MASANIELLI ALL’ATTACCO - IL PD GOVERNA IN TUTTO IL SUD MA RENZI NON HA POTERE DA QUELLE PARTI - E ORA IL “PARTITO DEL MEZZOGIORNO”, DA EMILIANO A DE LUCA, CHIEDE SOLDI E INVESTIMENTI - DE MAGISTRIS “LEGHISTA”: “LE TASSE PAGATE A NAPOLI RESTINO A NAPOLI”

Negli anni gli investimenti e i trasferimenti al Sud sono calati, mentre è rimasta sostanzialmente invariata la partecipazione del Sud al pagamento delle pensioni - Le quali, ed ecco la sottolineatura polemica, “sono riscosse in gran parte al Nord” - Tutto ciò è musica per le orecchie di de Magistris. E non solo per lui…

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Marco Demarco per il “Corriere della Sera”

RENZI LOTTI RENZI LOTTI

 

Il Sud politico si è rimesso in moto, questo è certo. Incerta è piuttosto la direzione di marcia. Troppi leader, troppe voci. Rispetto al vuoto perfino di masanielli di qualche mese fa, ora è come se tutto fosse di colpo mutato. «Basta chiacchiere, bisogna cambiar musica», dice Arturo Scotto, di Sel. «La musica è già cambiata», fa sapere Renzi, che intanto convoca la direzione nazionale del Pd proprio sulla crisi del Mezzogiorno: appuntamento a venerdì prossimo.

 

FABIO E MINGO CON MICHELE EMILIANO FABIO E MINGO CON MICHELE EMILIANO

«Serve un altro spartito», insiste preventivamente Corrado Passera. È un nuovo meridionalismo quello che avanza. Un meridionalismo «strumentale», perché solo di note musicali per il momento si parla. Ma il testo d’autore? Sarà mai scritto un nuovo programma per il Sud? Il tema è entrato di prepotenza nella duplice agenda di Renzi, quella del Pd e quella del governo. E non era affatto previsto che ciò accadesse. Anzi.

 

VINCENZO DE LUCA VINCENZO DE LUCA

Il neocentralismo renziano era tale proprio perché escludeva sia la questione meridionale sia quella settentrionale e anteponeva alle reciproche retoriche rivendicazioniste la questione delle riforme nazionali. Uno schema, questo, che ha funzionato fin che ha potuto. Renzi ha approfittato, al Nord, di una Lega che intanto guardava oltre il confine territoriale delle origini, e, al Sud, di un nuovo ceto politico interessato a distinguersi dal vecchio notabilato.

 

E invece a un certo punto tutto è precipitato: prima, paradossalmente, con l’elezione di altri due governatori del Pd, Emiliano e De Luca, in un Sud già tutto «democrat», e poi con l’anticipazione del rapporto Svimez, che guarda caso non ha mai fatto tanto rumore.

roberto speranza roberto speranza

 

Un uno-due micidiale, perché i dati della Svimez e la terribile previsione di un Mezzogiorno in «perenne sottosviluppo», hanno finito per dare al Sud una consapevolezza unitaria che non aveva più (si parlava di più Sud, di meridioni al plurale) e che neanche l’appartenenza di tutti i governatori ad un unico partito aveva prodotto. Prova evidente che il Pd è parte del nuovo attivismo, ma non ne possiede l’esclusiva.

 

«La fotografia fatta dal Censis è quella di un disastro», urge un ministero ad hoc, dice la minoranza di Cuperlo e Speranza. Quella dialogante interviene invece con Dario Ginefra, primo firmatario di un documento di parlamentari pugliesi: «Governiamo in tutte le Regioni, non possiamo perdere questa occasione».

 

cardinale sepe gioca a tennis cardinale sepe gioca a tennis

Quasi un appello a Renzi a fare comunque qualcosa. Ma ecco gli esterni. Roberto Saviano, esagerando: «Ormai dal Sud vanno via anche le mafie». Il cardinale Sepe, con ancora più apprensione: «Caro Renzi, rottami tutto ma non la speranza del Sud». E infine il fronte istituzionale, che in quanto tale va al di là delle logiche di partito. «Scateniamo l’inferno del cambiamento» incita dalla Puglia il gladiatore Emiliano. E rivolto a De Luca: «Cosa aspettiamo a coordinare le Regioni del Sud? Io sono pronto. E tu?».

 

saviano backstage amici saviano backstage amici

Ma De Luca, prudentemente, per ora non risponde, non gradisce essere trascinato così di forza nella discussione. Renzi gli ha promesso 700 milioni per smaltire 4,5 milioni di ecoballe, ingombrante eredità dell’emergenza rifiuti. Meglio allora non tirare troppo la corda. Chi ne approfitta è invece Luigi de Magistris. Da sindaco di Napoli non solo tuona contro le troppe promesse mancate di Renzi, ma addirittura apre il fronte nuovo della rivolta fiscale in chiave sudista. «Le tasse che Napoli paga allo Stato restino a Napoli!», dice promettendo addirittura «una nuova resistenza». «Le somme incassate devono rimanere nei territori. Oggi vanno in gran parte a Roma. Questa storia deve finire». Ed è ancora lui a parlare, non un leghista del tempo di Bossi.

 

DE MAGISTRIS DE MAGISTRIS

Che tutto ciò possa portare a un partito del Sud è assai improbabile. Non è stato così quando questo partito avrebbe potuto identificarsi con quello della spesa pubblica, figuriamoci ora, con i tempi magri che corrono. Più facile, però, che prenda piede proprio qualcosa che abbia a che fare con una rivolta fiscale. Una rivolta che nel Sud del nero, del sommerso e dell’evasione fiscale, non c’è mai stata. Un accenno al tema, sebbene tra le righe, c’è anche nel rapporto Svimez. È passato inosservato, ma c’è.

 

È là dove si dice che negli anni gli investimenti e i trasferimenti al Sud sono calati, mentre è rimasta sostanzialmente invariata la partecipazione del Sud al pagamento delle pensioni. Le quali, ed ecco la sottolineatura polemica, «sono riscosse in gran parte al Nord». Tutto ciò è musica per le orecchie di de Magistris. E non solo per lui. Tanto più che a breve bisognerà fare i conti con la ripartizione del fondo sanitario nazionale e saranno altri guai. Come anche Emiliano preannuncia. Se si parla di nuovi spartiti per il Sud, dunque, attenzione a questi.

 

 

 

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