IL LORD DELLE SPIE – RITRATTONE BY CORRIAS DI “DOMENICO DETTO MARCO” MINNITI: “CALABRESE MA DI TEMPERAMENTO SABAUDO, HA CAMMINATO IN GIOVENTÙ DENTRO LE NUVOLE DI LACRIMOGENI, HA VISTO IL FUOCO, IL DISORDINE, E UNA VOLTA PER SEMPRE HA SCELTO DA CHE PARTE STARE, QUELLA DELL'ORDINE” – "CONOSCE LA GEOGRAFIA, ANCHE PSICHIATRICA, DEI SUOI POLLI. SAPRÀ COME SORVOLARLI E POI FARSELI ARROSTO"

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Pino Corrias per “il Fatto Quotidiano”

 

MINNITI MINNITI

Da bimbo Marco Minniti voleva fare il pilota e l'agente segreto. Da grande ha fatto tutti e due, ma solo nel cielo della politica, che come tutti sanno, contiene navigazioni capovolte. La sua dura da una ventina d' anni esatti, quando atterrò, con la testa già rasata, dalle parti di Massimo D' Alema che si preparava a bombardare il primo governo Prodi, sentendosi uno statista, e poi le alture del Kosovo, credendosi uno stratega.

 

Per il comandante di Ikarus fu l' inizio del lento naufragio. Per Minniti, fu il decollo, sebbene con traiettorie sempre secretate, lungo gli oscuri territori dei Servizi, della Sicurezza interna, dell' Antiterrorismo. Trasformando una passione in un destino, arruolato in una mezza dozzina di governi, dai tempi dell' Ulivo a quelli di Matteo Renzi, passando indenne il fuoco di molte contraeree, fino al suo personale successo d' ordine strategico, dicastero dell' Interno nel governo Gentiloni, il Mar Mediterraneo prosciugato con l' idrovora e tanti saluti ai migranti rimasti a secco nell' inferno collaterale dei campi libici.

MINNITI CON I CAPELLI MINNITI CON I CAPELLI

 

Un trionfo che lo ha nutrito di luce. Che gli ha moltiplicato i nemici, gli amici, il molto onore che consegue al suo sillogismo più celebre: "La sicurezza è di sinistra". E che ora lo spinge a partire verso il fronte più caldo, anche se esangue di voti, niente di meno che la segreteria del partito più libanizzato d' Occidente, il Pd.

 

Occhio ai trappoloni, alle buche, ai vasi di gerani sui cornicioni, verrebbe da dire. Anche se nel suo caso non sono deterrenti, ma atletici incentivi che ama sbrigare con il caffè a colazione. Domenico Luca Marco Minniti, per gli amici Marco, è nato nell' anno dei carri sovietici a Budapest, il favoloso 1956, respirando l' aria del lungomare di Reggio Calabria, nonché le altezze rarefatte del padre ufficiale di Aeronautica.

marco minniti marco minniti

 

Calabrese, ma di "temperamento sabaudo", ha camminato in gioventù dentro le nuvole di lacrimogeni, durante la rivolta neofascista dei Boia chi molla, ha visto il fuoco, le barricate, il disordine, e una volta per sempre ha scelto da che parte stare, quella dell' ordine.

 

Preclusa dalla madre la carriera militare, Marco sceglie quella politica. Racconta: "Per dispetto a 17 anni mi iscrissi al Pci", che in terra di camerati e 'ndrangheta, è la cosa più prossima a una trincea. Studia Filosofia, mastica politica. Sa organizzare e decidere. Diventa il responsabile del partito nella Piana di Gioia Tauro, dove brillano bombe e minacce.

 

maurizio martina marco minniti maurizio martina marco minniti

Gli ammazzano a colpi di lupara l' amico Peppe Valarioti, consigliere comunale a Rosarno, anno 1980, "era toccato a me portare la notizia alla madre". Delitto che resterà impunito, dopo che sono state indagate e poi archiviate le famiglie Pesce e Piromalli, una ferita che non ha più smesso di bruciargli.

 

Arriva da laggiù a Roma con i capelli ricci e la fama di duro a sangue freddo. Si insedia nel cuore del partito, anno 1986, ufficio al secondo piano di Botteghe Oscure, con Achille Occhetto e D' Alema giovani dirigenti in massima ascesa. Si mette in scia, collezionando incarichi nel partito e aereoplanini sulla scrivania. Si occupa di organizzazione e sicurezza.

Riceve minacce. Quando torna in Calabria vive sotto scorta.

minniti minniti

 

Ma non si spaventa, si sposa, ha due figlie, cammina dritto anche quando va tutto storto. Dopo i disastri di D' Alema che fa due governi in due anni, per poi andare a sbattere sugli scogli delle Regionali del 2000, Minniti riemerge sottosegretario alla Difesa (il ministro è Sergio Mattarella) nel governo di Giuliano Amato che si barcamena nel solito indistinto, prima di lasciare campo libero alla rivincita di Silvio B. a cui non sembra vero di avere avversari tanto sciocchi da credersi astuti. E tanto astuti da farsi conniventi.

 

minniti renzi minniti renzi

Minniti diventa deputato. Passa non del tutto sottotraccia il quinquennio berlusconiano, occupandosi di forze armate, ricostruzione dei Balcani, finanziamenti all' industria militare. Sostiene l' ingresso di Albania, Croazia e Macedonia nell' Alleanza atlantica. E lavora per rafforzarla: "Dobbiamo finanziare i nuovi sistemi d' arma, sviluppare la Difesa europea, costruire i battaglioni di combattimento, coordinati al pronto intervento Nato".

 

minniti gentiloni minniti gentiloni

Nella guerriglia interna di partito, abbandona D' Alema, sceglie il suo nemico Walter Veltroni, e quando nasce il secondo governo Prodi, anno 2006, un manicomio con diciotto partiti in coalizione, è di nuovo pronto all' ingaggio.

 

Prodi si fida e non si fida. Lo nomina sottosegretario all' Interno, alle dipendenze di Amato. Ma un' ora prima che Piero Fassino, segretario del partito, piombi a Palazzo Chigi per sponsorizzare Minniti al coordinamento dei Servizi segreti, il Prof ha già girato l' incarico al quieto Enrico Micheli, ex manager Iri, che in quelle stanze così tanto riservate, all' epoca guidate da Nicolò Pollari, non ha nemici, ma specialmente non ha amici.

 

MINNITI MINNITI

La seconda e definitiva disfatta dell' Ulivo, stavolta grazie alla forfora di Mastella e ai Responsabili dell' indimenticato Scilipoti, non intacca la sua traiettoria di "Lord of spies", il signore delle spie, come lo ha incoronato il New York Times. O anche di sbirro "con storia di sbirro", come lo ha ruvidamente battezzato Gino Strada, il fondatore di Emergency.

sgarbi e minniti sgarbi e minniti

Diventato il pupillo di Francesco Cossiga, inventa con lui la Fondazione Icsa, che è una interessante (e costosa) sala giochi per agenti segreti, servizi segreti, agenzie private di sicurezza, banche, strateghi dell' informatica, militari in carriera e militari in declino. Luogo di incontri, convegni, contatti informativi. Il tutto riservatamente benedetto dagli americani e dalla santa alleanza che dai tempi dell' Iraq bombarda il resto del pianeta a fin di bene.

 

Dopo l' addio di Berlusconi, delle sue signorine a tassametro e dello spread a 500 punti, Minniti salta un solo giro, quello del governo Monti, ma viene arruolato in tutti gli altri, prima da Enrico Letta, poi da Matteo Renzi, infine da Paolo Gentiloni.

 

Cosa che costituisce un vero record di sopravvivenza e che lui onora inaugurando - dopo il nulla di Angelino Alfano e della flessibilità sugli sbarchi in cambio di quella sui conti pubblici - la prima vera offensiva del ministero dell' Interno contro l' immigrazione. Dichiarerà: "Non è in gioco solo la perdita di consenso nel breve periodo, ma la tenuta del tessuto connettivo del nostro Paese, un pezzo del futuro della nostra democrazia".

marco minniti marco minniti

 

La strategia è inflessibile: svuotare il mare presidiando le coste africane, fermare gli invasori prima che si imbarchino. Dichiarare guerra agli scafisti e fare pace con la guardia costiera libica, moltiplicando i rifornimenti militari. E insieme mettere mano alla dissuasione e ai finanziamenti alle 60 tribù che si contendono il potere, il petrolio e il traffico di schiavi.

Risultato, gli sbarchi diminuiscono della metà, il consenso cresce del doppio, la democrazia è al sicuro.

 

Salvo per i cattolici e la sinistra-sinistra che gli contestano tutto: il metodo, la propaganda, compreso il titolo del suo ultimo libro "Libertà è sicurezza", il nuovo sillogismo, dentro al quale il rischio è smarrire il senso (e i doveri) della comunità.

marco minniti (3) marco minniti (3)

 

Ma Minniti tira dritto, si rilassa ascoltando Lou Reed al buio, non si preoccupa che il suo miglior discepolo indossi la ruspa, e moltiplichi a destra il consenso con le sue stesse armi. Ora che si è candidato a guidare il Pd, lo aspetta una nuova battaglia, stavolta contro il fuoco amico. Ma siccome in tanti anni di militanza a nome dello Stato si è fatto dalemiano, veltroniano, prodiano, bersaniano, renziano, conosce la geografia - anche psichiatrica - dei suoi polli. Saprà come sorvolarli e poi farseli arrosto.

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