PERCHÉ RENZI DIRÀ SEMPRE NO AL PREMIO DI COALIZIONE - DOVREBBE ALLEARSI CON BERSANI E PISAPIA E IN CASO DI (DIFFICILE) VITTORIA NON FAREBBE MAI IL CAPO DEL GOVERNO. SENZA PREMIO, CON LO STALLO ALLA SPAGNOLA, AVRÀ BERLUSCONI COME INTERLOCUTORE E ALLEATO. E MOLTE PIÙ CHANCES DI TORNARE A PALAZZO CHIGI - ORA SILVIO RITIRA FUORI IL TEDESCO

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Maria Teresa Meli per il ''Corriere della Sera''

 

 

berlusconi renzi berlusconi renzi

«Quello sul premio alla coalizione è un dibattito assurdo»: ieri Matteo Renzi ha liquidato così la trattativa in corso su quel sistema elettorale. Ma Silvio Berlusconi, che ha - e non da ora - un piano B sulla legge elettorale, non è rimasto spiazzato. Se lo aspettava. Se non altro perché, come è noto, su questo punto anche il Movimento 5 Stelle è contrario e il Partito democratico ha sempre detto che l' eventuale accordo deve comprendere sia Forza Italia che i pentastellati e la Lega.

 

Perciò il leader di Forza Italia sta provando a riesumare il sistema tedesco. Quello su cui, a suo tempo, si era trovato un accordo con il Pd, la Lega e i grillini. Ne ha già parlato con gli alleati del centrodestra. E anche su questo tipo di legge elettorale Gianni Letta ha tastato il terreno con il leader degli scissionisti Pier Luigi Bersani nel loro incontro del 14 luglio (ieri l' esponente di Mdp si è espresso chiaramente per il «tedesco» durante un intervento a Modena).

 

matteo renzi giuliano pisapia a milano pranzo con la moda matteo renzi giuliano pisapia a milano pranzo con la moda

Però pure questo tentativo di Berlusconi sembrerebbe destinato a cadere nel vuoto. È vero che il Partito democratico si era fatto promotore di quell' intesa sul sistema tedesco. Ma è anche vero che adesso le cose sono mutate. Il Movimento 5 Stelle non ha nessuna intenzione di cambiare l' attuale legge (e lo ha fatto capire in tutti i modi). Né tanto meno i grillini vogliono fare un accordo con Forza Italia e Pd, che potrebbe assomigliare a un «inciucio» proprio alla soglia delle elezioni politiche. Dopo aver siglato un' intesa di quel genere come potrebbero mai impostare la loro campagna elettorale contro Pd e FI?

 

Ma il Partito democratico, come si diceva, senza il coinvolgimento dei pentastellati non intende procedere sulla riforma elettorale. Confidava ieri a un amico il coordinatore della segreteria del Pd Lorenzo Guerini: «Di legge elettorale è chiaro che parleremo a suo tempo, però sinceramente mi sembra molto complicato andare in autunno sul sistema tedesco».

 

Il perché di questa posizione è presto detto: un' intesa tra Partito democratico e Forza Italia scatenerebbe sicuramente polemiche, sia a sinistra del Pd che tra i grillini. Si tornerebbe a parlare di «patto del Nazareno» e di accordi sotto banco con Silvio Berlusconi. E questo proprio a una manciata di mesi dalle elezioni.

 

bersani epifani dalema bersani epifani dalema

Perciò sembra proprio che nemmeno nell' ultimo tratto di legislatura si riuscirà a varare una riforma della legge elettorale. E infatti Mdp, approfittando della confusione, medita di cavalcare il Mattarellum non perché lo voglia sul serio (penalizzerebbe gli scissionisti che arriverebbero solo in tre-quattro in Parlamento) ma a mo' di azione di disturbo nei confronti del Partito democratico.

 

A quanto pare non resta che la strada di un decreto per armonizzare i punti lasciati aperti dalla sentenza della Corte: voto di preferenza difforme tra le due Camere, ridisegno dei collegi al Senato (che oggi sono venti, corrispondono alle regioni e quindi sono troppi grandi) e un metodo alternativo a quello del sorteggio.

 

Ma persino questa che sembra essere l' unica strada possibile in realtà è oltremodo impervia. Infatti sono in molti, anche nello stesso Partito democratico, a negarne la fattibilità se non per interventi «minimali». C' è anche chi esclude la praticabilità politica del decreto: «Un simile provvedimento dovrebbe comunque passare al voto di Camera e Senato e non è affatto detto che i parlamentari uscenti votino per i capilista bloccati».

 

RENZI BERSANI RENZI BERSANI

E comunque il governo non sembra affatto intenzionato a scatenare una polemica sul decreto. Perciò è disposto ad andare avanti su questa ipotesi solo se, in caso di fallimento di qualsiasi intesa sulla legge elettorale, vi fosse l' accordo del Colle e di un ampio schieramento delle forze politiche.

 

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