1. OGGI, PRIMO MAGGIO, RENZI FESTEGGIA UN LAVORO CHE NON C’È. ALLA FACCIA DEL JOBS ACT
2. L’ITALIA NON È AFFATTO FUORI DALLA RECESSIONE: A MARZO AD ESSERE RIMASTI SENZA SALARIO SONO STATI IN 59 MILA E NEI DODICI MESI PRECEDENTI (CIOÈ DA QUANDO A PALAZZO CHIGI C’È IL PREMIER CAZZONE) IL NUMERO DI DISOCCUPATI È CRESCIUTO DEL 4,4%, CHE IN VALORE ASSOLUTO FANNO 138 MILA PERSONE MANDATE A SPASSO, PER UN TOTALE DEL 13%
3. NON SOLO. LA CONSULTA HA BOCCIATO IL TAGLIO ALLE PENSIONI BY MONTI/FORNERO E LASCIA A RENZI UNA VORAGINE DA 13 MILIARDI, CIFRA CHE DA SOLA È IN GRADO DI MANDARE L’ITALIA GAMBE ALL’ARIA. PERCHÉ PAGANDOLA CI TROVEREMO UN AUMENTO DEL DEFICIT-PIL DELL'ORDINE 0,8-0,9%. E SAREMMO AL 3,3-3,4%, DI NUOVO IN PROCEDURA PER DEFICIT ECCESSIVO

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1. FESTA DEL LAVORO SENZA IL LAVORO

Maurizio Belpietro per Liberoquotidiano.it

Disoccupato Disoccupato

 

Ops! Dopo tanto suonare di grancassa per i nuovi posti di lavoro creati dal Jobs Act, ieri l’Istat ha diffuso i dati sull’andamento della disoccupazione nel mese di marzo e le percentuali sono andate di traverso a presidente del Consiglio e ministri. Altro che ripresa dell’economia, qui a crescere sono solo quelli che il lavoro lo hanno perso. A marzo ad essere rimasti senza salario sono stati in 59 mila e nei dodici mesi precedenti (cioè da quando a Palazzo Chigi c’è Renzi) il numero di disoccupati è cresciuto del 4,4 per cento, che in valore assoluto fanno 138 mila persone mandate a spasso, per un totale del 13 per cento.

 

RENZI E PADOAN RENZI E PADOAN

Un record, anche se negativo, che nasconde dati ancor più drammatici per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile. Dopo la leggera diminuzione di febbraio, la percentuale di ragazzi rimasta con le mani in mano è tornata a crescere dello 0,3 per cento, arrivando al 43,1 per cento.

 

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Numeri che fanno paura e certificano una sola cosa: l’Italia non è affatto fuori dalla recessione, come invece si è sbilanciato a dichiarare nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Soprattutto, i dati sono la controprova che le ricette economiche messe in atto dal governo non stanno funzionando. Nonostante il bonus di 80 euro, nonostante l’annuncio di un taglio del costo del lavoro, nonostante la promessa di distribuire un tesoretto agli indigenti, consumi e ordinativi dell’industria (e di conseguenza anche le assunzioni di lavoratori) non ripartono.

 

la firma di renzi sul jobs act la firma di renzi sul jobs act

Immaginiamo che a questo punto il presidente del Consiglio avrà già tolto dalla tasca ogni sorta di amuleto per tenere alla larga i gufi e gli iettatori. Ma qui non si tratta di superstizione e nemmeno di magia, qui siamo alle prese con i numeri, i quali non fanno il tifo a favore o contro, riflettono solo lo stato di salute di un Paese. E che il nostro abbia la febbre è fuor di dubbio nonostante il premier ostenti un ottimismo di facciata.

 

MONTI DISOCCUPATI ALLA FINE DEL TUNNEL DAL CORRIERE MONTI DISOCCUPATI ALLA FINE DEL TUNNEL DAL CORRIERE

Pur godendo della condiscendenza della maggior parte della stampa e della totale assenza di un’opposizione che si possa definire tale (lo si è visto a proposito della legge elettorale: nonostante le minacce, come avevamo previsto non è accaduto nulla), Renzi non sta riuscendo a smuovere il gigante addormentato che è la nostra economia. Per quanto ci riguarda, da tempo sosteniamo che se fossimo nei panni del capo del governo dedicheremmo meno tempo all’Italicum e più all’Italia, perché senza la seconda non serve nemmeno il primo.

contro il jobs act contro il jobs act

 

Il Paese ha necessità di un sistema che consenta di eleggere il Parlamento, ma ancor prima ha bisogno di snellire la legislazione, di ridurre le tasse e di sveltire la giustizia, una dieta che è più importante delle tante di cui il premier parla ogni giorno in tv. Levasse le pastoie burocratiche che impediscono rapide decisioni, approvasse la riforma del fisco (che aveva promesso già lo scorso anno, ma invece ci ha dato solo la riforma al rialzo delle imposte) e garantisse una giustizia civile anziché quella incivile che si trascina per anni, potremmo pure passare sopra una legge elettorale che di fatto gli dà ogni potere, anche quello di mettere becco nella nomina degli organi costituzionali.

DISOCCUPATI DISOCCUPATI

 

E a proposito di Costituzione: ieri la Suprema corte ha dato una bacchettata a tutti quelli che - al governo come ai vertici dell’Inps - sognano di fare cassa con i pensionati che non siano al minimo. Dopo aver sancito l’incostituzionalità del contributo di solidarietà sugli assegni previdenziali sopra una certa soglia, i giudici hanno sentenziato che anche il blocco dell’adeguamento al costo della vita per chi incassa tre volte più del minimo è illegale.

 

renzi parla inglese renzi parla inglese

Risultato, lo Stato dovrà risarcire chi è stato ingiustamente penalizzato e nei conti pubblici si apre una voragine da quasi 11 miliardi, sei volte il presunto tesoretto annunciato da Renzi in vista delle elezioni regionali. Qualche altro problema di bilancio arriva dalla famosa decontribuzione per chi assume, operazione che sul fronte del lavoro nei primi mesi dell’anno aveva consentito al presidente del Consiglio di brindare alla svolta.

precari su fornero e monti big precari su fornero e monti big

 

In realtà, nonostante non ci sia stata una crescita degli occupati, lo sgravio rischia di costare più di quanto era stato preventivato (5 invece di 1,9 miliardi), aprendo un altro buco nei conti pubblici. Per tappare la falla sarebbe già pronto un aumento dei contributi per le aziende che non assumono: una toppa che sarebbe peggiore del buco, perché avrebbe anche il sapore della beffa per quelle imprese che neppure hanno beneficiato del taglio. Risultato: oggi, Primo maggio, sindacati e governo festeggiano in tutta Italia un lavoro che non c’è. Alla faccia del Jobs Act

 

ELSA FORNERO IN LACRIME E MARIO MONTI ELSA FORNERO IN LACRIME E MARIO MONTI

2. LA FORNERO CI LASCIA UNA VORAGINE DA 13 MILIARDI

Franco Bechis per Liberoquotidiano.it

 

renzi - vincino renzi - vincino

Arriva una bomba da oltre 13 miliardi di euro sui conti pubblici italiani. Ad avere acceso la miccia che rischia di fare saltare il rispetto dell’Italia dei parametri di Maastricht nel 2015 e ogni percorso di rientro verso il pareggio di bilancio è stata la Corte Costituzionale, che ha sentenziato l’illegittimità dei commi del Salva Italia di Mario Monti con cui si era bloccata l’indicizzazione delle pensioni al costo della vita nel 2012 e nel 2013 per tutti quelli che prendevano più di 1.405 euro lordi al mese (importi superiori a tre volte il minimo).

FORNERO MONTI FORNERO MONTI

 

È una inattesa bocciatura della riforma delle pensioni scritta da Elsa Fornero proprio sul punto per cui la professoressa versò pubbliche lacrime in conferenza stampa.

 

Inattesa perchè proprio la Consulta aveva impedito di sottoporre a referendum popolare quelle e altre norme della riforma pensionistica, sostenendo che si trattava di norme legate alla legge di bilancio non sottoponibili al giudizio del popolo. Sorprendente perché quello della Fornero per quanto più pesante non fu il primo blocco temporaneo della rivalutazione delle pensioni fatto da un governo italiano, e nei casi precedenti le norme erano state impugnate proprio davanti alla Corte Costituzionale che ne aveva sancito la legittimità.

MONTI FORNERO MONTI FORNERO

 

Infatti in questo caso per bocciare quel blocco la Consulta si arrampica abbastanza sui muri, sostenendo la legittimità del blocco temporaneo in sé, ma l’inadeguatezza delle motivazioni di finanza pubblica che lo avevano sorretto. Un giudizio dunque più politico che tecnico-giuridico, e la sorpresa non è poca.

 

Intanto il fatto è che i commi che stabilirono quel blocco non ci sono più, e quindi la mancata erogazione ai pensionati della indicizzazione di quegli anni è illegittima. Così stando le cose quei soldi vanno restituiti. Quanti sono? Ieri sono circolate cifre in libertà, anche perchè il ministero dell’Economia e palazzo Chigi sono stati colti di sorpresa. Ci si è rifatti quindi a due cifre citate nella discussione del ricorso davanti alla Corte Costituzionale: 1,8 miliardi di euro per il 2012 e 3 miliardi di euro per il 2013.

PENSIONATI RITIRANO ALLA POSTA PENSIONATI RITIRANO ALLA POSTA

 

Per questo si è detto: il governo ora ha un buco di circa 5 miliardi di euro. Ma non bastano quelle somme, che a prima vista non sembrano nemmeno corrette. Perché se non esistono più le norme sul blocco di indicizzazione 2012-2013, anche l’indicizzazione corrisposta dopo la fine del blocco nel 2014 e nel 2015 è sbagliata, perchè applicata su importi pensionistici a cui mancavano quelle rivalutazioni.

 

Somme rilevanti da rimborsare ai pensionati per risarcirli di quanto è mancato alle loro buste paga sia nel 2014 che nel 2015. E naturalmente anche per gli anni a venire. Tutte le cifre inserite nell’attuale Def sono dunque sbagliate, e il documento è da riscrivere. Quali sono le cifre reali da restituire ai pensionati? Quelle loro tolte, che si possono desumere dalle relazioni tecniche proprio del salva-Italia di Monti e dell’emendamento di natura parlamentare che ha modificato parzialmente quel blocco (il testo originario lo applicava a tutte le pensioni superiori al doppio del minimo, poi è stato ristretto alle pensioni superiori al triplo del minimo).

matteo renzi pier carlo padoan matteo renzi pier carlo padoan

 

Basta una calcolatrice. Il testo originario prevedeva un risparmio netto di spesa per quella norma di 2,890 miliardi di euro nel 2012, poi 4,93 miliardi di euro nel 2013 e nel 2014, e ancora: 4,881 miliardi nel 2015 e 4,832 miliardi nel 2016. Con la modifica parlamentare il risparmio di spesa di è ridotto di 1,06 miliardi nel 2012, di 1,03 miliardi nel 2013 e 2014, e ancora di 1,02 miliardi nel 2015 e 1,01 nel 2016, poi via così. I veri costi netti per il bilancio dello Stato della sentenza della Consulta sono: 1,830 miliardi per il 2012, poi 3,9 miliardi sia nel 2013 che nel 2014 e 3,861 miliardi nel 2015.

matteo renzi pier carlo padoan matteo renzi pier carlo padoan

 

Per gli anni successivi si apre un buco che oscilla fra 3,5 e 3,8 miliardi di euro. Questo significa che il costo netto di quella sentenza è di 13,491 miliardi di euro alla fine del 2015. E manderà a monte una parte della riforma delle pensioni anche negli anni successivi. Quella cifra dovrebbe essere pagata entro quest’anno (ai pensionati andrà di più, ma qualcosa tornerà indietro in maggiori tasse), e da sola è in grado di mandare l’Italia gambe all’aria. Perché pagandola invece del tesoretto ci troveremo un aumento del rapporto deficit-pil dell'ordine di 0,8-0,9%. Quindi saremmo al 3,3-3,4%, di nuovo in procedura per deficit eccessivo.

 

 

 

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