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LA SPOCCHIA DI RENZI TRABALLA: CON LA MINORANZA PD IN RIVOLTA, POTREBBE NON AVERE I NUMERI PER PORTARE A CASA LA RIFORMA DEL SENATO - PER LUI, CI SONO SOLO DUE STRADE: O CAMBIA IL TESTO PER RICOMPATTARE IL PD. OPPURE TROVA UN ACCORDO CON FORZA ITALIA,

1 - IL GOVERNO È PREOCCUPATO DI NON AVERE I NUMERI

Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

matteo renzi e berlusconi 0aa87941matteo renzi e berlusconi 0aa87941

S i capisce solo una cosa: che il governo comincia ad essere seriamente preoccupato di avere i numeri al Senato. Le proposte di mediazione che stanno fiorendo sul modo di eleggere i parlamentari della cosiddetta Camera Alta sono il riflesso di questa paura. Tra un mese o giù di lì, ci si potrebbe trovare davanti ad uno spartiacque drammatico, per il Pd e il suo presidente del Consiglio: o cambiare la riforma con un accordo che rimetta insieme gli spezzoni del partito maggiore, confermando l’elezione diretta dei senatori; o approvare una soluzione di compromesso coinvolgendo frammenti di Forza Italia.

 

renzi e berlusconi 2 2renzi e berlusconi 2 2

Ma in questo secondo caso, Matteo Renzi saprebbe di non potere più escludere l’eventualità di una scissione. La sensazione, infatti, è che i suoi avversari interni non siano pronti ad accettare le ipotesi circolate nelle ultime ore: un segno che la scarsa disponibilità a trattare di Palazzo Chigi è simmetrica a quella della minoranza del Pd nei suoi confronti, e cioè vicina allo zero.

 

D’altronde, la possibilità di un listino collegato alle elezioni per i Consigli regionali è ritenuto un mezzo pasticcio perfino da alcuni dei proponenti. Tra l’altro, ci sono problemi di adeguamento ad alcuni statuti locali. Soprattutto, la logica degli oppositori è di impedire che Renzi controlli la formazione delle liste parlamentari.

 

renzi berlusconirenzi berlusconi

E, nel caso del Senato, a loro avviso il problema si riproporrebbe, oltre a svuotare politicamente l’assemblea di Palazzo Madama. A prescindere dall’esito, si tratta di un conflitto scaricato da mesi sul Paese; e ormai così incanaglito da far temere uno scontro anche istituzionale: un’eventualità di cui il Pd porterebbe per intero la responsabilità.

 

Appelli anche autorevoli come quello dell’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a non stravolgere la riforma, non sembrano avere modificato le cose, né probabilmente potevano. Per paradosso, le posizioni si sono perfino irrigidite. L’articolo 2, quello sul modo di eleggere i senatori, che il premier non vuole sia modificato, in realtà contiene un comma destinato ad essere rivotato: il presidente del Senato, Pietro Grasso, l’ha già ribadito. E Sergio Mattarella ha fatto sapere di ritenere il Parlamento sovrano.

 

renzi berlusconi ventriloquorenzi berlusconi ventriloquo

Significa che il capo dello Stato prenderà atto di quanto sarà deliberato dalle Camere, rimanendo rigorosamente ancorato al proprio ruolo di arbitro. Il sentiero strettissimo attraverso il quale Renzi dovrà passare è dunque un’aula dai rapporti di forza incerti. Se va allo scontro senza trovare un accordo, può saltare tutto: una bocciatura dell’articolo 2 farebbe franare l’intera impalcatura. Se riesce ad arruolare parlamentari all’esterno della sua maggioranza politica, il «sì» avvicinerebbe però anche l’orizzonte di una frattura del Pd.

 

renzi berlusconi in ginocchio da terenzi berlusconi in ginocchio da te

Insomma, il dilemma del presidente del Consiglio è cambiare la riforma del Senato cedendo; oppure trovare i voti in qualche modo, segnando la fine anche formale dell’unità del Pd e la nascita di una nuova coalizione parlamentare: magari come embrione di un futuro «partito della Nazione» con cromosomi moderati.

 

Rimane da capire se e quanto Silvio Berlusconi o almeno una parte di Fi sarebbero disposti ad aiutare il governo; e a quali condizioni. Forse chiederebbero una contropartita sull’Italicum: nel senso che il sistema elettorale verrebbe cambiato accettando il premio alla coalizione e non più al partito con più voti, presumibilmente il Pd.

 

renzi con la bandana in testa come berlusconirenzi con la bandana in testa come berlusconi

È possibile che Renzi si riveli più disponibile a rivedere qualcosa su questo punto rispetto al Senato: anche perché teme che in caso di ballottaggio con il Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche, si possa formare un partito trasversale delle opposizioni, unite contro di lui. La sua aura di vincente è un po’ appannata; quella del realista regge ancora. Si capirà presto se il premier riuscirà a smentire quanti ritengono che abbia solo una marcia, e confidano su questo per logorarlo o perfino farlo cadere; o se sarà in grado di spiazzare i nemici.

 

Negli ultimi cento giorni, l’habitat del governo si è fatto più ostile, complici i risultati delle regionali e gli scandali in alcune giunte. Il problema è di prenderne atto. Il Senato non è un «Vietnam» popolato solo dai «vietcong» delle minoranze. La tensione creatasi in Parlamento è figlia di errori diffusi e grossolani. La scommessa è non permettere che una rotta di collisione alla quale nessuno sembra voler rinunciare, convinto che alla fine lo farà l’avversario, porti a sbattere il Paese precipitandolo dentro le urne.

 

2 - «NO AD APERTURE AL BUIO» FORZA ITALIA VUOLE IL METODO VIALE MAZZINI

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

bacio renzi berlusconibacio renzi berlusconi

 

 «Il patto del Nazareno non tornerà più», è il primo comandamento che arriva da Villa Certosa. Ma, è la regola d’ingaggio che Berlusconi lascia ai suoi prima di andare in vacanza, «questo non vuol dire che non si possa dialogare col governo con le riforme».

 

berlusconi renzi grazie amoreberlusconi renzi grazie amore

Dietro la porta socchiusa che i vertici di FI stanno lasciando all’esecutivo, che vale anche e soprattutto per la riforma del Senato, c’è la strategia che i berlusconiani hanno già sperimentato sul riassetto ai vertici Rai. La regola, decisa direttamente da Berlusconi, è che le uniche trattative autorizzate con Renzi sono quelle in cui «la prima cosa la otteniamo noi, non loro». Bandite, insomma, le vecchie «aperture al buio» dell’epoca del patto, che i forzisti finirono per pagare dopo essersi ritrovati isolati nella partita per il Colle. E bandite anche le fughe in avanti dei singoli parlamentari, problema che tra gli azzurri viene considerato risolto con l’uscita del fronte eterodosso guidato da Verdini.

 

Se c’è da trattare sulle riforme, tra i berlusconiani, l’unico autorizzato a farlo è il capogruppo Romani. Che respinge al mittente la proposta di mediazione Finocchiaro-Zanda sul Senato «semi-elettivo». «In quel testo», spiega ai colleghi il presidente dei senatori forzisti, «c’è un trucchetto che fonde due articoli che stanno in due parti diverse della Costituzione. È un obbrobrio, un pateracchio che non possiamo accettare».

berlusconi renziberlusconi renzi

 

Per FI, almeno ufficialmente, il Senato deve tornare a essere «elettivo». E la convergenza tra i berlusconiani e la minoranza pd, su questo punto, pare essere totale. «E non si tratta certamente di voler perdere tempo o di buttare la palla in tribuna — spiega Romani —. Tutti noi vogliamo avere una nuova Carta che funzioni bene come quella attuale. Punto».

 

Messa così, sembra che i margini di trattativa tra governo e FI siano inesistenti, tenendo anche conto dell’appello di Brunetta al Colle: «176 senatori su 320 hanno firmato emendamenti depositati che bocciano la riforma, il governo non ha la maggioranza. Mattarella esamini la questione». Eppure, tra gli azzurri della cerchia ristretta, c’è chi giura che il «dialogo» tra Berlusconi e Renzi sulle riforme possa riattivarsi.

RENZI E BERLU C RENZI E BERLU C

 

Come? Sull’asse diplomatico che ha condotto in porto la trattativa sulla Rai avrebbe viaggiato anche una lista di «desiderata berlusconiani» da sottoporre a Palazzo Chigi. In questa lista ci sarebbe, tanto per fare un esempio, anche una serie di provvedimenti sulla giustizia, con interventi sulle intercettazioni e sulla riduzione del ricorso alla custodia cautelare. «Dialogo sulla giustizia? Io non ne so nulla. Ma se il governo apre, noi siamo pronti a parlarne», si limita a dire Romani.

 

Se il governo facesse un passo in questa direzione, insomma, anche la trattativa sulla riforma del Senato, che oggi pare impossibile, domani potrebbe riaprirsi. Magari accompagnata dalla revisione dell’Italicum, visto che FI continua a insistere sul ritorno al premio di coalizione. In fondo, si tratta di applicare il «lodo Rai». Sulla presidenza, infatti, Palazzo Chigi era pronto a giocare tutte le fiches su Simona Ercolani. Fino a quanto i contatti con FI non hanno portato all’accordo su Monica Maggioni. Perché si muove così, ormai, Berlusconi con Renzi. Si tratti «pure con lui». A condizione che «la prima cosa la otteniamo noi». Vale anche per il Senato.

 

 

 

RENZI E BERLUSCONI BATMAN E ROBIN RENZI E BERLUSCONI BATMAN E ROBIN

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