PARANOICI O PARACULI? GRILLO, CASALEGGIO E I “TRADITORI”, UN CASO PSICHIATRICO E POLITICO

Filippo Ceccarelli per "La Repubblica"

E se fosse, ormai, una mera questione di «menti eccessivamente infiammate»?
L'espressione è di un grande storico, Richard Hofstadter, e apre un suo celebre saggio pubblicato nel 1964 con il titolo, invero sintomatico: «The Paranoid Style in American Politics».

Grillo era di là da venire, ma ciò che da qualche tempo sta avvenendo nel Movimento Cinquestelle - rabbie, gelosie, sospetti, paure, processi, espulsioni - rende gli argomenti del professore molto, ma davvero molto e forse perfino troppo interessanti.

Ora, sebbene sia di pubblico dominio sostenere che il sistema politico è impazzito, che parecchi suoi protagonisti sembrano matti, e altrettanti si rinfacciano la pazzia l'un l'altro e via dicendo, è sempre piuttosto rischioso interpretare la vita pubblica secondo i modelli degli psichiatri e magari sostituire l'analisi con la diagnosi - tanto più selvaggia, oltretutto, quanto più frutto di nozioni orecchiate.

Ciò detto, e con vana speranza di aver messo le mani avanti, quando l'altro giorno la deputata dissidente Pinna denuncia «un clima da psico-polizia»; oppure quando ieri alla buvette del Senato l'ormai recidiva squadretta nominata «gruppo di comunicazione» s'imbatte nella senatrice Gambaro a colloquio con l'ineffabile Razzi e ritiene normale immortalare la scena, beh, la faccenda non solo si complica, ma saldandosi con le fobie di contaminazione, i flaconcini di disinfettante, i timori sui micro-chip sottopelle, i fanta-video di Casaleggio, i troll e gli hacker «pagati», la gogna on line, il potere nefasto di Barbara D'Urso, alla fine qualcosina di patologico si percepisce.

Forse è da paranoici notarlo. O forse, come spiega saggiamente Hofstadter, «nulla impedisce che un programma valido sia sostenuto con uno stile paranoico».
Aggressivo e megalomane, ma a tal punto ripiegato su di sé da perdersi ormai nell'indistinta autocombustione di una setta che vive per misurare la propria fedeltà. E non c'entra tanto il culto di Grillo, l'Eletto, il totalmente Buono, il Salvatore perseguitato dal gigantesco e subdolo meccanismo di influenza, eppure certo del trionfo finale, completo e definitivo («Ne rimarrà solo uno»).

Casi del genere sono infatti documentabili nella Lega e in ambito berlusconiano.
È piuttosto il conflitto tra Bene assoluto e Male assoluto che oltrepassa la retorica tradizionale richiedendo il soccorso di testi di psicologia; l'apocalittica certezza per cui il Movimento vive costantemente a un punto di svolta, ora o mai più, il tempo sta sempre per scadere; e la formulazione di obiettivi disperatamente irrealistici, il cento per cento dei voti, il governo.

Il discorso paranoico è in qualche modo graduabile. Ma là dove si riconosce meglio è nel modo con il quale affronta ciò che in politica è inevitabile e quindi il dissenso. Ecco, qui non si scampa: le figure dominanti, nel senso che si riferiscono al passato al presente e al futuro, sono quelle del rinnegato, del traditore e dell'infiltrato.

Ma il punto è che il ritmo della loro individuazione va facendosi concitato, e che nessuno pensa più all'ipotesi che si possa essere in disaccordo per ragioni per così dire «politiche» - che peraltro sembra che sfuggano agli stessi dissidenti. Tutto finisce per ridursi a infedeltà o, dall'altra parte, a mobbing e stalking.

Non molto sano. D'altra parte non di rado il cervello è, come la politica, una brutta bestia. E chi abbia cominciato a occuparsene ormai molti anni orsono è colpito dal fatto che sempre più efficacemente venga proprio dagli psichiatri la chiave per leggere le vicende dell'attualità.

Proprio su Repubblica, nei primissimi giorni di aprile, Massimo Recalcati ha scritto, ad esempio, sul M5S: «Lo stato mentale di un movimento si misura sempre dal modo in cui sa accogliere la dissidenza. Sa tenerne conto, valorizzarla, integrarla? O agisce solo tramite meccanismi espulsivi?».

Ecco, meglio non si poteva dire, o prevedere. Recalcati ha formulato l'ipotesi secondo cui Grillo sta gestendo la sua cospicua forza mossa da un «fantasma di purezza», tipico degli adolescenti. Grosso modo, si proclama la propria diversità e innocenza incontaminata contro l'Altro, gli altri. Si fotografano i reprobi, si fuggono i giornalisti, si cercano i nemici tra le proprie fila. E' molto stressante. Ma purtroppo è anche la base di tutti i poteri totalitari - e se questi ultimi, poi, siano paranoici o meno, di solito si capisce quando è troppo tardi.

 

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