SPREMUTA DI ARANCIONE - DA PISAPIA A DE MAGISTRIS: LA BREVE STAGIONE DEI SINDACI OUTSIDER CHE AVEVANO DATO SCACCO MATTO AL PD - IL SOCIOLOGO NATALE: UNA PARTE DELL'ONDATA ARANCIONE E' FINITA CON GRILLO

facci twitta l abbraccio a pisapia del popolo arancionefacci twitta l abbraccio a pisapia del popolo arancione

Massimo Rebotti per il “Corriere della Sera”

 

Maggio e giugno 2011: fu una breve e intensa stagione arancione. Non solo a Milano, che detiene il copyright del colore simbolo delle alleanze progressiste nelle città, ma anche a Napoli, Cagliari e, un anno dopo, Genova. 
 

La corsa dei sindaci arancioni ha avuto per tutti le stesse caratteristiche: dentro il centrosinistra partivano sfavoriti, poi battevano a sorpresa i candidati del Pd e quindi, sull’onda dell’entusiasmo dei sostenitori, conquistavano i municipi. In tre casi — Giuliano Pisapia a Milano, Massimo Zedda a Cagliari e Marco Doria a Genova — i candidati erano espressione di Sel e avevano vinto, contro le attese, le primarie.

DE MAGISTRISDE MAGISTRIS

 

A Napoli Luigi de Magistris proveniva invece dall’Italia dei Valori e vinse direttamente alle Comunali, superando al primo turno il candidato del Pd e al secondo quello del centrodestra. 
 

GIULIANO PISAPIA E MARCO DORIAGIULIANO PISAPIA E MARCO DORIA

Nel 2011, e poi nel 2012 con Genova (e volendo anche nel 2013 con Ignazio Marino a Roma), si verificò nel centrosinistra un’alchimia singolare: diventavano sindaci gli outsider e il partito più grande, il Pd guidato allora da Pier Luigi Bersani, otteneva grandi percentuali nelle urne, quasi a risarcimento dopo la sconfitta dei candidati ufficiali del partito. 
 

Quella fiammata di partecipazione, un po’ eretica, nel centrosinistra non si fermò nella primavera del 2011 alle città ma proseguì con il referendum a favore dell’acqua pubblica: si votò il 12 e 13 giugno e, dopo tanti anni di flop, il quorum (a sorpresa) venne superato.

 

«È stata una stagione di rinnovamento» ricorda Massimo Zedda che a 36 anni divenne sindaco a Cagliari, la prima volta per la sinistra dal Dopoguerra. «Ci furono candidati che entrarono in sintonia con ciò che i cittadini cercavano: sobrietà, attenzione alla tutela dei diritti da parte delle istituzioni pubbliche, semplicità. A quei tempi c’era ancora Berlusconi: ognuno ha il suo stile, per carità, noi avevamo il nostro». 
 

FESTA A MILANO PER PISAPIAFESTA A MILANO PER PISAPIA

Il rapporto tra Pisapia e Zedda è forte: «Se penso a Milano mi auguro che ci ripensi; se penso invece al gesto che ha fatto, quell’indicare a sé stessi un limite, credo sia un valore, che gli faccia onore». 
 

Di quel gruppo di sindaci solo Luigi de Magistris pensò, senza successo, che gli «arancioni» potessero avere una «proiezione nazionale». «Io non ci ho mai creduto — argomenta Zedda — ognuno di noi voleva dare un contributo alla propria città, senza che diventasse un trampolino di lancio per altre esperienze.

 

De MagistrisDe Magistris

Anche se fa piacere quando da Roma si interessano a ciò che stai facendo». Per i sindaci arancioni, dopo campagne trionfali, arrivarono i giorni duri della crisi economica e dei tagli al bilancio: «Capisco Giuliano — conclude Zedda — in questi anni per un Comune è durissima». 
 

Quel patto tra Pd e Sel del 2011 fu anche alla base della coalizione «Bene comune» che, guidata da Bersani, fallì nel 2013: «Quel sussulto di partecipazione nelle città — dice Paolo Natale, sociologo alla Bicocca di Milano e autore di un libro sulle origini del M5S — aveva caratteristiche simili a quelle che poi fecero decollare i Cinquestelle: l’idea di poter cambiare la politica con facce nuove rispetto ai vecchi partiti. Due anni dopo, una parte di quell’onda l’avrebbe intercettata Beppe Grillo».

MASSIMO ZEDDAMASSIMO ZEDDABAGGIO PISAPIABAGGIO PISAPIApisapia in corteopisapia in corteoPISAPIA duo resize PISAPIA duo resize FESTA A MILANO PER PISAPIAFESTA A MILANO PER PISAPIAde magistris con la bandanade magistris con la bandana

 

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