1. IL PREMIER-GELATAIO AL BIVIO: LA RIFORMA DEL LAVORO DA SOLA NON BASTERÀ MAI 2. LO SANNO I FRANCESI CHE STANNO GIOCANDO LA NOSTRA STESSA PARTITA DEL DEBITO PUBBLICO CON BRUXELLES E CON LA BCE, MA LO FANNO IN MODO DIVERSO. IL LORO PREMIER MANUEL VALLS HA VARATO UN TAGLIO DI SPESA DA 50 MILIARDI DI EURO E RIDUZIONI DI TASSE SULLE IMPRESE DA 40 MILIARDI. SE IL PIANO FRANCESE ANDRÀ IN PORTO, L’EXPORT TRANSALPINO AVRÀ GUADAGNATO COMPETITIVITÀ SU QUELLO DELL’ITALIA PER CIRCA IL 2% DEL PIL FRANCESE. DIFFICILE CHE L’ITALIA POSSA FARE ALTRETTANTO SOLO RIFORMANDO LO STATUTO DEI LAVORATORI O ABOLENDO L’ARTICOLO 18 3. IL BULLETTO DI PALAZZO CHIGI PUÒ FARE TUTTI I PIANI DEI MILLE GIORNI CHE VUOLE E METTERLI SU INTERNET, MA SE NON CI METTE LA CICCIA FA POCA STRADA. SENZA MISURE COME QUELLE FRANCESI SI RISCHIA VERAMENTE LA FIGURA DI QUELLI CHE MANGIANO IL GELATO MENTRE CONTROLLANO SODDISFATTI GLI INDICI DI POPOLARITÀ SU INTERNET

di Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia

 

 

1. AVVISI AI NAVIGATI

matteo renzi gelato mattarellomatteo renzi gelato mattarello

Oggi il premier-gelataio presenterà il suo programma dei Mille giorni, con tanto di sito internet apposito, in modo che “gli italiani possano controllare”. Ed è sicuramente cosa buona e giusta, perché serve a impegnarsi anche formalmente a chiudere la legislatura e a non tentare l’avventura delle elezioni politiche anticipate nella prossima primavera. Elezioni che darebbero a Renzie un maggior controllo sulle Camere, ma che sono incompatibili con gli impegni che stiamo negoziando con l’Europa.

 

RENZI COL GELATO A PALAZZO CHIGIRENZI COL GELATO A PALAZZO CHIGI

Nei prossimi 45 giorni l’Italia dovrà contrattare al meglio una dilazione nel cammino di rientro del debito pubblico in cambio di riforme strutturali che rilancino la competitività delle sue imprese. Al di là della riforma della giustizia civile e di un promesso snellimento della burocrazia, non si vedono misure specifiche in tal senso. La riforma del lavoro, la cui discussione ricomincia giovedì, può dare una mano ma da sola non basterà mai.

 

DRAGHI MERKELDRAGHI MERKEL

Lo sanno i francesi che stanno giocando la nostra stessa partita con Bruxelles e con la Bce, ma lo fanno in modo diverso. Il loro premier Manuel Valls ha varato un taglio di spesa da 50 miliardi di euro e riduzioni di tasse sulle imprese da 40 miliardi. Come osserva oggi Repubblica (p. 3), se il piano francese andrà in porto, l’export transalpino avrà guadagnato competitività su quello dell’Italia per circa il 2% del Pil francese. Difficile che l’Italia possa fare altrettanto solo riformando lo Statuto dei lavoratori o abolendo l’articolo 18.

 

Per dirla grossolanamente, uno può fare tutti i piani dei Mille giorni che vuole e metterli su Internet, ma se non ci mette la ciccia fa poca strada. Senza misure come quelle francesi si rischia veramente la figura di quelli che mangiano il gelato mentre controllano soddisfatti gli indici di popolarità su Internet.

jean claude junckerjean claude juncker

 

2. NON FA SOSTA L’EURO-SUPPOSTA

Sarà dura la trattativa con i tedeschi sull’allentamento dei vincoli di bilancio e a noi tocca ripararci dietro Mario Draghi, ancora una volta chiamato a garantire per l’Italia. “Merkel in pressing su Draghi. Telefonata all’Eurotower. ‘Non cambi la linea sul rigore’. Berlino smentisce, ma l’Eurotower conferma la conversazione” (Repubblica, p. 2). Il Giornale osserva che “La Merkel attacca Draghi ma il vero obiettivo è Roma. Il numero uno della Bce sospettato di essere troppo vicino alla linea di Renzi e Hollande” (p. 4).

francois hollandefrancois hollande

 

Intanto con la sospensione biennale del Six pack si va verso “una manovra di ‘soli’ 16 miliardi” che rende più facile la conferma del bonus degli 80 euro, ma il problema sono le riforme che dobbiamo fare, come spiega un bel pezzo di Federico Fubini su Repubblica: “Stavolta leggi, non promesse’. Eurolandia non si fida dell’Italia. Chiesti a Roma un taglio di spesa e di tasse sulle imprese, insieme a nuove regole sul lavoro.

 

Qualunque accordo sulla “flessibilità” prevede prima i fatti. L’erosione di credibilità oggi riguarda l’intero Paese, non il primo ministro di turno. Francia e Spagna si sono già messe in marcia con riforme profonde” (pp. 2-3). Che non sarà una passeggiata lo scrive anche la Stampa: “Roma avrà lo sconto sul debito in cambio di riforme pesanti” (p. 3).

GIULIANO POLETTI GIULIANO POLETTI

 

Il Corriere spiega come la Merkel sta piazzando con successo le proprie pedine a guardia del rigore supremo: “Ue, la vittoria dell’austerity Ppe. I paletti per Moscovici all’Economia. Berlino apre all’ex ministro socialista francese in cambio della guida dell’Eurogruppo allo spagnolo de Guindos. I ruoli chiave ai fedelissimi della Cancelliera, da Juncker a Tusk. La manovra per dare al falco Katainen la supervisione dei portafogli economici” (p. 4).

 

 

3. LAVORO IN CORSO

Giorgio Squinzi Giorgio Squinzi

Con calma e per favore, in settimana riprende la discussione al Senato sul cosiddetto Jobs Act. “Contratti e articolo 18, così la riforma del lavoro. Il Jobs Act è la chiave del governo per ottenere la flessibilità dall’Europa sul rispetto dei parametri. Da giovedì la legge delega sarà in commissione al Senato,ma manca ancora l’accordo nella maggioranza. Il presidente di Confindustria, Squinzi: ‘Noi siamo per il contratto unico’” (Repubblica, p. 4).

 

Per il Corriere, “Abrogazione o tutela crescente. Riparte il cantiere sull’articolo 18. La maggioranza (e i democratici) si presentano divisi. Nella maggioranza Ncd, Scelta Civica, Popolari e Svp sono schierati per l’abrogazione. Dall’altra parte il Pd, contrario” (p. 9).  Sul Messaggero, “Lavoro, partita aperta sui licenziamenti. Il governo punta all’approvazione definitiva entro fine anno. Maggioranza alla ricerca di un compromesso sull’articolo 18. I centristi: tutela da lasciare solo per i casi di discriminazione” (p. 5). Non è poca cosa che il partito del premier sia spaccato sull’articolo 18.

angelino alfano pennarello argento angelino alfano pennarello argento

 

 

4. E ADESSO VAI CON IL RIMPASTO

Con la nomina della Moscerini a Lady Pesc si apre ufficialmente la partita del rimpasto di governo. “Renzi ora studia il rimpasto per la sfida dei ‘1000 giorni’. Delrio in pole per il Viminale. Alfano lascerebbe l’Interno per gli Esteri liberati da Mogherini. Giannini rischia il posto. Il Quirinale preferirebbe la semplice sostituzione del ministro degli Esteri in partenza per Bruxelles” (Repubblica, p. 6). Diversa l’impostazione del Messaggero, che scrive: “Palazzo Chigi vuole evitare il rimpasto. Non c’è l’intenzione di toccare gli equilibri. Esteri, Pistelli in pole. L’ipotesi preferita è la promozione dell’attuale viceministro Pd. Resta il nodo delle quote rosa” (p. 3). Scommettiamo che alla fine si farà come dice Re Giorgio?

MERIAM LAPO PISTELLIMERIAM LAPO PISTELLI

 

 

5. TOTÒ RIINA A RUOTA LIBERA

Il giorno dopo la pubblicazione delle parole minacciose di Riina, don Ciotti risponde con calma: “Don Ciotti: ‘Se Riina ci minaccia significa che siamo incisivi’. Il leader di Libera: ‘Resteremo con chi sceglie l’onestà’. Il boss di Cosa nostra aveva detto: “Questo fa industria fa agricoltura, questo signore ci specula”” (Stampa, p. 17). Sul Cetriolo Quotidiano, “Don Ciotti su Riina: ‘Libera gli fa male’. ‘E’ la prova che gli diamo fastidio, che dobbiamo continuare. Io rispondo al Vangelo” (p. 2).

 

toto? riinatoto? riina

Nelle chiacchierate all’ora d’aria con il pugliese Alberto Lorusso, Riina comunque ne ha per tutti: “Il tesoro del superboss: ‘Sono ancora ricchissimo’. E su Wojtyla: era cattivo. I commenti su Giovanni Paolo II: era un carabiniere, voleva farci pentire. Poi parla delle sue proprietà segrete: le gestisce Messina Denaro. “Berlusconi aveva il 66%, doveva mandare alla fucilazione i magistrati” (Repubblica, p. 17). Berlusconi non ha mai avuto il 66, numero per altro satanico, ma è vero che con la magistratura avrebbe potuto fare di più. Per fortuna che ora ci pensa Renzie.

 

 

6. LA SALUTE È IMPORTANTE

DON CIOTTIDON CIOTTI

La salute è la prima cosa e a Locri il sindaco è costretto a rivolgersi al buon Dio per chiedere meno malattie per i dipendenti comunali. Giovanni Calabrese, eletto sindaco con il 72% dei voti, ha scritto una singolare lettera a Gesù in cui chiede il miracolo per i propri dipendenti, che sono stabilmente malati. I numeri? Su 125, quelli realmente disponibili e impegnati pare che non siano mai più di 25. Gli altri mandano certificati medici a raffica (Repubblica, p. 20). Personalmente, avremmo scritto anche all’ordine dei medici. 

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