RISVEGLIO TURCO – DOPO LA STRAGE DI SURUC, ERDOGAN ROMPE GLI INDUGI E MANDA I CACCIA A BOMBARDARE L’ISIS – ANKARA DICE CHE GLI ATTACCHI DURERANNO 3-4 MESI – CONCESSO L’UTILIZZO DELLE BASI AEREE TURCHE ALLA COALIZIONE

- Per la coalizione guidata dagli americani è una svolta, perche i suoi aerei non devono più partire dalle portaerei e accorciano di molto le missioni. Il governo turco vuole anche una no-fly zone al confine siriano… -

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Davide Frattini per “Il Corriere della Sera”

 

Il Gran Mufti Mehmet Gormez e Erdogan Il Gran Mufti Mehmet Gormez e Erdogan

Milleseicento chilometri in meno da volare per i jet americani e britannici, pochi da percorrere per i caccia turchi. La coalizione che combatte lo Stato Islamico si avvicina a Raqqa pur restando al di qua del confine. Perché Recep Tayyip Erdogan ha capito che il Califfato punta a destabilizzare anche il Paese dove l’ultimo Califfo è stato al potere. Perché i 32 morti di Suruc l’hanno costretto a un cambio di strategia, la rabbia dei turchi dopo l’attentato andava ascoltata.

 

Così il governo per la prima volta sposta l’attenzione e i mirini delle truppe dalle milizie curde attive tra Turchia, Siria, Iraq e colpisce le basi dell’esercito irregolare dello Stato Islamico.

 

putin erdogan putin erdogan

Raqqa non è lontana dal confine quando quelle strade le percorrono gli estremisti, avanti e indietro con armi più che bagagli. Raqqa non è lontana quando a bombardare sono i caccia di Ankara che possono lanciare i missili senza dover entrare nello spazio aereo siriano. Raqqa non è più lontana per l’aviazione occidentale, adesso che la Turchia ha concesso i decolli da Incirlik invece che dalle portaerei nel Golfo.

 

Per Ahmet Davutoglu i bombardamenti di ieri (tre attacchi, nove miliziani morti) sono solo l’esordio di una campagna che non ha la data di scadenza. Giovedì gli uomini del Califfo avevano attaccato un posto di blocco vicino alla frontiera e ucciso un militare turco.

 

L’operazione andava ordinata, «è il primo passo» ha proclamato Erdogan.

il palazzo di erdogan ad ankara il palazzo di erdogan ad ankara

Il governo sembra averne approfittato per agire anche contro i movimenti dell’estrema sinistra, i 297 arresti (raid in 13 province) hanno bastonato tutti quelli che Ankara definisce terroristi, non solo i sostenitori dello Stato Islamico come il predicatore Ebu Hanzala considerato il leader spirituale dell’organizzazione in Turchia. È già stato fermato più volte in passato e rilasciato per mancanza di prove che potessero incriminarlo.

 

Barack Obama, il presidente americano, ha ottenuto l’uso delle basi per l’aviazione con una telefonata al momento giusto.

 

In cambio avrebbe concesso il via libera al piano che Erdogan richiede dall’inizio della guerra in Siria: creare una fascia di sicurezza al confine dove accogliere i rifugiati, di fatto imporre una no-fly zone , un’area protetta dove le truppe del regime di Bashar Assad e le milizie estremiste non possano intervenire o controllare il territorio. «Una linea lunga 90 chilometri e profonda 40-50», scrive il quotidiano turco Hurriyet . A Erdogan offrirebbe anche il vantaggio di ridimensionare le pretese curde di creare una regione sotto il loro dominio che attraversi Turchia, Siria, Iraq.

il cimitero di suruc, in turchia il cimitero di suruc, in turchia

 

Gli Stati Uniti sarebbero disposti a tollerare operazioni dell’esercito di Ankara contro i gruppi curdi in questa zona. Per fermare il passaggio dei combattenti della jihad verrebbe anche costruita una barriera sulla frontiera.

 

La pressione dello Stato Islamico sulle nazioni confinati con il caos spinge a rafforzare o ricreare le alleanze. Gli israeliani hanno dato sedici dei loro elicotteri Cobra ormai ritirati dalle operazioni — rivela l’agenzia Reuters — ai giordani. Il regno hashemita deve rispondere non solo all’afflusso dei rifugiati ma anche alle minacce del movimento radicale. Per Israele re Abdullah diventa una difesa di prima linea contro gli estremisti.

 

campo profughi siriani e palestinesi a yarmuk campo profughi siriani e palestinesi a yarmuk

Il regime di Assad sembra ancora una volta pericolante e non rinuncia a sviluppare qualunque tattica per la sopravvivenza. I chimici non hanno smesso di produrre armi non convenzionali, come il dittatore aveva promesso a Obama quando aveva accettato di consegnare l’arsenale accumulato nelle basi.

 

In realtà — racconta il quotidiano Wall Street Journal — gli ispettori internazionali non sono riusciti a individuare tutti i depositi e a fermare le fabbriche che producono i gas letali compreso il sarin. Le truppe di Assad — accusa la Cia — hanno anche aumentato l’uso di bombe alla clorina contro i ribelli e le hanno usate in villaggi dove sono stati colpiti i civili.

tre prigionieri siriani tre prigionieri siriani

 

 

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