una indagine anche nella seconda conversazione registrata: «Questo è il contenuto dell’indagine, cioè la D’Addario dopo una certa data viene eterogestita». Nel nastro il procuratore si lascia andare ad una considerazione amara sulla Procura di Bari: «È un po’ permeabile... (...) Il presidente della Regione, presidente del Tribunale, Emiliano va a fare il sindaco, Maritati fa le indagini su D’Alema e va a fare il sottosegretario (inc.), va a fare il parlamentare, cioè, è ovvio che c’è un cordone ombelicale...». La consegna dei nastri ha avuto un altro effetto: Patrizia D’Addario ha querelato il magistrato. «Sono indignata, delusa e adirata», ha scritto in una nota l’ex attrice.

patrizia d'addario     patrizia d'addario

patrizia d'addario      patrizia d'addario

 

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