OBAMASPIA, LA MERKEL SI INCAZZA E L’EUROPA SI MUOVE CONTRO IL DATA-GATE

Marco Zatterin per "La Stampa"

Era lei che doveva farlo e lei lo ha fatto. Registrato il diffuso malumore che ha contagiato anche Frau Merkel, Viviane Reding ha preso carta e penna e s'è rivolta al procuratore generale degli Stati Uniti per domandare a muso duro lumi sul cosiddetto Datagate. «Programmi come Prism, e le leggi su cui questo è basato - ha scritto la responsabile europea per la Giustizia - possono avere gravi conseguenze negative per i cittadini europei».

Seguono sette domande alle quali la lussemburghese invita Eric H. Holder a rispondere entro venerdì, giornata in cui l'Europa deve definire il suo mandato negoziale per trattare l'accordo di libero scambio con gli Usa. La questione, lascia intendere, non potrà non essere sul tavolo e influenzare i colloqui.

L'Europa sta riprendendo le fila di una vicenda dalla quale è stata colta di sorpresa, oltretutto mentre è nel mezzo del cammino della revisione della normativa sulla protezione dei dati, sulla base della proposta messa sul tavolo dalla Commissione nel gennaio 2012. Il testo è stato discusso in lungo e in largo all'Europarlamento e al Consiglio (dove siedono i rappresentanti dei 27 governi), senza però riuscire ad avvicinarsi a una fumata bianca. La Reding ritiene che proprio il Datagate dimostri l'urgenza di chiudere l'intesa.

Lo deve pensare anche il garante della Privacy, Antonello Soro, che esprime «timore» per quanto accade negli States e afferma che «la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini rischia di mettere in discussione l'essenza stessa del bene che si vuole difendere».

Il nuovo quadro a cui lavora l'Ue, ha aggiunto, «intende ribadire il ruolo centrale delle proprie regole, superando le resistenze degli altri Paesi e delle grandi multinazionali». Per esempio, il testo in discussione stabilisce che gli operatori non comunitari, quando agiscono sul nostro mercato, devono rispettare le nostre regole.

È una questione che tocca nervi sensibili. «Bisogna proteggere i cittadini con regole esatte», dicono a Bruxelles. Anche per questo Soro ha affermato che adotterà «nelle prossime settimane un provvedimento generale» sulle intercettazioni «per indicare soluzioni idonee a elevare lo standard di protezione dei dati trattati ed evitarne indebite divulgazioni».

L'altra faccia della medaglia è nella direttiva dati che, secondo Commissione, «deve comprendere l'attribuzione di una piena responsabilità che elabora le informazioni». Negli States come in Europa.

Bruxelles non vuole essere scavalcata. «La fiducia nel rispetto della legge è fondamentale per la stabilità e la crescita dell'economia digitale», scrive la Reding nella lettera a Holder di cui «La Stampa» ha visto una copia. La domanda chiave è l'ultima, «quali sono i canali che possono consentire ai cittadini e alle società europee per potersi tutelare da prima su programmi simili? E come sono comparabili con quelli concessi ai cittadini statunitensi?».

Ecco il problema, la Commissione rileva che non solo l'America ha un dubbio diritto di lavorare sui dati dei residenti, ma protegga i suoi più di quanto sia disposta a fare con gli latri. «La Commissione è responsabile nei confronti del Parlamento di questa materia - ricorda la lussemburghese Holder - e loro ne terranno conto nel valutare le relazioni transatlantiche». Non è una minaccia, va da sé. Ma poco ci manca.

 

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