SCISSIONE! SCISSIONE! - FASSINA E BERSANOIDI NON VOGLIONO SCIROPPARSI LA FIDUCIA SUL JOBS ACT E MINACCIANO “CONSEGUENZE POLITICHE” - A PALAZZO MADAMA BASTANO 7 VOTI CONTRARI PER MANDARE A CASA IL GOVERNO (MA CI PENSA SILVIO)

1 - RENZI BLINDA CON LA FIDUCIA LE MODIFICHE DELL’ART.18

Da “la Repubblica

 

matteo renzi con i fan di one piecematteo renzi con i fan di one piece

Verso la fiducia sul Jobs Act. Il consiglio dei ministri l’ha autorizzata e oggi in Senato sarà depositato il maxi emendamento del governo sulla riforma del mercato del lavoro e l’articolo 18. Non ci sarebbe però il reintegro nei licenziamenti illegittimi per cause disciplinari.

 

È il punto di compromesso votato dalla direzione dem, ma rientrerebbe solo nei decreti attuativi, dopo un impegno solenne in aula di Renzi o del ministro Poletti.

Intanto il premier annuncia che dal 2015 nei comuni ci sarà «una tassa unica, chiara e secca» al posto di quelle attuali e sarà il comune a decidere l’aliquota.

 

Ma sul Jobs Act nel Pd è braccio di ferro. Renzi non intende indietreggiare: «Teniamo botta. Faremo le riforme. Siamo bloccati da vent’anni, chiaro che si scontenta sempre qualcuno. L’articolo 18 è un totem ideologico e fonte di incertezza». E sulla legge di Stabilità: «Stanno tutti lì a tifare perché le cose vadano male, ma noi li freghiamo». Ai sindacati che incontrerà stamani il premier chiederà «che ci diano una mano».

 

Stefano Fassina Stefano Fassina

Tutta la minoranza chiede di evitare la tagliola della fiducia. Fassina in un tweet minaccia: «Se la delega resta in bianco è invotabile e ci saranno conseguenze politiche». A sera, quando la fiducia sul Jobs Act è decisa, parla di «problema istituzionale molto grave che merita l’attenzione del presidente della Repubblica».

 

Toni tesissimi. Colloqui e riunioni per evitare che la fiducia blindi l’abolizione dell’articolo 18 e del reintegro. Cuperlo, leader di Sinistradem, si appella a Renzi perché eviti la fiducia. Civati la ritiene un segnale di «profonda rottura». I numeri al Senato sono sul filo. Il senatore bersaniano Gotor la giudica un «cedimento a Ncd». Torna a circolare lo spettro di una scissione. Anche se nessun esponente del Pd, in pubblico, lo ammette. La battaglia continua, ma bersaniani e lettiani affermano che la loro lealtà non verrà meno. Insistono perché il confronto vada avanti e si possano ottenere modifiche.

bersani acdc 3bersani acdc 3

 

Boccia giudica un «abbaglio colossale» pensare che l’abolizione dell’articolo 18 attrarrà investimenti in Italia. Ma assicura: «Alla fine voterò con il partito». Enzo Bianco, leader dei liberal, denuncia invece l’ancoraggio a «vecchie culture politiche» di Civati e Fassina.

 

2 - PER LA SINISTRA IL SOLCO SI ALLARGA: “ORMAI SIAMO DUE MONDI DIVERSI”

Goffredo De Marchis per “la Repubblica

 

La paura dei franchi tiratori, la necessità di un’approvazione in tempi rapidi. «Non possiamo sbrodolare», dice Matteo Renzi nel consiglio dei ministri chiedendo l’autorizzazione a usare la fiducia sul Jobs Act in Senato. «Ma soprattutto — spiega il premier — il mio obiettivo è dare un senso unitario alla riforma, senza troppi strappi. Con i voti segreti e la battaglia sugli emendamenti questo obiettivo non sarebbe possibile. È un messaggio fondamentale non solo per l’Europa. Gli italiani devono capire dove vogliamo andare».

Gotor Gotor

 

È un rischio, certo. Non per la tenuta del governo visto che i senatori dissidenti (tranne 4 o 5 casi) rientreranno nei ranghi e non faranno cadere il governo. Ma perché rimane il solco con la sinistra su un tema sensibilissimo come l’articolo 18. Per questo motivo, al di là dell’atteggiamento di facciata che è sempre un po’ irridente, Renzi assicura che stamattina farà sul serio con i sindacati: «Non rinuncio al confronto. Anzi, lo allargherò ad altre materie molto delicate: la rappresentanza sindacale e la contrattazione decentrata. Vediamo se si può lavorare insieme».

 

susanna camussosusanna camusso

Subito dopo, oggi stesso, continuerà il dialogo con gli imprenditori «sviluppando la questione del Tfr». Dice il premier, sicuro: «Li convincerò. E so che la piccola impresa avrà delle difficoltà. Perciò il provvedimento sul Tfr sarà affiancato da uno strumento in più che dobbiamo creare immediatamente. Uno strumento dedicato alle Pmi in grado di coprire il vuoto economico della liquidazione che finisce in busta paga.

 

Chiederemo un aiuto alla Cassa depositi e prestiti e alle banche». Un discorso lungo e appassionato, quello del premier ai ministri. Alla fine arriva il via libera all’eventuale fiducia, con la posizione ancora più determinata di Angelino Alfano e Dario Franceschini. «Dobbiamo mettere la fiducia non solo autorizzarla. Il provvedimento è trop- po importante», dicono quasi in coro i due ministri.

 

L’incontro con i sindacati nella sala Verde di Palazzo Chigi, il suo esito finale, condizionerà le scelte della minoranza del Pd. Così come il nuovo emendamento che sta scrivendo Giuliano Poletti per recepire le correzioni indicate dal Partito democratico nella sua direzione. Acqua fresca, ribattono alcuni oppositori prima ancora di conoscere il testo governativo.

 

landinilandini

Quella che si vede oggi è dunque la continuazione di un dialogo tra sordi. Entrambi i fronti sembrano decisi ad aggravare la frattura. Spingere Renzi a destra nell’immaginario collettivo, insistere nei paragoni con Margaret Tatcher, accusarlo di cedere ai «ricatti di Sacconi» mettendo la fiducia sulla legge delega, come fa il senatore bersaniano Miguel Gotor, ha un significato politico che va oltre il Jobs Act. Significa liberare e marcare un territorio politico diverso, quello della sinistra, e se non è questa la premessa di una scissione poco ci manca.

 

Qualcuno nei giorni scorsi ha sentito pronunciare allo storico tesoriere dei Ds Ugo Sposetti due paroline tedesche: “Die Linke». È il partito fondato in Germania da Oskar Lafontaine in contrapposizione con il socialismo “di centro” di Schroeder, del quale rimane nella storia la riforma del lavoro, appunto. Linke vuole dire sinistra e ancora oggi il movimento ha il 7 per cento dei voti (Europee 2014).

 

maria elena boschimaria elena boschi

A Sposetti chiedono tutti giorni “ma allora ve ne andate?” perché il tesoriere è notoriamente seduto, come Paperone, su un patrimonio (immobiliare) di circa 2 miliardi di euro. I soldi della Quercia vengono visti come una precondizione della nascita di nuovo soggetto politico. Sposetti risponde a tutti: «Dove andiamo? Siamo quattro gatti». Pippo Civati però ha già imboccato una strada diversa.

 

«Semmai è il Pd di Renzi ad aver cambiato la natura del Pd. Non c’è più niente di democratico nel partito. E mi chiedo: come si fa stare in un gruppo di cui non si condivide nemmeno l’atteggiamento, non solo le leggi?». È la domanda finale prima dell’uscita. L’ex sfidante delle primarie spiega che lui «nel Pd crede ciecamente», che ne ha fatto «una ragione di vita » da quando è in politica. Tuttavia il disagio è tanto, «la situazione deprimente» e il voto di fiducia avviene «sul nulla perchè dentro l’emendamento non ci saranno nemmeno le cose approvate in direzione».

 

Maria Elena Boschi
Maria Elena Boschi

I suoi 6 senatori sono i principali “indiziati” dello strappo, domani in Senato. Usciranno dall’aula per non votare contro il governo. Ma non diranno “sì”. Stefano Fassina spinge anche gli altri dissidenti a ribellarsi, senza curarsi delle conseguenze del governo. «Questa riforma del lavoro parla a un altro mondo che non è il nostro». Due mondi diversi, quindi. Due pianeti lontani. «Abbiamo la pistola alla tempia, che dobbiamo fare? », osserva Federico Fornaro, uno dei firmatari degli emendamenti in difesa dell’articolo 18.

 

Fassina e Civati la fanno troppo facile perché stanno alla Camera. Se pure votassero contro l’esecutivo non se ne accorgerebbe nessuno. A Palazzo Madama invece bastano 7 voti per mandare a casa Renzi. «Voterò la fiducia — dice rassegnato Gotor — ma è un segno di debolezza di Renzi. Non ascolta il suo partito e subisce il diktat di Sacconi». Questo è il Pd alla vigilia del voto sul lavoro, che è la radice della sinistra.

 

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