SCIACALLO DE MITA – “COSSIGA PRESIDENTE? QUANDO PENSAI A LUI NON ERA DIVENTATO ANCORA MATTO” - MA MASTELLA LO HA SBUGIARDATO: “FALSAMMO IL NUMERO DEI VOTI INTERNI PER IMPRESSIONARE IL PCI”

 

1. DE MITA: “CARO RENZI, NON SI FA COSÌ UN PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA”

Fabrizio d’Esposito per “il Fatto Quotidiano

   

Matteo Renzi e Ciriaco De MitaMatteo Renzi e Ciriaco De Mita

Come si fa un presidente della Repubblica. Dei democristiani della Prima Repubblica si può scrivere e pensare tutto il male possibile. Tranne una cosa. E cioè che non fossero dei veri professionisti della Politica, con la maiuscola. Avevano il fisico per ogni battaglia. Oggi i pivellini dell’era renziana, spaventati dall’imbambolamento bersaniano di due anni fa, temono il quarto e il quinto scrutinio per il Quirinale nemmeno fossero le nuove Colonne d’Ercole.

 

A 86 anni da compiere lunedì prossimo, il 2 febbraio, Ciriaco De Mita ha ancora il fisico di un tempo. E anche da sindaco di Nusco, in provincia di Avellino, dopo essere stato presidente del Consiglio e segretario della Dc, non resiste alla tentazione di capire come finirà con il successore di Giorgio Napolitano. Ieri, De Mita, era infatti in Transatlantico a Montecitorio. Una vasca dopo l’altra, a braccetto coi cronisti. Un gigante. Alcune frasi, rivolte al passato, sono in realtà allusioni critiche all’età contemporanea.

Vincenzo Visco e Ciriaco De Mita Vincenzo Visco e Ciriaco De Mita

   

Presidente, lei nel 1964 è stato un franco tiratore. Giovanni Leone era il candidato della Dc. Alla fine venne eletto il socialdemocratico Saragat.

   Il mio dissenso fu pubblico. Fui franco ma non tiratore nel segreto dell’urna. Non accettavo l’idea di un presidente eletto coi voti dei fascisti.

   

Leone chiese pure la sua testa.

   Fui sospeso dal partito per sei mesi. In realtà rimasi fuori appena due giorni. (Nel frattempo la conversazione con De Mita, iniziata con altri due giornalisti, è diventata un capannello).

   

Lei inventò il metodo Cossiga, nel 1985. Un capo dello Stato al primo scrutinio. Mai successo.

EMILIO COLOMBO CIRIACO DE MITA EMILIO COLOMBO CIRIACO DE MITA

   Ho inventato anche il concetto di arco costituzionale. Vede, se si fa una vera discussione non c’è bisogno di fare le primarie, in ogni senso. Un leader guida, non si fa guidare. Il suo compito è capire e indirizzare.

   

E lei indirizzò.

   Se si cerca davvero l’intesa con tutti, non si impongono nomi. Così si cerca la spaccatura. Figuriamoci poi se si aggiunge che si punta alla quarta votazione.

   

Con Cossiga andò tutto bene.

CIRIACO DE MITA E CLEMENTE MASTELLA CIRIACO DE MITA E CLEMENTE MASTELLA

   Ebbi un mandato dal partito e iniziai a parlare con gli altri leader.

   

Il primo fu il compagno Natta.

   No, Giovanni Spadolini (leader del Pri, ndr). Il nome di Cossiga venne fuori nelle nostre conversazioni. E vi assicuro che quando pensai a lui non era diventato ancora matto (De Mita sorride, ndr). Poi parlai con Natta.

   

Il Pci disse subito sì?

   Sul metodo sì. C’era la sovrapposizione con il referendum sulla scala mobile e mi aspettavo una posizione dura. Ma sul capo dello Stato non fu così. Natta però mi disse che Cossiga non era il loro nome preferito.

   

Chi avrebbero voluto?

   Elia o Lazzati. (Leopoldo Elia fu giurista, già presidente della Consulta e ministro, cattolico dossettiano. È morto nel 2008. Giuseppe Lazzati è stato rettore della Cattolica di Milano ed è morto nel 1988. È stato dichiarato venerabile da papa Francesco, nel 2013).

Ciriaco De Mita nel suo appartamento alla fine degli ani 80Ciriaco De Mita nel suo appartamento alla fine degli ani 80

   

Il terzo, infine, fu Craxi.

   Con Craxi discutevo, non litigavo. Poi un giorno bisognerà ricostruire con precisione la natura dei nostri rapporti. Cossiga non era nella loro lista, il problema era farglielo includere.

  

 Non a caso, nonostante l’ampio consenso, ci furono 50 franchi tiratori del Psi.

   Che c’entra? Un po’ di sfrido c’è sempre, è inevitabile.

   

In corsa per il Quirinale oggi c’è un ex demitiano, Sergio Mattarella.

   Sergio è una persona perbene.

   

Sarà lui il candidato del Nazareno?

Craxi e Ciriaco De MitaCraxi e Ciriaco De Mita

   È una persona perbene, ripeto. Uno che si dimise davvero. (Quest’ultimo riferimento non è casuale. Mattarella e altri quattro ministri della sinistra dc si dimisero dal governo Andreotti nell’estate del 1990 a causa della legge Mammì sulle tv. Era uno dei primi e grandi provvedimenti a favore dell’imprenditore Silvio Berlusconi e fu imposto con un ultimatum dal Psi di Bettino Craxi. La corrente guidata da De Mita decise di uscire dall’esecutivo).

 

Ciriaco De Mita, democristiano a vita, va via e si congeda con una frase che vale un miliardo di tweet renziani: “Gli eventi accadono indipendentemente da coloro che pensano. Per questo i cattolici prima degli eventi pregano”. Poi passa Antonio Martino, antico liberale berlusconiano, e i due si salutano con sorrisi larghissimi. Martino: “Grande maestro come stai?”. De Mita: “A mia moglie ho detto che saresti stato un grande capo dello Stato”.

 

 

2. QUIRINALE, IL FALSO MITO DEL METODO DE MITA

Francesco Damato per www.formiche.net del 19 dicembre 2014

demita ciriaco01demita ciriaco01

 

Incoraggiati, a torto o a ragione, dal recente e lungo incontro di Matteo Renzi con Romano Prodi, quanti nel Pd perseguono da tempo l’elezione dello stesso Prodi al Quirinale si sono rimessi a evocare il cosiddetto “metodo De Mita”. Che consentì nel 1985 all’allora segretario della Dc, Ciriaco De Mita appunto, di mandare sul colle Francesco Cossiga, addirittura alla prima votazione.

 

FRANCESCO COSSIGA E SILVIO BERLUSCONI FRANCESCO COSSIGA E SILVIO BERLUSCONI

Questa volta tuttavia, consapevoli della irraggiungibilità della maggioranza dei due terzi costituzionalmente richiesta nelle prime tre votazioni, gli amici e sostenitori di Prodi si accontenterebbero, bontà loro, di riuscire al quarto o quinto scrutinio, con la maggioranza assoluta dei voti, cioè il 50 per cento più uno dei parlamentari e delegati regionali chiamati a votare.

 

Depurato dell’effetto blitz, conseguito al primo colpo con Cossiga nel 1985 ma anche con Carlo Azeglio Ciampi nel 1999, quando a tessere la tela fu il segretario dell’ex Pci Walter Veltroni, il “metodo De Mita” varrebbe come modello solo per garantire con i voti del maggiore partito di opposizione l’elezione di un presidente della Repubblica proveniente o proposto dal maggiore partito di governo. Allora De Mita si assicurò i voti dei comunisti. Ora Renzi dovrebbe procurare a Prodi i voti dei grillini, piuttosto che quelli dei parlamentari berlusconiani, notoriamente meno desiderati a sinistra ma altrettanto notoriamente indisponibili per il professore emiliano.

francesco cossiga francesco cossiga

 

Proprio dopo l’incontro con Prodi, curiosamente Renzi ha voluto esprimere il “bisogno” dei voti dei grillini parlando nell’aula di Montecitorio, pur nel contesto di un tema diverso dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica, e di un ennesimo scontro con i pentastellati in agitazione contro di lui.

 

CossigaCossiga

Di comune, nel caso di Prodi – ma anche di un altro candidato più gradito o comodo al segretario del Pd, magari tirato fuori all’ultimo momento – i metodi De Mita e Renzi avrebbero un voluto ricorso all’opposizione numericamente più consistente ma politicamente più in affanno. Tra defezioni, espulsioni e cali di voti, i grillini sono oggi in condizioni di sbandamento e isolamento persino superiori a quelle in cui si trovavano nel 1985 i comunisti, reduci da una cocente sconfitta nello scontro referendario con il governo di Bettino Craxi sui tagli antinflazionistici apportati l’anno prima alla scala mobile dei salari.

Clemente Mastella Clemente Mastella

 

Piuttosto che su Arnaldo Forlani, allora presidente della Dc oltre che vice presidente del Consiglio, per la cui elezione al Quirinale Craxi aveva già cominciato a prodigarsi corteggiando anche i voti dei missini, De Mita preferì puntare su Cossiga. Che peraltro il segretario della Dc, costretto dopo le elezioni politiche del 1983 a ingoiare il rospo del leader socialista a Palazzo Chigi, aveva cautelativamente parcheggiato alla presidenza del Senato: postazione considerata privilegiata per un successivo salto al colle più alto di Roma.

GIOVANNI SPADOLINI 
GIOVANNI SPADOLINI

 

Pur di evitare un’altra vittoria di Craxi, con Forlani al Quirinale, e di uscire dall’isolamento in cui si erano cacciati con il referendum sui tagli alla scala mobile – un referendum tanto poco sentito e condiviso da De Mita che nella sua Nusco i no ai tagli erano prevalsi sui sì – i comunisti guidati da Alessandro Natta condivisero festosamente la candidatura di Cossiga. Eppure non più tardi di cinque anni prima, essi avevano condotto contro di lui, allora presidente del Consiglio, una pesante offensiva parlamentare, volendolo mandare a processo davanti alla Corte Costituzionale con l’accusa di avere favorito la latitanza del terrorista rosso Marco Donat-Cattin, figlio di Carlo, allora vice segretario della Dc.

Marco Donat Cattin x Marco Donat Cattin x

 

Tutto quindi fu cinicamente rimosso, per quanto in quel drammatico passaggio parlamentare contro Cossiga l’allora segretario del Pci Enrico Berlinguer avesse reagito, a chi gli ricordava di essergli cugino, dicendo che dalle loro parti, in Sardegna, con i parenti c’era solo la consuetudine di “mangiare insieme l’agnello alle feste”.

 

Cossiga abbraccia CraxiCossiga abbraccia Craxi

Una consuetudine tuttavia che i Berlinguer non avevano avvertito con un Cossiga ancora ragazzo, come lo stesso Cossiga confidò a Craxi sei anni dopo la propria elezione al Quirinale, quando i suoi rapporti con i comunisti tornarono ad essere cattivi per via delle preveggenti “picconate” ch’egli dal Quirinale aveva cominciato a sferrare contro i vecchi modi di fare politica e le resistenze alle necessarie riforme istituzionali.

 

Arnaldo Forlani Arnaldo Forlani

Già debole di suo, quanto ad attualità, per i tanti cambiamenti intervenuti dopo quel lontano 1985, il “metodo De Mita” per la scalata al Quirinale ha infine subìto di recente una clamorosa dissacrazione da Clemente Mastella. Il quale ha raccontato che, come stretto collaboratore dell’allora segretario della Dc, falsò il comunicato sull’esito della votazione preventiva svoltasi a scrutinio segreto nei gruppi parlamentari democristiani sulla designazione di Cossiga, passata con il 60 per cento dei consensi, e non con l’85 per cento annunciato ufficialmente per rafforzare il candidato agli occhi del Pci.

 

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