SALVATE IL SOLDATO POLLARI – MA CHI HA SEQUESTRATO VERAMENTE ABU OMAR? CHI HA AIUTATO GLI AMERICANI NEI PEDINAMENTI? – IN UN LIBRO E SU UN SITO IL SOSPETTO CHE SIANO STATI UOMINI DI CALIPARI DELLA DIVISIONE “OPERAZIONI”, ADDIRITTURA PRIMA CHE POLLARI GUIDASSE IL SISMI

Un’indagine interna del servizio segreto avrebbe scoperto che nel rapimento dell’imam erano coinvolti altri agenti rispetto a quelli che poi sono finiti sotto processo e sono stati salvati dal segreto di Stato. Il Comitato parlamentare di controllo dei servizi dovrebbe fare chiarezza…

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Gian Marco Chiocci per “Il Tempo

 

Come la mettiamo se qualcuno, involontariamente, avesse violato il segreto di Stato sul sequestro di Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar? E come ci si dovrebbe comportare se le informazioni divulgate, non più coperte dal sigillo istituzionale, rivelassero tutta un’altra storia rispetto alla versione ufficiale sin qui raccontata, sui giornali e in tribunale, in merito al rapimento dell’ex imam egiziano di Milano avvenuto a febbraio del 2003?

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In un Paese normale il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copasir) dovrebbe chiedere immediatamete lumi al direttore del Dis (il capo di tutti i Servizi) per capire se esista un’«indagine interna» all’intelligence che avrebbe disvelato come altri agenti di un’altra divisione del Sismi – dunque non quelli finiti a processo – avrebbero pedinato Abu Omar d’accordo con gli americani. Dopodiché dovrebbe convocare questi «altri» agenti e chiedere loro conferma se l’operazione di esfiltrazione dell’imam partì prima dell’arrivo al Sismi di Nicolò Pollari, processato, condannato e poi «salvato» dalla Corte Costituzionale dopo la sconfessione della Cassazione sul segreto di Stato.

 

GLI AGENTI SBAGLIATI

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Quest’indagine interna (non sappiamo se coperta dal segreto di Stato) formalmente non esiste. La realtà sarebbe invece diversa: confermerebbe il ruolo del Sismi nel sequestro sotto la supervisione della Cia ma evidenzierebbe come sbagliati non «solo» sarebbero stati i tempi dell’operazione ma i protagonisti dei pedinamenti, le Divisioni operative attivate, il governo inizialmente coinvolto.

 

Gli indizi più recenti che portano all’esistenza di un’altra e più segreta verità sul sequestro di Abu Omar spuntano dalle pagine di un sito internet specializzato e soprattutto in un libro al di sopra di ogni sospetto, «Il mese più lungo» scritto da Gabriele Polo, ex direttore del Manifesto e collega della giornalista Giuliana Sgrena liberata in Iraq dallo 007 Nicola Calipari poi venne ucciso a un posto di blocco americano.

POLLARI E DE GREGORIO resize POLLARI E DE GREGORIO resize

 

Nell’interessante pamphlet (con prefazione di Rosaria Villecco, vedova Calipari, ex funzionaria dei servizi segreti ed oggi prezioso componente Copasir) si legge una rivelazione inedita e clamorosa al contempo. E cioè che Calipari si sentiva spiato, controllato in ufficio, costretto a mettere tutti i documenti in cassaforte, monitorato forse da «qualcuno dei suoi» già in forze – aggiungiamo noi - a un ufficio ombra di «pedinatori» con sede in via Veneto che Calipari aveva frequentato pochissimo come «vice capo».

 

Nicola Pollari Nicola Pollari

A comandare quell’ufficio era un ex alto ufficiale dei carabinieri, ora scomparso, che riferiva direttamente ai vertici e che per un certo periodo lavorò anche alle dipendenze di Calipari. Bene. Cosa scrive l’ex direttore del Manifesto a proposito dei timori di Nicola Calipari riguardo a uomini della sua struttura ai quali piaceva giocare ai cow boy? Vediamo. Pagina 41: «Tutti affidabili, oppure nel caso di Abu Omar la partecipazione di alcuni dei suoi non si è limitata a pedinamenti e rapporti?».

 

Se quel che riporta Polo corrispondesse al vero, agenti poi finiti alle dipendenze di Calipari (e mai entrati nel processo perché nessuno, di quella Divisione Operazioni, finì sotto inchiesta) avrebbero ricoperto un ruolo di primo piano nel rapimento di Abu Omar. Chi sono? E che cos’altro avrebbero fatto oltre a «rapporti e pedinamenti»? Il libro non lo spiega.

 

La domanda non è di poco conto tanto che Nicolò Pollari, intervistato dal Giornale il 3 marzo scorso, sembra sollecitare l’intervento della magistratura. Nel chiedere lumi all’ex capo del Sismi, la giornalista Annalisa Chirico attribuisce la clamorosa rivelazione contenuta nel libro, direttamente alla moglie di Calipari. Risponde Pollari: «Ribadisco che io, e il Sismi da me diretto, e quindi tutti gli imputati, siamo estranei alla vicenda. Se la notizia è vera, siamo in presenza di una notizia di reato da riferire all’autorità giudiziaria».

Nicola Pollari Nicola Pollari

 

LA RABBIA DI POLLARI

Nessuno dice niente, nessuno interviene per tre giorni. Il 6 marzo 2014, nella trasmissione radio Mix 24 di Gianni Minoli, Pollari torna alla carica. Ribadisce che il Sismi «da lui diretto» è completamente estraneo al sequestro di Abu Omar e ripete il concetto già affermato in una intervista a Toni Capuozzo dopo la sentenza della Consulta («io sono innocente mentre probabilmente altri non possono dire la stessa cosa») aggiungendo di aver addirittura impedito che fatti di questo genere accadessero.

 

Dopodiché, Pollari torna sulla sua intervista al Giornale di tre giorni prima: «Se altri, in momenti diversi, hanno tenuto contegni non conformi al mio modo di vedere e di interpretare la direzione del Servizio, questo è un altro problema. Però come ho detto, se per caso fosse vero - lo dice Polo, che glielo avrebbe riferito la signora Calipari - allora questo fatto è un reato, qui c’è l’indicazione di un reato, e i reati vanno perseguiti. Presumo che la citazione sia inesatta, ma se fosse esatta andrebbe approfondita».

 

LA SMENTITA E LA VEDOVA

Nel pomeriggio Gabriele Polo, alle agenzie di stampa, corre a smentire le parole dell’ex direttore dell’intelligence militare: «Non ho attribuito nulla del genere a Rosa Calipari semplicemente perché non me l’ha mai detto. La Calipari ha semplicemente scritto la prefazione al libro, senza fare riferimento al sequestro Abu Omar».

 

IL MESE PIU LUNGO LIBRO GABRIELE POLO SU SGRENA CALIPARI IL MESE PIU LUNGO LIBRO GABRIELE POLO SU SGRENA CALIPARI

Come esca fuori questa bomba, dunque, non si capisce. L’ex direttore del Manifesto si dimostra assai bene informato se è vero che le sue notizie collimano con altre precise indiscrezioni rivelate dal sito www.globalist.it dei fratelli Cipriani, giornalisti anche loro (sin dai tempi de l’Unità) sempre estremamente informati in materia di terrorismo e servizi segreti.

 

Il sito Globalist approfondisce l’accenno all’indagine interna al Sismi che il Giornale fece nell’aprile del 2013. Quasi un anno dopo, a febbraio 2014, tratteggia una storia completamente diversa da quella consegnata al processo dai pm milanesi Spataro e Pomarici.

 

Informazioni anche queste, tutte da verificare, e riconducibili, forse, all’inviolabile segreto di Stato: «Le attività di accertamento degli 007 nei confronti di Abu Omar erano cominciate negli anni in cui il Sismi era diretto dall'ammiraglio Battelli – scrive Globalist - ed erano affidate allo scomparso generale dei carabinieri Moretti, all'epoca capo della Divisione Operazioni che rispondeva direttamente al vertice». Accertamenti e pedinamenti – rivela sempre il sito - svolti perfino da una funzionaria del Sismi che venne scelta per il suo stato fisico (era incinta) così da non destare sospetti in Abu Omar. La donna sarebbe stata ascoltata nell’indagine interna.

 

L’AGENTE DONNA INCINTA

Rosa Calipari Rosa Calipari

Insiste Globalist: «Dall'inchiesta sarebbero emersi anche altri particolari, compresi alcuni carteggi con gli americani, sempre precedenti alla direzione di Pollari. Nel libro (di Polo,ndr) i sospetti di Calipari sembrano riferirsi ad alcuni dei suoi che facevano parte della divisione Ricerca di cui era diventato il direttore. Ma Calipari, quando arrivò al servizio segreto, come primo incarico ebbe quello di vice alla Divisione Operazioni diretta da Moretti. Chissà se anche durante quel periodo aveva avuto l'impressione di qualcuno che amava giocare a fare il cow boy».

 

DIVISIONE OPERAZIONI

Per Globalist l’«indagine interna» sarebbe stata affidata al vicedirettore Paolo Scarpis (ex questore di Milano ai tempi di Abu Omar e delle polemiche sui pedinamenti all’imam interrotti improvvisamente dalla Digos una settimana prima del sequestro) coadiuvato da un alto funzionario in rapporti sia con uno degli agenti interrogati, sia con il defunto ufficiale Moretti.

 

Complicato districarsi in queste informazioni anche perché il predecessore di Pollari, ovvero l’ammiraglio Gianfranco Battelli (nominato col governo Prodi) pur non essendo stato chiamato a testimoniare in tribunale, ai pm, il 18 luglio 2006, escluse che «fossero intervenuti con la Cia accordi per attività illegali concernenti sequestri di persona come quello di Abu Omar. Ma è vero anche che ebbi modo di parlarne con Jeff Castelli» responsabile Cia in Italia. Battelli si spiega meglio.

MARCO MANCINI MARCO MANCINI

 

Ammette che Castelli, tra l’11 settembre e la designazione di Pollari, andò da lui per chiedergli cosa ne pensasse delle cosiddette «rendition», facendo riferimento alla possibilità di prelevare un sospetto terrorista, «senza mai nominare Abu Omar». Sull’aiuto logistico che il Sismi avrebbe dovuto dare agli americani in questo tipo d’azioni, Battelli chiosa: «Il discorso fu solo di tipo generico». Prima di chiudere il verbale Battelli dice al magistrato che di quest’incontro col capo della Cia in Italia ne parlò a voce a Pollari all’atto del cambio di consegne.

 

Alla luce di ciò occorre andare a riprendersi, e rileggere, atti processuali che rispetto a quanto trapela oggi assumono una rilevanza diversa. Il primo documento riporta la versione fornita da Stefano D’Ambrosio, ex capocentro Sismi a Milano, che in fase di indagini preliminari e poi l’8 ottobre 2008 in dibattimento, ha confessato quanto gli disse Bob Lady, riferimento della Cia in Italia, a proposito della struttura del Sismi che si stava interessando all’operazione/sequestro: “Mi parlò della Divisione Operazioni (mai entrata nell’inchiesta, ndr). Il mio personale e la Prima Divisione (processati, ndr) non erano coinvolti in questa attività preliminare”.

 

NASTRO REGISTRATO

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Un’altra prova da rileggere con occhi diversi è la registrazione che lo 007 Mancini (Prima Divisione) a scandalo scoppiato fa di nascosto al collega Pignero dopo averlo convocato urgentemente, con un escamotage, in via Tomacelli a Roma. Nel nastro poi consegnato ai pm (che gli varrà la scarcerazione) Mancini incide la sua rabbia per esser stato tirato dentro il casino del sequestro di Abu Omar quando lui era stato non solo contrario ma si era opposto.

 

Mancini ripeterà lo stesso concetto nell’interrogatorio di garanzia («noi abbiamo detto no al sequestro») limitandosi ad ammettere di aver aderito a una iniziale richiesta di collaborazione informativa da parte degli americani su un personaggio (l’ex imam) considerato pericolosissimo dopo l’11 settembre.

 

Un conto sono le informazioni, un altro il pedinamento per il sequestro, sbotta: «Bob Lady (agente Cia coinvolto nel sequestro, ndr) dice a D’Ambrosio (allora capocentro Sismi a Milano, ndr) che centra la Divisione Operazione, che non era la mia». E ancora. «Io entro nella Divisione ad agosto 2003, quindi tutto ciò che è successo prima con la Cia non lo so (…) non so se c’è stata una richiesta fatta alla Divisione Operazioni».

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Un ulteriore indizio del fatto che non tutto sembrerebbe essere come ci è stato raccontato al processo, spunta dalla «lista testi» presentata in tribunale dalle difese degli 007 alla sbarra laddove si chiedeva ai giudici di convocare in aula alcuni testimoni-chiave. In particolare il prefetto Paolo Scarpis, ex numero due del Sismi, per riferire «le notizie e i dettagliati riscontri acquisiti in ordine all’individuazione dei soggetti che hanno posto in essere le condotte ascritte» agli imputati. Nella medesima richiesta si sollecitava, fra gli altri, l’audizione dell’ammiraglio Gianfranco Battelli, quello di cui sopra. predecessore di Pollari. La richiesta non venne però accolta dalla Corte d’Appello.

 

Nicolò Pollari in divisa Nicolò Pollari in divisa

Noi non sappiamo se questa «indagine interna» esista. Ma tra vecchi indizi e nuove rivelazioni occorre fare luce su tutto. L’ex direttore del Manifesto e uno dei fratelli Cipriani figurano tra gli autori del bel libro «Nicola Calipari, un eroe gentile» presentato il 14 aprile alla scuola di formazione dei servizi segreti a Roma. In questo omaggio allo 007 ucciso c’è un intervento del sottosegretario Minniti che a un certo punto virgoletta una frase di Calipari, da scolpire sul marmo della memoria: «Io credo fermamente che ce la faremo ad avere un Servizio segreto di cui il Paese possa avere fiducia e rispetto.

 

nicolo pollari nicolo pollari

Se continuiamo a lavorare cosi, presto – sono pronto a scommettere – l’Italia potrà guardare alla sua intelligence non dico con orgoglio, perché certi pregiudizi sono difficili da rimuovere, ma almeno con fiducia». Ecco, proprio per eliminare pregiudizi, ombre e sospetti sui Servizi italiani va fatta chiarezza. Lo dobbiamo alla sete di verità e trasparenza evocata dall’eroe Calipari morto ammazzato per garantire democrazia e sicurezza a tutti noi.

 

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