L’INVASIONE DELLA VAL D’AOSTA - PER QUALE MOTIVO NELLA REGIONE ALPINA AUTONOMA I NOMI ITALIANI DEI QUARTIERI SONO STATI TRADOTTI IN FRANCESE? - NON ESISTE NESSUNA RAGIONE PLAUSIBILE: LA REGIONE, CAMBIANDO LA TOPONOMASTICA, VUOLE SOTTOLINEARE IN MANIERA ASSURDA LA FRANCOFONIA DELLA VALLE D’AOSTA, ANCHE SE LA LINGUA TRANSALPINA è PARLATA SOLO DALLO 0,1% DELLA POPOLAZIONE...

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Enrico Martinet per "la Stampa"

VAL D AOSTA VALDAOSTAVAL D AOSTA VALDAOSTA

L'intento nobile di mettere ordine nella toponomastica della Valle d'Aosta si arena in una «normalizzazione» francofona. Ciò che nel corso degli anni aveva subito variazioni più o meno fantasiose per i nomi di villaggi o località scivola in normativa precisa della Regione autonoma e bilingue (l'italiano e il francese sono parificate) che offre ai Comuni il frutto di uno studio di esperti. Il risultato per il capoluogo Aosta e le sue frazioni collinari sprofonda nel ridicolo: i nomi italiani dei quartieri vengono tradotti in francese, con tanto di trattini tra le varie parole come vuole la grammatica della lingua di Voltaire.

Scelte per lo meno discutibili e che non sempre seguono la più volte citate esigenza storica. Il Consiglio comunale di Aosta il 22 gennaio ha deliberato le nuove denominazioni annullando quanto deciso in precedenza e su piccata sollecitazione della Regione. Così il quartiere Dora, non distante dal fiume diventa «Quartier-DeLa-Doire», quello Cogne, nome derivato dall'omonima acciaieria e costruito per operai e dirigenti, sarà «Le Quartier-Cogne».

VAL D AOSTA VALDAOSTAVAL D AOSTA VALDAOSTA

Non c'è alcun riferimento storico plausibile. Il provvedimento mortifica anche le denominazioni popolari e queste sì, storiche, in «patois», dialetto francoprovenzale parlato dalla maggioranza dei valdostani, mentre l'uso del francese non supera lo 0,1 % della popolazione. Tutti lo sanno, perché obbligatorio in ogni ordine di scuola, ma pochissimi lo usano. La riforma della toponomastica varia, per esempio, la località Tsambarlet, zona di attività produttive e commerciali, in Chambarlet, più francofono.

Altre zone cittadine sono ribattezzate, secondo gli esperti e la maggioranza dei consiglieri comunali, in modo che siano ripristinati i loro nomi originali. Così la Bioula diventa «La Bioulaz» e l'Arionda, «La Riondaz». L'uso della «z» finale è controverso che sia legato al «patois», lingua non scritta. La pronuncia evita quelle finali quindi non se ne comprende la ragione se non di renderle simili a parole francesi.

VAL D AOSTAVAL D AOSTA

La lingua d'Oltralpe è stata l'unica ufficiale in Valle d'Aosta per sette secoli, ma il «patois» ha resistito anche ai Savoia. Il particolarismo valdostano si fonda anche sul francese che da sempre è considerato la base dell'autonomia speciale. Di qui la sua parità nei confronti dell'italiano. Il suo uso ufficiale e culturale (come nelle scuole) così come l'italiano fa dell'intera regione una minoranza linguistica. Non così nel Trentino Alto Adige dove il bilinguismo distingue la comunità italiofona da quella germanofona.

AOSTAAOSTA

La volontà della Regione di sottolineare l'importanza della francofonia ha avuto momenti che hanno rasentato l'assurdità quando nei comunicati ufficiali venivano tradotte in francese perfino le città italiane. E c'è ancora ad Aosta una delle vie principali intitolata a «Antoine Gramsci» (ora diventa Antonio).

aostaaosta

La nuova toponomastica comporterà il cambio di migliaia di documenti per i cittadini, ma ci penserà il Comune di Aosta. E c'è anche un'altra difficoltà, legata ai computer della macchina burocratica. Nonostante il bilinguismo non hanno la tastiera francese. Si legge nella delibera comunale: «Per ragioni di grafica informatica si provvederà a scrivere nel viario le denominazioni delle vie in stampatello maiuscolo non potendo utilizzare le interpunzioni accentate». Il sindaco, Bruno Giordano, non da molto iscritto all'Union valdôtaine, movimento che fa del francese una bandiera politica, si è risentito delle polemiche sulle variazioni toponomastiche e con un «cinguettio» su Twitter scrive: «Chissà quando gli eruditi della penna "de nos atres" (patois, ndr) comprenderanno che i Comuni le leggi le applicano e non le scrivono».

 

 

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