TANTO REFERENDUM PER NULLA - ALLA FINE TSIPRAS ACCETTA UN PIANO PIÙ PESANTE DI QUELLO BOCCIATO DAL VOTO POPOLARE - DAGLI 8,5 MILIARDI DI “SACRIFICI” SI E’ PASSATI A 12: IL 6% DEL PIL IN DUE ANNI! SE ATENE RESTA NELL’EURO, LO FARÀ DA CADAVERE…

La manovra che la Grecia offre all’Europa è quasi completamente fatta di aumento della pressione fiscale - Aumenta l’Iva su quasi tutto con valore retroattivo al primo luglio. Sale dal 26 al 28% l’aliquota sul reddito d’impresa. Vengono smantellati i trattamenti fiscali preferenziali per gli agricoltori e le isole…

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tsipras omaggia i caduti tsipras omaggia i caduti

Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

 

È possibile che Alexis Tsipras alla fine abbia scelto di mettere quello che gli sembra l’interesse del Paese davanti al proprio, o a quello del suo partito. Ma nel parlamento di Atene ieri alcuni deputati vedevano anche un’altra ipotesi: in Grecia la legge sull’alto tradimento esiste ancora, eredità dei colonnelli, e prevede l’ergastolo inappellabile dopo un solo grado di giudizio.

MERKEL TSIPRAS MERKEL TSIPRAS

 

Di fronte alla penuria di farmaci vitali nel Paese e all’imminenza dell’espulsione dall’euro, unita al fallimento del sistema bancario con i risparmi dei cittadini, il premier potrebbe aver scelto la via più prudente: proteggersi dall’ira dei greci e dal rischio che qualcuno lo trascini sul banco degli imputati per alto tradimento.

 

Quali che siano le ragioni, ieri sera Tsipras è riuscito a far accettare in parlamento tutti gli impegni sul rifiuto dei quali aveva fondato la sua carriera. Il voto era previsto alle 3 di notte. Nella versione in inglese spedita a Bruxelles, il mandato bipartisan chiesto dal governo si distingue dall’accordo respinto dal referendum di sei giorni fa soprattutto su un punto: la proposta di ieri è più pesante.

 

varoufakis e tsipras varoufakis e tsipras

Il piano dell’Eurogruppo di fine giugno sul quale Tsipras si era rimesso agli elettori, chiedendo «il grande No», valeva 8,5 miliardi di sacrifici. Adesso il partito del premier quasi al completo e l’intero parlamento (meno neonazisti e veterocomunisti) mandano il governo a negoziare a Bruxelles sulla base di una dose di austerità da 12 miliardi: oltre il 6% del Pil in due anni. È come se l’Italia eseguisse una manovra da 100 miliardi di euro entro la fine del 2016. Solo la versione in greco del mandato negoziale cita anche, come obiettivo supplementare, l’alleggerimento del debito.

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Ma sia il documento inglese che quello in greco concordano sul fatto che la manovra che la Grecia offre all’Europa è quasi completamente fatta di aumento della pressione fiscale. Aumenta l’Iva su quasi tutto con valore retroattivo al primo luglio. Sale dal 26 al 28% l’aliquota sul reddito d’impresa. Vengono smantellati i trattamenti fiscali preferenziali per gli agricoltori e le isole.

 

Sparisce il sussidio sul gas da riscaldamento e per il carburante da macchine agricole. Cambiano le aliquote delle imposte sulla casa in modo da garantire comunque obiettivi di gettito pre-fissati. Salgono il prelievo sugli yacht, e quello sul gioco d’azzardo. Aumenta dal 4% al 6% il contributo sanitario su tutte le pensioni, incluse le più basse. Viene gradualmente smantellato il contributo di solidarietà sugli assegni previdenziali dei più poveri.

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E nell’eventualità in cui gli obiettivi non siano centrati – pressoché una certezza, in un’economia in caduta libera – scattano nuove clausole: fra queste, un nuovo aumento al 29% della tassazione sul reddito d’impresa, sempre da pagare integralmente come acconto per l’anno dopo.

 

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Nessuno ieri si chiedeva se un programma del genere non sia puro veleno per una Grecia allo stremo, che ha già perso il 25% del reddito in cinque anni e ne perderà un ulteriore 5% quest’anno. Non se lo chiedevano gli esponenti di Syriza, che per mesi hanno rifiutato misure contro l’evasione dei ricchi o per l’efficienza dell’amministrazione quando il Paese cresceva, hanno permesso che arrivassero il panico, la serrata delle banche e la paralisi, e ora reagiscono con una dose cieca di austerità per salvarsi.

 

Non se lo chiedevano gli altri governi europei, per il quali il benessere dei greci viene dopo la propria immagine di creditori, inflessibili a costo di sopprimere la capacità del debitore di pagare. Né se lo chiedeva probabilmente Yanis Varoufakis. Il ministro delle Finanze licenziato da Tsipras pochi giorni fa ha approfittato del voto di ieri per esprimersi con il suo stesso silenzio. Ha dato il suo sostegno non al governo, ma al suo successore Euklid Tsakalotos («poi vedremo i risultati», ha aggiunto), poi ha addotto «motivi di famiglia» per non votare in parlamento e si è fatto fotografare in nave alla volta di Egina. Sembra il primo seme di una sfida alla leadership di Tsipras sulla sinistra.

referendum in grecia referendum in grecia

 

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Ma sono prospettive lunghe a cui ad Atene pochi pensano ormai. La speranza di Tsipras è che il mandato incassato ieri apra la via al negoziato oggi e domani a Bruxelles. Se non altro il suo obiettivo ormai è chiaro: quando arriva lunedì, essere ancora nell’euro. A che prezzo, e per quanto tempo, si vedrà.

 

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