UN OCCHIONERO ALLO STATO - IN CARCERE CON LA SORELLA DA TRE MESI, GIULIO OCCHIONERO DENUNCIA: ''CONTRO DI NOI UN' “INCHIESTA FABBRICATA” A TAVOLINO CHE LEDE LA SICUREZZA NAZIONALE” – “INSERITO UN SOFTWARE SPIA NEI NOSTRI SISTEMI” - -

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Fabrizio Caccia e Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera

 

MEL SEMBLER GIULIO OCCHIONERO MEL SEMBLER GIULIO OCCHIONERO

Una notizia di reato «fabbricata». La Procura che gli avrebbe mandato di nascosto sul suo computer uno «spyware», un software spia. Una perquisizione a casa in cui gli agenti della postale avrebbero «provato a prendere il controllo» di due server «posti sul territorio americano». E, dopo una sua denuncia inviata al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ecco una presunta «accelerazione dell' arresto».

 

Francesca Occhionero Francesca Occhionero

È durissima la lettera inviata da Regina Coeli al suo legale Stefano Parretta da Giulio Occhionero: l' ingegnere nucleare di 45 anni arrestato tre mesi fa assieme alla sorella Francesca Maria, di 49, con l' accusa di cyberspionaggio, che non esita a parlare di «eversione». Il giudice gli contesta di essersi introdotto, attraverso l' account di un avvocato, dapprima nel sistema informatico del capo della sicurezza dell' Enav, e poi in una serie di caselle di posta elettronica protette di istituzioni, autorità militari, politici, persino quella del premier Renzi. E «attraverso l' installazione abusiva da remoto del malware Eyepiramid di aver acquisito notizie di sicurezza pubblica segrete».

 

«ABUSI CONTRO DI NOI»

EUGENIO ALBAMONTE EUGENIO ALBAMONTE

Ma lui contrattacca. A leggere le 7 pagine in stampatello la storia è tutta un' altra e fornisce un racconto degno di una spy story. Arrivando a sostenere che contro di lui sia scesa in campo una «aberrante articolazione dello Stato che con i suoi comportamenti lede potenzialmente la nostra economia ed espone a serio rischio la nostra sicurezza nazionale». E, come in un gioco di specchi, l' ingegnere riflette le accuse sui suoi accusatori: primo fra tutti il pm Eugenio Albamonte, ora presidente dell' Anm.

 

Secondo Occhionero «Procura e polizia postale, a parte introdurre una vera e propria girandola di siti, username e password, non sono riusciti a contestare una specifica condotta illecita». Ne deduce che la carcerazione sua e della sorella, «sia finalizzata a impedire che emergano le condotte illecite degli organi inquirenti». E ne riepiloga alcune.

 

HACKER HACKER

A partire dalla «strana genesi» dell' inchiesta. Negli atti processuali la Procura attribuisce l' origine del fascicolo a «notizie ricevute dall' Fbi». Occhionero dice invece che il «Cnaipic (la postale, ndr) aveva stilato un' informativa su di noi settimane prima». Un «tempismo» che lo induce al sospetto che fosse «fabbricata». E infatti aggiunge: «Il mio primo contatto con l' inchiesta sembra avvenuto con uno spyware. Consentito solo in indagini di criminalità organizzata».

francesca maria occhionero francesca maria occhionero

 

IL LEGALE E LE ANOMALIE

Poi racconta lo scontro in fase di perquisizione. Il tentativo di forzare la sicurezza dei suoi account, uno tedesco e l' altro americano. Con accuse alla polizia di aver violato lo «spazio cybernetico» straniero e agli inquirenti di «aver utilizzato Mentat, consulenti informatici, come forza di polizia». Ma non solo, li accusa anche di «furto di dati e credenziali da server americani e spionaggio industriale».

 

giulio occhionero giulio occhionero

L' avvocato Parretta riconosce che «si tratta della lettera di un detenuto che si sente ingiustamente incarcerato». Però aggiunge: «Il 27 giugno ci sarà il giudizio immediato contro i due fratelli. Visto che le accuse sono generiche e non riscontrate, è l' unico modo per tenerli in carcere. Eppure le anomalie sono diverse: la mail spia all' Enav che Occhionero nega di aver mandato, viene inviata passando da una rete che rende impossibile ricostruire chi l' ha spedita; i consulenti della Mentat sono quelli che si erano occupati per la Procura dello stesso virus inviato all' Eni, alla base delle indagini su Luigi Bisignani. Sentiamo puzza di gente tenuta in carcere perché non parla».

 

 

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