1. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA VERSUS L’ASSOCIAZIONE DILENTATTISTICA PONTASSIEVE 2. IL “BAMBINELLO DI PALAZZO CHIGI” HA LASCIATO CIRCOLARE LA VOCE CHE NEL DECRETO SUGLI 80 EURO CI SAREBBE STATA UNA PRIMA SFORBICIATA SUI SUPER-CACCIABOMBARDIERI F-35, SUL COLLE PIÙ ALTO NON S’È MOSSA UNA FOGLIA. BASTAVA ASPETTARE IL TESTO DEL DECRETO PER LA FIRMA E PARLARNE A QUATTR’OCCHI CON IL MINISTRO "AMERIKANO" PADOAN 3. NAPOLITANO HA ASPETTATO CHE PERFINO BERLUSCONI URLASSE CHE IL RENZUSCONI È NUDO E HA DECISO DI DARE UNA MANO A RENZI SULLA RIFORMA DEL SENATO. DOPO AVER CONTEMPLATO I FALLIMENTI DELLA BOSCHI, INCAPACE DI AVERE RAGIONE DI CHITI, RE GIORGIO HA INVITATO AL QUIRINALE LA TOSTA FINOCCHIARO PER TROVARE UNA QUALCHE MEDIAZIONE 4. E’ VERO: LA COSTITUZIONE NON PREVEDE QUESTO GENERE DI INTERVENTI DAL CAPO DI STATO. MA NEPPURE POTEVA PREVEDERE CHE UN GIORNO A PALAZZO CHIGI SAREBBE ARRIVATO UN MANIPOLO DI AMMINISTRATORI LOCALI DELL’APPENNINO TOSCO-EMILIANO, CON UNA GIOVANE E CURVACEA AVVOCATA DI PROVINCIA INCARICATA DI RISCRIVERE INTERI PEZZI DELLA COSTITUZIONE E UN PERITO AGRARIO INVESTITO DELLA RIFORMA DEL LAVORO

DAGOANALISI

Va bene correre. Va bene rilanciare sempre, per non farsi risucchiare dalla palude. Va bene anche rischiare qualche fuga in avanti, pur di portare a casa qualche risultato. Il mestiere di Rottam'attore richiede tutto questo e Re Giorgio, per carità, conosce i suoi polli.

Del resto, è inutile agitarsi più di tanto con uno come Renzie. Si fa solo il suo gioco. E poi i poteri che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica sono lì, intangibili, enormi, piazzati a valle di tutto. Chi sta al Quirinale deve solo aspettare. Semmai è chi sta giù a Palazzo Chigi che se ne dovrebbe preoccupare prima, se vuole evitare figuracce.

Per tutte le leggi ci vuole la sua firma. Il capo delle forze armate, che oggi vuol dire anche dell'intero di sistema di difesa, è lui. Il supremo rappresentante, anche con gli altri Stati, dell'unità nazionale è lui. E al vertice delle magistrature c'è sempre lui, il presidente.

Chissà se dopo la giornata di ieri, Pittibimbo ha compreso appieno la portata e il significato della locuzione "capo dello Stato". Se la si analizza parola per parola, è di una durezza degna dell'epoca dei Cesari.

Dunque il capo dello Stato "vigila sulla commessa degli F-35", dice la vulgata di Palazzo. E ieri avrebbe nuovamente tirato le orecchie al governo che vuol risparmiare sui caccia della Lockheed, allo scopo di finanziare il famoso taglio dell'Irpef. In sostanza è così, ma qui il ruolo di Re Giorgio è ben più importante e difficilmente negoziabile.

Come capo delle forze armate, Bella Napoli è responsabile di tutto il sistema militare italiano e delle sue scelte strategiche. Tanto è vero che il mese scorso ha riunito sotto la sua presidenza il Consiglio supremo di Difesa e ha disposto un'analisi complessiva degli armamenti che servono all'Italia, anche alla luce del nostro ruolo nella Nato e non solo.

Il termine per l'elaborazione finale del "Libro bianco della Difesa" è fine anno e quindi è chiaro che fino ad allora non si tocca niente. Non solo, ma Re Giorgio è anche il garante degli accordi internazionali firmati dall'Italia e la partecipazione del nostro Paese al programma degli F35 non è - con tutto il rispetto - come l'impegno a mandare una squadra di atleti alle Universiadi.

E' per questi motivi che la scorsa settimana, quando Renzie ha lasciato circolare la voce che nel decreto sugli 80 euro ci sarebbe stata una prima sforbiciata sui super-cacciabombardieri, sul Colle più alto non s'è mossa una foglia. Bastava aspettare il testo del decreto per la firma e, semmai, parlarne a quattr'occhi con il ministro del Tesoro Padoan, che ieri è stato convocato al Quirinale.

Lo stesso è avvenuto, come è normale che sia, sui nuovi tagli ai Comuni, sulla dubbia costituzionalità del raddoppio "ex post" del prelievo sulle banche azioniste di Bankitalia, sul taglio agli stipendi dei ruoli apicali della magistratura e, in generale, su tutte quelle misure che vanno a intaccare diritti acquisiti e che quindi innescheranno contenziosi giudiziari dagli esiti quasi scontati.

Poi, ovviamente, il presidente della Repubblica ha firmato il decreto. Come aveva fatto due settimane fa anche con lo schema di riforma del Senato, nonostante una serie di forti perplessità, naturalmente smentite perché solo "orali". Ma non è sulle firme che bisogna concentrarsi, specie con un capo dello Stato come Bella Napoli.

Re Giorgio, ai tempi di Berlusconi, ha firmato qualunque cosa. Ha messo la sua augusta sigla sotto il Legittimo impedimento, il Lodo Alfano, l'indulto a maglie larghe esteso ai reati dei colletti bianchi, il decreto Mastella per la pronta distruzione dei dossier Telecom e le leggi liberticide sull'immigrazione.

Anni dopo, la Corte Costituzionale ha fatto letteralmente a pezzi gran parte di queste leggi, ma ovviamente nessuno ha osato farne una colpa al presidente. Al quale, anzi, è stato riconosciuto un ruolo di filtro non indifferente. Nel senso che senza la sua "moral suasion", certi leggi-vergogna sarebbero state ancora più vergognose e certe leggi-schifezza sarebbero uscite ancora più schifose.

Se andate a riprendervi le cronache dell'epoca, naturalmente si legge sempre che una certa norma-fantasma è stata ritirata all'ultimo momento dal governo, anche se qualsiasi censura preventiva del Colle viene seccamente smentita. Insomma, la moral suasion lì per lì non esiste mai. Emerge solo a babbo morto, magari quando c'è da spiegare il perché di scelte altrimenti incomprensibili.

E' il gioco delle parti. E si ripete anche ai tempi di Renzie. Anzi, si ripeterà sempre di più per almeno due motivi. Il primo è di natura contingente e riguarda lo scarso peso tecnico-giuridico della squadra che l'ex sindaco di Firenze s'è portato a Palazzo Chigi.

Non c'è un Gianni Letta, non ci sono ministri di fiducia del Quirinale, ci sono pochissimi capi di gabinetto che provengono dalle alte magistrature dello Stato. Il Colle ovviamente lascia fare e lascia chiacchierare. Poi, quando arrivano i provvedimenti con i testi già scritti, fa valere tutte le proprie competenze. Diciamo che in questo Renzi ha scelto di governare senza rete. Quindi ogni tanto qualche "schiaffone" va messo in conto.

Il secondo motivo è che Pittibimbo, ancorché eletto solo dal "popolo" delle primarie del Pd, non guida un esecutivo "del Presidente" come Rigor Montis e Lettanipote, ma un esecutivo politico. Quindi Re Giorgio ha fatto un passo indietro rispetto al recente passato, evita di dare consigli preventivi (specie se non richiesti) e "aspetta" Renzi alla prova dei fatti e con il suo ampio ventaglio di poteri. E se deve usare questo ventaglio come un randello, lo usa ancor più a cuor leggero. Perché prima non ha condiviso e concertato nulla.

Ma in questi giorni, Napolitano ha fatto e sta facendo di più. Ha aspettato che perfino Berlusconi urlasse che il Renzusconi è nudo e ha deciso di dare una mano a Renzie sulla riforma del Senato. Dopo aver contemplato i fallimenti della Boschi, incapace di avere ragione di Vannino Chiti, Re Giorgio ha invitato al Quirinale la Finocchiaro, e con la presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato ha iniziato a ragionare su una qualche mediazione.

Ha fatto un po' come il genitore che raddrizza il manubrio al bimbo che pedala tutto storto e rischia di andare contro un muro. E' vero: la Costituzione non prevede questo genere di interventi. Ma neppure poteva prevedere che un giorno a Palazzo Chigi sarebbe arrivato un manipolo di amministratori locali dell'Appennino tosco-emiliano, con una giovane avvocata di provincia incaricata di riscrivere interi pezzi della Costituzione e un perito agrario investito della riforma del lavoro.

 

 

RENZI E NAPOLITANO AL GIURAMENTO NAPOLITANO OBAMA BERLUSCONI NAPOLITANO CACCIABOMBARDIERI F-35boschi lotti MATTEO RENZI boschi-delrioMARIA ELENA BOSCHI FINOCCHIARO CONTESTATA A NAPOLI CORRIEREDELMEZZOGIORNO IT SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE Fedele Confalonieri e Anna Finocchiaro Vannino Chiti

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?