SMAGHI NON SMAMMA - ALLA FACCIA DELLE PROMESSE A UN INCAZZATISSIMO SARKOZY, IL MEMBRO ITALIANO NEL BOARD BCE PER ORA RESTA INCHIODATO ALLA POLTRONA - LE DIMISSIONI DI BINI SMAGHI SONO COMPATIBILI SOLO PER ASSUMERE UN RUOLO DI PARI LIVELLO (CHE S’È PAPPATO IGNAZIO VISCO), MA LA SCELTA DI IERI DEL GOVERNO SU BANKITALIA POTREBBE ESSERE INTERPRETATA (ANCHE) COME UN INVITO A DIFENDERE L'AUTONOMIA DELLA BCE. DUNQUE A NON DIMETTERSI…

Federico Fubini per il "Corriere della Sera"

I pochi minuti nei quali Lorenzo Bini Smaghi parlò con Nicolas Sarkozy quattro mesi fa, segnarono forse la fase acuta di un malinteso. La fase acuta, per la precisione, del malinteso di quel momento che ormai sembra una vita fa: da allora l'Italia è stata risucchiata nella spirale del contagio finanziario, la Banca centrale europea è intervenuta per difendere un'apparenza di normalità sull'economia del Paese, il governo ha risposto tardi e solo in parte.

Ma tutto questo, quattro mesi fa, a molti sarebbe suonato come fanta-economia. Vista dall'Italia, l'Europa sembrava allora un posto relativamente sicuro, con leader politici che si sentivano persino in grado di dare ordini alla Bce. Poche settimane prima di quella telefonata con Bini Smaghi, il presidente francese in visita a Roma e Silvio Berlusconi avevano dichiarato che Bini Smaghi avrebbe dovuto lasciare il suo posto.

Doveva, perché con l'arrivo di Mario Draghi alla guida della Bce andava fatto posto a un francese nel board della banca. Sarebbe stato come se il premier o due ministri italiani avessero provato a licenziare via conferenza stampa un membro del direttorio della Banca d'Italia - Ignazio Visco, Anna Maria Tarantola o Giovanni Carosio - per metterne un altro di loro maggiore convenienza. Palazzo Koch avrebbe reagito opponendo la sua indipendenza ed è probabile che la richiesta avrebbe sollevato proteste nel Paese.

Non andò così per la Bce, difesa da nessuno e addestrata al self control dalla delicatezza del suo ruolo. Ma nelle mura dell'Eurotower la reazione fu la stessa: tutela dell'indipendenza, niente ordini presi dalla politica. Si arriva così al 25 giugno al vertice di Bruxelles, in cui Sarkozy minaccia di bloccare la ratifica su Draghi se Bini Smaghi non avesse offerto le sue dimissioni. Il vertice entra in stallo. L'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, rappresentante dell'Italia presso l'Ue, chiama Bini Smaghi e gli chiede una soluzione.

Nel frattempo il banchiere centrale si era consultato con il suo presidente, Jean-Claude Trichet, e con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Trichet gli aveva consigliato di non prendere impegni verso i governi, né di anticipare date per le dimissioni, ma di indicare la sua fiducia sul fatto che il problema si sarebbe potuto risolvere: il massimo che un esponente della Bce poteva fare senza mettere in gioco l'indipendenza della sua istituzione.

Così fa Bini Smaghi: quando Nelli Feroci dal proprio telefonino nella sala del Consiglio europeo lo fa parlare con Sarkozy, il dialogo è chiaro. Il francese insiste che Berlusconi gli ha dato la sua parola. L'italiano risponde che in effetti ha fiducia sul fatto che il problema si possa risolvere.

Ma un parere legale della Bce stabilisce che le dimissioni dal board, specie dopo pressioni esplicite e ripetute e molti attacchi pubblici, sono compatibili con il principio d'indipendenza solo se lo si fa per assumere un ruolo di pari livello: solo così, secondo il parere legale, si possono considerare spontanee e non forzate dalla politica. Un componente dell'esecutivo dell'Eurotower ha per esempio diritto di voto sui tassi d'interesse europei, un governatore nazionale anche. Una nomina di Bini Smaghi al vertice della Banca d'Italia avrebbe giustificato le dimissioni dal board della Bce. Lo stesso Berlusconi dice quel giorno che Bini Smaghi è fra i candidati per la guida di Palazzo Koch.

Sul resto, visto dall'Eurotower, non ci sono impegni né contatti del banchiere fiorentino con Sarkozy o altri. Da Francoforte tutto tace, ma la scelta di ieri del governo su Bankitalia potrebbe essere interpretata (anche) come un invito a Bini Smaghi a difendere l'autonomia della Bce. Dunque a non dimettersi. Proprio come farebbe ogni esponente del direttorio della Banca d'Italia pressato dal governo per ragioni esclusivamente politiche.

 

bini smaghiSILVIO BERLUSCONI ignazio visco Draghi e Trichet NICOLAS SARKOZYVAn Rompuy Dal Corriere

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