SALVARE IL COLLE DI RE GIORGIO - IL PRIMO A PROSPETTARE UN NAPOLITANO-BIS FU SCALFARI QUEST’ESTATE - L’APPELLO PER “PRESERVARE L'ELEZIONE DEL PROSSIMO CAPO DELLO STATO DA TRATTATIVE OBLIQUE E IMPROPRIE” NELLE MANI DELLA SINISTRA CARA A BELLA NAPOLI: IL PD MIGLIORISTA CARO AL “VENTRILOQUO” MACALUSO - I MONTIANI DEL PD CON RENZI - LA LEGGE ELETTORALE NON CAMBIERA’ - IL “TRAPPOLONE” PER BERSANI….

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Tommaso Labate per "Pubblico"

NAPOLITANO e EMANUELE MACALUSONAPOLITANO e EMANUELE MACALUSO

L'operazione va avanti da settimane. Forse da mesi. Anche a dispetto delle sincere intenzioni manifestate in pubblico e in privato da Giorgio Napolitano, che più volte ha ribadito che l'orizzonte della sua permanenza al Colle non può essere fissato più in là della prossima primavera, quando scadrà il settennato.

Ma per raccontare la tela del «Napolitano bis», svelata ieri da «Pubblico», bisogna partire dalla fine. Da quello che, per adesso, è l'ultimo capitolo. E dalle due riviste vicine al centrosinistra - «Mondoperaio» e «Reset» - che stanno raccogliendo le firme per l'appello pubblico che sarà lanciato con l'obiettivo di «preservare l'elezione del prossimo capo dello Stato da trattative oblique e improprie».

NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpegNICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpeg

«Per adesso non vi dico più nemmeno mezza parola», è la risposta stizzita con cui Gigi Covatta, direttore di «Mondoperaio», replica ieri pomeriggio a «Pubblico». Più colloquiale la reazione di Giancarlo Bosetti, direttore di «Reset»: «Dai, non costringetemi a mandare una smentita. Guardate che non c'è ancora nessun appello definitivo. Non c'è nulla di nulla. Diciamo che stiamo lavorando».

Eppure, al di là della tattica scontata di chi voleva tenere coperte le carte migliori, l'appello esiste. Ovviamente, prima di qualsiasi pubblicazione, non esiste «versione definitiva» che non possa essere ricondotta al rango di «bozza». Ma un accordo sul testo, la cui stesura originale prevedeva in maniera esplicita l'ipotesi del Napolitano bis, c'era. E c'è ancora. E in questo testo, oltre alla richiesta bipartisan di togliere l'elezione del nuovo Capo dello Stato dal risiko post elettorale, compariva e compare anche una riflessione su un «processo di aggiornamento della Costituzione» definito a chiare lettere «non più rinviabile».

Bruno Pellegrino e LUIGI COVATTABruno Pellegrino e LUIGI COVATTA

Con l'obiettivo dichiarato di rispondere all'emergenza provando a trasformare la prossima in una «legislatura costituente». In questo quadro, e torniamo ancora al testo, il nome di Napolitano compare più volte. E il capo dello Stato viene descritto nello stesso identico modo in cui ne parlano oggettivamente anche le cancellerie di mezzo mondo e la stampa internazionale. E cioè un uomo che, soprattutto dopo l'operazione che ha portato Mario Monti a Palazzo Chigi evitando al Paese il baratro, che «si è contraddistinto per la sua personalità, per la sua prudenza e per il suo coraggio».

GIANCARLO BOSETTI SPAPARAZZAGIANCARLO BOSETTI SPAPARAZZA

Nella storica cerchia del presidente della Repubblica ci sono quelli di sempre. Quelli di una vita. C'è la mente, Emanuele Macaluso, il cui contributo politico e intellettuale ha aiutato il centrosinistra a trovare la sua declinazione «riformista». C'è il braccio, Gianni Cervetti. E poi ci sono gli allievi, da Enrico Morando a Giorgio Tonini, oggi senatori del Pd. Un gruppo che spesso s'è diviso, com'è stato per la nascita del Partito democratico, a cui hanno aderito i secondi e non i primi. Ma un gruppo che, comunque, non ha mai perso il comune filo conduttore.

Dal dibattito sul «Napolitano bis», naturalmente, i primi si tengono alla larga. Parla, però, Tonini. «Non esiste alcuna operazione per il Napolitano bis», dice il senatore del Pd. «Anche perché il presidente ha detto chiaramente che il caso è chiuso in partenza. E che la sua permanenza al Colle finirà nel giorno della prossima primavera in cui scadrà il settennato». C'è però, come riconosce lo stesso Tonini, «un problema che riguarda il futuro della presidenza della Repubblica. Ma non ha nulla a che vedere con l'attuale inquilino».

Il problema, soprattutto in un momento di emergenza, esiste. Ed è rappresenta il «lato B» di un altro disco: quello suonato da tutti coloro che insistono, anche in casa Pd, perché il partito di Pier Luigi Bersani - anche in campagna elettorale - si faccia carico di portare «l'agenda Monti» in dote alla prossima legislatura.

ENRICO MORANDOENRICO MORANDO

È nel luglio scorso, quando il tema di come non far decadere le riforme dei Professori arriva a essere impresso in una lettera al Pd pubblicata dal «Corriere della Sera» (la firmarono anche Tonini, Morando e il giuslavorista Pietro Ichino), che anche il dossier di come preservare il Quirinale inizia ad essere affrontato. Lo schema migliore, in fondo, è quello di iniziare a uscire dai blocchi con un appello. E due riviste come «Mondoperaio» e «Reset», a settembre, si fanno carico di avviare l'operazione. Con la formula di quell'appello anticipato ieri da «Pubblico».

Non è tutto. Nel gruppo degli iper-montiani del Pd, che in questi giorni riflette su come schierarsi alla primarie (nessuno andrà con Bersani, qualcuno finirà con Renzi, Pietro Ichino sarebbe disponibile a fare un passo in avanti qualora il gruppo glielo chiedesse), c'è anche chi ha parlato di «come preservare l'elezione del nuovo inquilino del Colle» dai giochini della politica con Mario Monti in persona. È successo qualche settimana fa. E il presidente del Consiglio non si sarebbe mostrato insensibile al dossier. Che è delicato. Molto delicato.

Giorgio ToniniGiorgio Tonini

Anche, forse soprattutto, perché il dibattito sulla riforma elettorale sembra essersi definitivamente arrenato. Il politologo Giovanni Sartori lo dice con parole semplici e nette: «Anche Silvio Berlusconi sembra orientato a tenersi questo scempio di legge elettorale. Ma non è soltanto lui, sia chiaro. Pure a sinistra qualcuno potrebbe accarezzare l'idea. E in questo contesto è chiaro che pure l'elezione del nuovo capo dello Stato finirebbe in mezzo al teatrino».

Per questo c'è chi pensa che sia necessario muoversi prima. C'è chi ha pensato a come «salvare il Colle». Chi ha studiato la formula dell'appello per inserire il tema nel dibattito politico. E chi, partendo dal«l'agenda Monti», prenderà di petto il dossier. Succederà il 3 e 4 novembre prossimi, quando l'associazione LibertàEguale si riunirà come ogni anno a Orvieto. Ci saranno gli animatori del think tank riformista. Il migliorista social club. Da Morando a Tonini, passando per Ichino. Magari si faranno vedere anche i padri nobili. Magari. E, appello o non appello, quei due giorni già s'annunciano come «Monti e Napolitano days». D'altronde, il caso è già entrato nell'agenda della politica.

Come dimostrano le parole di ieri di Italo Bocchino a «Tgcom24», pubblicate in anteprima dal profilo Twitter del canale di Mediaset: «Napolitano bis? Decida il Parlamento». Ma soprattutto come dimostrarono, quest'estate, alcuni editoriali premonitori di Eugenio Scalfari su «Repubblica». Il primo a prospettare il piano del «bis». Pur senza rivelarne la paternità.

 

 

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