PARADOSSI D’EUROPA: COME FAR SI’ CHE I PAESI RICCHI SIANO SEMPRE PIU’ RICCHI E I POVERI VADANO IN MALORA

Adriana Cerretelli per "Il Sole 24 Ore"

Sarà la recessione che picchia più duro nei Paesi più deboli e in quarantena riformista. Sarà la scelta di governance della crisi che tende regolarmente a rafforzare i più forti. Sarà la crescente diffidenza reciproca che si nutre anche di una profonda incomunicabilità etico-politico-culturale.

Fatto sta che la frattura Nord-Sud dentro moneta e mercato unico non cessa di dilatarsi. E ora rischia di accentuarsi anche con la riforma degli aiuti di Stato a finalità regionali, i cosiddetti Afr, che sarà varata a Bruxelles in giugno.

Sullo sfondo un interrogativo: fino a quando potrà chiamarsi ancora unico il mercato europeo e l'euro restare insieme, se i differenziali strutturali e competitivi tra gli Stati membri continuano a crescere?

Prendiamo l'Italia, lo sviluppo che arretra, le imprese che boccheggiano o chiudono. Ci sono riforme strutturali da fare e storture da raddrizzare che dipendono tutte e solo da noi: dal pagamento dei maxi-debiti pregressi della pubblica amministrazione al futuro rispetto delle scadenze in linea con le nuove norme Ue, dall'elefantiasi burocratico-normativa all'inefficienza diffusa della Pa, dall'iper-tassazione da abbattere fino a una giustizia che riposa su tempi biblici scoraggiando gli investimenti e spingendo le delocalizzazioni.

C'è però anche un contesto europeo con il quale i singoli sistemi-Paese si devono misurare: invece di accompagnare e sostenere gli sforzi di risanamento dei più vulnerabili, sembra evolversi verso un modello che ne complica vita e chance di riscatto.

Accesso al credito e costi di finanziamento delle imprese e degli Stati decisamente divaricati, con i ricchi che si approvvigionano quasi gratis e i poveri che invece pagano conti molto salati. Unione bancaria al palo insieme alla possibilità di rompere il legame perverso tra crisi bancaria e dei debiti sovrani e di integrare davvero un settore fragile. Questi fossati Nord-Sud sono arcinoti.

Che dire poi della disoccupazione, salita in media Ue in marzo al 12,1%, che però colpisce Grecia e Spagna al 27% ma Germania e Austria solo al 5? O della dinamica salariale con costi orari del lavoro variabili l'anno scorso dai 3,7 euro della Bulgaria ai 39 della Svezia?

Con Germania alla media di 30,4 euro però con un terzo della manodopera remunerata 8,5 euro e i mini-jobs pagati addirittura 3-4 euro, tanto che Belgio e Francia hanno denunciato Berlino a Bruxelles per dumping salariale? Con questi precedenti come può la Germania dichiarare guerra alla concorrenza sleale dei partner sul fisco quando in casa fa lo stesso sui salari?

«Se la Germania continua a mantenere bassi i salari e ad accumulare surplus nell'export, l'unione monetaria alla lunga non potrà tenere», ha avvertito Lazslo Andor, commissario Ue agli Affari sociali, secondo il quale «la coesione europea si è già persa a metà».

Ad allungare ulteriormente le distanze tra i partner europei, che per di più in futuro potranno contare sempre meno sulla camera di compensazione dei fondi del bilancio Ue, potrebbe presto contribuire anche la riforma Ue degli aiuti di Stato in gestazione a Bruxelles. In teoria questi aiuti alle imprese dovrebbero favorire integrazione e convergenze dentro il mercato unico, evitando delocalizzazioni e distorsioni di concorrenza.

Di fatto, complici la crisi che ha sconvolto molti equilibri territoriali e le politiche di rigore che minimizzano quando non annullano i margini di bilancio dei Paesi più in difficoltà, la riforma degli Afr, se non accompagnata da opportuni paletti, rischia di avere effetti paradossali: accentuando, invece di attenuare, distorsioni di competitività e fratture dentro il mercato unico, favorendo una volta di più le imprese degli Stati più ricchi e con maggiori disponibilità finanziarie.

Oggi infatti non ci sono tetti all'erogazione di questi aiuti nazionali ma solo una serie di criteri da rispettare quando si versano. Sotto i 200mila euro (che ora si vorrebbe elevare a 500mila) però non vanno nemmeno notificati a Bruxelles, quindi sfuggono ad ogni controllo europeo.

Nel triennio 2009-11 con lo 0,60% e lo 0,56% del Pil Francia e Germania hanno versato alle rispettive industrie e servizi più del doppio degli aiuti erogati dall'Italia, 0,23%, che ha problemi di bilancio. Anche la Spagna ci ha battuti con lo 0,39%. Lo squilibrio appare ancora più preoccupante se si considera che tra il 2006 e il 2011 gli aiuti esenti da notifica sono passati dal 6,2 del totale al 32,4% in media, con la Germania al 64% e l'Italia al 38,8%.

Se poi si combina la variabile aiuti con i livelli di tassazione su capitale e reddito d'impresa emerge l'ennesimo paradosso: le imprese italiane operano in uno dei Paesi Ue con maggiore tassazione e meno aiuti, mentre i concorrenti tedeschi e francesi in quelli con meno tasse e più aiuti.

La morale è evidente: ogni Paese deve fare al più presto la sua parte di rigore e di riforme. Ma l'Europa non può stare alla finestra limitandosi a guardare come finirà la partita. Perché senza solidarietà e ammortizzatori adeguati, di questo passo il suo esito è scritto.
«Le autostrade finanziate in Spagna e Portogallo con i fondi europei hanno avvantaggiato anche l'industria tedesca, che vi ha potuto vendere le sue Mercedes e Bmw», sottolinea un diplomatico europeo.

E aggiunge: «Oggi, grazie all'euro sottovalutato, la Germania vanta un attivo delle partite correnti del 7% contro il passivo del 6% di dieci anni fa». A nessuno in Europa conviene la rottura, anche se non tutti l'hanno capito. Ma per evitarla l'Europa deve ritrovare al più presto gli equilibri interni che ha perduto.

 

bruxelles strasburgo-europarlamentoIL PALAZZO DELLA COMMISSIONE EUROPEACOMMISSIONE EUROPEACommissione EuropeaDRAGHI E MERKEL MARIO DRAGHI MERKEL MARIO DRAGHI E ANGELA MERKEL enrico letta

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....