SCIVOLI D’ORO, FACCE DI BRONZO - LA RIFORMA DELL’ESERCITO: 10 ANNI SENZA LAVORARE MA CON STIPENDIO ALL’85% E POI PENSIONE PIENA

Goffredo Buccini per il "Corriere della Sera"

L'appuntamento è in un bar di largo Argentina: a due passi dai palazzi dove si disegna proprio in questi giorni la nuova faccia delle nostre forze armate. Il vecchio ufficiale, ora «consulente istituzionale», chiede l'anonimato bevendo caffè lungo e ben zuccherato: «Sa, ho l'amaro in bocca». Sembra in imbarazzo: «La facciamo, sì, la riforma, ma la scarichiamo sulle spalle degli italiani». Tira fuori le carte. «Mi dica lei se in un Paese di esodati e precari possiamo portare avanti un testo del genere: è uno scivolo d'oro, come diavolo si fa a spiegarlo alla gente?».

La riforma delle riforme, lanciata con lo slogan «meno generali, più tecnologia», sta tutta qui, atti del governo 32 e 33, decreti attuativi della legge 244 del 2012 voluta da Giampaolo Di Paola, allora ministro del governo Monti dopo una carriera da ammiraglio approdata sullo scranno di capo di Stato maggiore della Difesa. I provvedimenti del governo Letta recepiscono il lavoro dell'esecutivo precedente, Mario Mauro assorbe la visione del predecessore con le stellette.

«Trentacinquemila uomini in meno in dodici anni» e una formula magica che prevede una sostanziosa redistribuzione dei carichi di spesa: quest'anno in un bilancio di circa 14 miliardi per la «funzione difesa» (la «funzione sicurezza» con i carabinieri è a parte) i costi del personale gravano per il 67 per cento, il 10 per cento va all'addestramento (pericolosamente scarso) e il 23 agli investimenti; il mantra di Di Paola è 50, 25 e 25. Ovvero meno uomini, armi migliori e usate meglio.

Ma, attenzione: nel dimagrimento il trucco c'è e s'intravede. Molto resta a carico della spesa pubblica e quindi delle nostre tasche, tramite tre canali: il passaggio del personale ad altro ministero, il prepensionamento e, soprattutto, l'«esenzione dal servizio», comma sesto dell'articolo 2209, il punto più controverso nella disciplina del periodo transitorio: dai 50 anni in poi (dieci anni prima del congedo) si può entrare in un magico limbo, lo «scivolo d'oro» appunto, grazie al quale si conserva l'ottantacinque per cento dello stipendio senza lavorare più nemmeno un solo giorno, con tanto di pensione piena; non è esclusa neppure la facoltà di fare altri lavori (il reddito non si cumula).

Questo bonus decennale per le forze armate in (libera) uscita verrà inserito nel codice dell'ordinamento militare a meno che Camera e Senato non si mettano di traverso in modo plateale (è solo previsto un loro parere) spingendo il governo a ripensarci. Fino a oggi il comma dorato stava attraversando zitto zitto l'ultimo guado tra Palazzo Madama e Montecitorio. Eppure era proprio difficile non accorgersene.

«Quando ho visto quella norma, ho fatto tre salti sulla sedia! Così com'è non passerà. Non è un articolo di legge, è una provocazione», tuona Gian Piero Scanu, capogruppo pd in commissione Difesa. «È vero, fa effetto», ammette Domenico Rossi, ex generale e adesso deputato di Scelta civica: «Però, ci pensi, è la via d'uscita della generazione delle missioni, i cinquantenni di adesso avevano 35 anni in Kosovo. Non è che si possono mandar via così».

Già, ma non è che tutti i trentacinquenni degli anni Novanta andassero in missione... «Va bene, ma non ne faccia una questione di percentuali. E comunque la legge era diversa, il Cocer (la rappresentanza "sindacale" dei militari, ndr ) ha ottenuto di aumentare dal settanta all'ottantacinque per cento la quota di stipendio mantenuta intatta». Nelle commissioni di Camera e Senato, si combatterà sugli articoli della riforma. Ed è da qui che è opportuno partire per cogliere chiaroscuri, miserie e nobiltà dei nostri uomini e donne in divisa.

La faccenda è dura da semplificare, perché ha ragione il capo di Stato maggiore dell'Esercito, Claudio Graziano, quando dice che «ci serve la certezza di risorse adeguate per l'addestramento del personale e l'ammodernamento, se adeguatamente vogliamo andare in missione. Non si tratta di una spesa, ma di un investimento». Insomma, il comma d'oro è una goccia che cade nel pieno d'una grande, autentica trasformazione dei nostri militari, passati dalla derisione negli anni della contestazione allo straordinario lavoro nelle missioni, dal Libano in poi, e già radicalmente rinnovati nel 2001 con l'abolizione della leva.

Quando si parla dei loro sprechi si pensa, per dire, ai circoli (storica la querelle su quello degli ufficiali a palazzo Barberini, a Roma) o agli stabilimenti balneari (tutta roba che ormai è affidata in buona parte a privati con grande contrarietà dei Cocer). E certo fa sorridere la battaglia a suon di finanziamenti di Fregene nord contro Fregene sud, scolpita nel rapporto Monti di due anni or sono, un milione di qua, duecentomila euro di là alle rispettive spiagge con cabine riservate alle stellette.

Fanno mugugnare noialtri gli alberghi camuffati da centri di addestramento dove soggiornare da Dobbiaco ad Alghero per una trentina d'euro a persona; l'«ausiliaria» che ancora consente un 24 per cento in più di pensione garantita per un molto improbabile richiamo in servizio nei cinque anni successivi al congedo (dovesse scapparci una guerra...); già nel 2006 la senatrice Silvana Pisa, Sinistra democratica, rilevava persino le spese di «rifacimento letti» negli appartamenti di generali e ammiragli al top della carriera, parte di un esborso di tre milioni e mezzo l'anno per la pulizia dei loro 44 alloggi di servizio e rappresentanza.

«Noi rischiamo di diventare strumento delle lobby e voi cercate il colore», ci rimprovera la nostra fonte al bar di largo Argentina. Già. Lo «scivolo d'oro» della riforma può fare imbestialire i comuni cittadini ma la partita vera delle spese e, forse, degli sperperi, si gioca su altri tavoli. Gli F-35, con una faida sanguinosa in cui il ministro Mauro ha rischiato di restare impallinato, sono stati solo un assaggio: tutto ora è al vaglio del Parlamento.

La commessa più ghiotta per un futuro molto futuribile si chiama Forza Nec: ventidue miliardi di spesa possibile nei vent'anni che verranno; si tratta di digitalizzare l'esercito, immaginando il soldato del 2030 molto prossimo a un robot (l'acronimo Nec sta per Network enabled capability , capacità di fare rete coi sensori sul campo di battaglia). Già nel 2006 Di Paola riteneva «prioritaria e ineludibile» la trasformazione «net-centrica» (sic) delle forze armate, salvandola dalla scure montiana della spending review. Con verosimile soddisfazione di Selex Es, la società di Finmeccanica che, quale «prime contractor», gestirà a tempo debito tutto da sola, senza gara né confronto sui prezzi, come consentono le procedure.

Il domani in un affarone, insomma, senza voler in alcun modo revocare in dubbio le capacità tecniche dell'azienda italiana. Tuttavia lo scenario non è pacificato. «Nessuno conosce le cifre esatte, ma chi pensa che Forza Nec sia cosa fatta, sbaglia di grosso. Mauro è molto... incline ad assecondare le richieste dell'amministrazione militare, ma la ricreazione è finita», dice ancora Scanu.

Fabio Mini, già comandante delle nostre forze in Kosovo, si spinge molto oltre: «Ci sono sistemi per dare soldi all'industria italiana». Cioè? «Dall'industria dipendono gli incarichi dei vertici militari, cooptati dalle cordate politiche. I debiti si pagano». È un'affermazione molto grave, generale... «Beh, va così. L'ho pure scritto nel mio libro "Soldati", senza fare nomi, naturalmente». Naturalmente.

Sotto le uniformi, battono cuori intossicati. La legge di Stabilità è stata l'occasione d'un sotterraneo scontro di lobby per la conquista dei finanziamenti. Si chiudono caserme dove mancano i soldi per la bolletta della luce, e le ristrettezze esasperano. Perfino il prossimo viaggio umanitario in Africa della portaerei Cavour ci viene segnalato come spreco da una fonte di un'altra arma, «130 giorni di navigazione, ci costa venti milioni. Quanti ospedali potrebbero farci laggiù?».

Alla fine il nostro esercito è come noi, generosità e invidie, grettezze e slanci, questa è l'Italia del 2013. Alla stazione Trastevere due bersaglieri sono di pattuglia con un appuntato dei carabinieri (è la vecchia operazione «strade sicure» che volle La Russa da ministro, soldati e forze di polizia assieme): sono ragazzini, prendono 900 euro per i prossimi quattro anni, «è dura», e dopo non andrà molto meglio. Stipendi bloccati dal 2010 come tutti, l'idea della «specificità» del lavoro fagocitata dalla crisi.

«Se mi promuovono colonnello sono rovinato, ci perdo», mastica amaro un amico prossimo ai gradi. Più grane, meno quattrini. Merito e coraggio negletti come sempre. «Usiamo le missioni per addestrare i ragazzi, se no addio!». In quelle missioni, dal 1982, sono caduti 103 dei nostri, dall'Afghanistan in poi i feriti sono 651.

«Io vorrei che il Paese se ne ricordasse», dice l'ex generale Rossi: «Ci sono posti dove si decidono vita e morte in un secondo. Chi sta di notte in un avamposto a Bakwa tra colpi e rumori nel buio, beh, vorrei che non si sentisse troppo solo».

 

 

 

Giampaolo Di Paola Mario Mauro soldati italiani in Libano SOLDATI ITALIANI IN AFGHANISTAN copyright L'ESPRESSOsoldati italiani in afghanistanafghanistan esercito italiano I CACCIA F35fabio mini

Ultimi Dagoreport

beppe sala manfredi catella giancarlo tancredi stefano boeri

DAGOREPORT - L’ANSIA ATTANAGLIA LA ‘’MILANO DEL BALLO DEL MATTONE’’. ‘’QUI SALTA TUTTO!’’, BALBETTANO PIÙ SPAVENTATI DI UN CONIGLIO - SE IL GIP DELLA PROCURA DECIDESSE DI ACCOGLIERE LE PROPOSTE DEI PM, A QUEL PUNTO, ESPLODEREBBE UNA SANTA BARBARA A MISURA DUOMO. E POTREBBE RIPETERSI CIÒ CHE SUCCESSO ALL’EPOCA DI TANGENTOPOLI: A TANTI DEI 74 INDAGATI, LA PAURA DI FINIRE IN GABBIA A SAN VITTORE APRIREBBE DI COLPO LE VALVOLE DELLA MEMORIA - DA PARTE SUA, IL SINDACO BEPPE SALA, INDAGATO, INTASCATA LA SOLIDARIETÀ DA DESTRA E SINISTRA, HA RIPRESO A MACINARE ARROGANZA, E HA SPARATO TESTARDO E SPAVALDO: “LE DIMISSIONI NON AVREBBERO FATTO COMODO A NESSUNO…” – QUALCHE ANIMA PIA GLI RICORDI CHE L’USO SBARAZZINO DELL’URBANISTICA MENEGHINA È AVVENUTO SOTTO IL SUO NASONE... 

urbano cairo sigfrido ranucci la7 fiorenza sarzanini

DAGOREPORT - SIETE PRONTI? VIA! È PARTITA LA GRANDE CAMPAGNA ACQUISTI (A SINISTRA!) DI URBANO CAIRO - IL COLPACCIO SU CUI LAVORA URBANETTO: PORTARE A LA7 SIGFRIDO RANUCCI E L’INTERA SQUADRA DI “REPORT”, A CUI TELE-MELONI STA RENDENDO LA VITA IMPOSSIBILE - IL PROGETTO È GIÀ PRONTO: PRIMA SERATA DI LUNEDI', SECONDE SERATE CON "REPORT-LAB", COINVOLGENDO SITO, SOCIAL E L'EDITRICE SOLFERINO - MA NON FINISCE QUI: CAIRO VUOLE RIPOSIZIONARE IL “CORRIERE DELLA SERA”: ESSERE LA GAZZETTA DI FAZZOLARI NON PORTA ALL'EDICOLA NUOVI LETTORI, CHE PREFERISCONO L'ORIGINALE: "IL GIORNALE", "LIBERO", "LA VERITA'": MEGLIO RITORNARE AL CENTRO-SINISTRA. IN ARRIVO GIOVANI GIORNALISTI BEN DISTANTI DAL MELONISMO...

mara venier gabriele corsi

PERCHÉ GABRIELE CORSI HA MOLLATO “DOMENICA IN”? LA SUA PRESENZA AL FIANCO DI MARA VENIER ERA STATA FRETTOLOSAMENTE ANNUNCIATA DA ANGELO MELLONE, DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI RAI. E INVECE, SOLO DUE GIORNI FA, CORSI HA ANNUNCIATO DI ESSERSI TIRATO INDIETRO - COSA È SUCCESSO? LA RAI AVEVA TENTATO DI COMMISSARIARE LA "ZIA MARA", PIAZZANDOLE ACCANTO I "BADANTI" NEK E CORSI. MA L'ARZILLA 74ENNE, FORTE DI BUONI ASCOLTI, HA FATTO TERRA BRUCIATA AI SUOI DUE "VALLETTI", USANDO L’ARMA DA FINE DEL MONDO: “SE IO MOLLO AD AGOSTO CHI CI METTETE?". E COSÌ, UNA VOLTA VISTO IL SUO SPAZIO RIDOTTO A QUALCHE MINUTO DI UN QUIZ, IL CONDUTTORE SI È CHIAMATO FUORI (NEK ERA GIÀ SCAPPATO A "THE VOICE") - LA VENIER HA TENTATO DI DISSIPARE I DUBBI SULLE SUE “COLPE” POSTANDO UNA STORIA IN CUI SI INSINUAVA CHE CORSI AVESSE MOLLATO PER I SOLDI (POCHI). MA A SMENTIRE LA SUA VERSIONE È STATO IL MANAGEMENT DEL CONDUTTORE…

antonio spadaro papa leone xiv robert prevost

FLASH! – SPADARO DI FUOCO! IL GESUITA, ORFANO DI BERGOGLIO, , OGGI SU ''LA STAMPA”, SPACCIA COME SUA ''INTERVISTA INEDITA'' UNA VECCHIA CONVERSAZIONE PUBBLICA CHE L'ALLORA CARDINALE ROBERT FRANCIS PREVOST TENNE A NEW LENOX, IN ILLINOIS, IL 7 AGOSTO 2024 - IL GESUITA HA PRESO IL TESTO SBOBINATO E L’HA INFRAMEZZATO CON DOMANDE SUE: UN CAPOLAVORO DI AUTO-PROMOZIONE DEGNO DI UN VERO INFLUENCER... - LA PRECISAZIONE DELLA CASA EDITRICE EDB: "SOLLEVIAMO DA OGNI RESPONSABILITA' PADRE SPADARO CIRCA OGNI FRAINTENDIMENTO TRA LA STAMPA E LA CASA EDITRICE" - VIDEO

tommaso labate mario giordano

DAGOREPORT - VA AVANTI IL PROGETTO DI PIER SILVIO BERLUSCONI DI “RIEQUILIBRARE” POLITICAMENTE LE RETI MEDIASET (TROPPO SOVRANISMO FA MALE ALL'AUDIENCE): L'ULTIMO ARRIVATO E' L’ACERBO TOMMASO LABATE, IN ODORE DI SINISTRA DEM, A CUI È STATO AFFIDATA LA PRIMA SERATA DEL MERCOLEDÌ - LA SUA SCELTA HA FATTO INVIPERIRE MARIO GIORDANO, SBATTUTO ALLA DOMENICA SERA CON IL SUO “FUORI DAL CORO”. E, GUARDA CASO, GIORDANO È DIVENTATO IMPROVVISAMENTE OSTILE AL GOVERNO MELONI: “NON STA DANDO LE RISPOSTE CHE SI ASPETTAVANO GLI ITALIANI, SEMBRA UN GOVERNO MELONI-FORLANI”

antonio tajani pier silvio marina berlusconi forza italia

DAGOREPORT: CHE CE FAMO CON FORZA ITALIA? È IL DUBBIO CHE ASSILLA I FRATELLI BERLUSCONI: MOLLARE AL SUO DESTINO IL PARTITO FONDATO DA "PAPI" O NE CAMBIAMO I CONNOTATI, A PARTIRE DAL "MAGGIORDOMO" DI CASA MELONI, ANTONIO TAJANI? -CON PIER SILVIO CHE SCALPITA PER SCENDERE IN POLITICA ALLE POLITICHE 2027, I DUE FRATELLI HANNO COMMISSIONATO UN SONDAGGIO SUL BRAND BERLUSCONI IN CHIAVE ELETTORALE. RISULTATO: L’8% DEI CONSENSI DI CUI È ACCREDITATO IL PARTITO, LA METÀ, CIOÈ IL 4%, È RICONDUCIBILE AL RICORDO DI SILVIO BERLUSCONI - ALTRO DATO: SE SCENDESSE IN CAMPO “UN” BERLUSCONI, I CONSENSI DI FORZA ITALIA CRESCEREBBERO FINO QUASI A RADDOPPIARSI - QUEL CHE COLPISCE È CHE IL PARTITO RACCOGLIEREBBE PIÙ VOTI CON PIER SILVIO LEADER DI QUANTI NE CONQUISTEREBBE CON MARINA - (SE SCENDE IN CAMPO, O PIER SILVIO PRENDERA' PIU' VOTI DI MELONI, STRAPPANDOLI A FDI E LEGA, E FARA' IL PREMIER OPPURE LO VEDREMO CHE PRENDERA' ORDINI DALLA DUCETTA...)