TE LO DO IO L’EURO! – IL REGNO UNITO CRESCE PIÙ DI TUTTI IN OCCIDENTE CON L’AUSTERITY INTELLIGENTE DEL MINISTRO OSBORNE – IL PIL DEL 2014 È SALITO DEL 3% E LA DISOCCUPAZIONE È SCESA AL 6% – IL CALO DELLE TASSE SULLE IMPRESE HA ATTRATTO NUOVI INVESTIMENTI

Alberto Brambilla per "il Foglio"

 

paesaggi della gran bretagna 9paesaggi della gran bretagna 9

Il Regno Unito che ha dato i natali (e la gloria) agli economisti John Maynard Keynes e Adam Smith sta abbracciando con convinzione messianica le idee del secondo. Bando alla crescita elefantiaca della spesa pubblica, ai megastimoli, e avanti coi tagli, ovvero con l’austerità produttiva, per quanto diluita nel tempo e temperata dall’iniezione di moneta della Banca centrale d’Inghilterra. Il successo è indiscutibile.

 

L’economia inglese cresce come prima della crisi. Londra ha puntellato il sistema bancario – complice la benevolenza dei mercati – ora vive uno stato di grazia nel mesto scenario europeo. Il pil britannico alla fine del 2014 sarà cresciuto di circa 3 punti percentuali, il ritmo più rapido tra paesi industrializzati; meglio anche degli Stati Uniti (il cui pil salirà di circa 2,5 punti), surclassando Italia (meno 0,4), Germania (più 1,2) e Spagna (più 1,6).

 

La creazione di posti di lavoro procede a velocità rapidissima, più in fretta di qualunque altra economia avanzata: sono stati creati 500 mila posti di lavoro (l’85 per cento a tempo pieno), il tasso di disoccupazione s’è ridotto al 6 per cento, sotto quota 2 milioni di disoccupati come nel 2008. Una chiusura d’anno che incorona il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, timoniere del Tesoro britannico, “sviluppista dell’anno” se si guarda al suo operato con lo sguardo estasiato di un economista della scuola di Chicago come John H. Cochrane.

Punk con la Union Jack Punk con la Union Jack

 

Il quale ha recentemente sostenuto sul Wall Street Journal che i tagli alla spesa improduttiva non creano miseria, anzi stendono un tappeto rosso davanti agli investitori: è la dimostrazione, dice Cochrane, che il fortunatamente breve rinascimento della tradizione keynesiana – da leggere come l’ennesima stoccata al suo rivale Paul Krugman – è stata spazzata via dal ventaglio delle teorie economiche di successo grazie a Osborne, secondo il quale gli spendaccioni “avevano torto durante la ripresa, e hanno torto adesso”.

 

Il grande piano economico dei conservatori inglesi unisce appunto i risparmi (per 25 miliardi di sterline entro il 2018) alla riduzione della tassazione sulle imprese (l’aliquota è scesa dal 28 al 22 per cento, al 20 entro il 2015) e ambisce a compensare la prevedibile riduzione del gettito attraverso l’afflusso dei capitali esteri che ne deriva (gli investimenti sono cresciuti del 27 per cento dal 2010).

 

david camerondavid cameron

Il Regno di Sua Maestà s’appresta così a diventare l’economia più competitiva del G20, secondo Osborne. Certo, la Banca d’Inghilterra è un motore importante, il rapporto deficit/pil resta significativo, ma, dice il cancelliere dello Scacchiere, “questo è solo l’inizio”.

 

Incalzato dal giornalista di Bloomberg Businessweek Charlie Rose, Osborne ha difeso l’austerity inglese, la brandirà come un randello nella campagna elettorale per le elezioni generali del prossimo maggio. Una mossa senza precedenti quella di insistere sull’austerity, diceva l’anno scorso di questi tempi un diplomatico di rango al Financial Times, perché ricorda da vicino la marcia dei Tory nel 1979 all’alba della rivoluzione thatcheriana.

 

Rose batte sul dente dolente del deficit, fonte di critiche trasversali a Osborne sui media britannici, “non è il più alto del G7”? “Si, certo, ma è la metà di prima. E il mio messaggio per le elezioni è che dobbiamo insistere su questo percorso. Bisogna continuare a occuparsi del deficit e ridurre il debito come parte di un programma che dica al mondo che la Gran Bretagna sa agire insieme. Che questo è il posto dove creare business. Il posto dove investire. Dove creare lavoro.

 

cancelliere george osbornecancelliere george osborne

E al momento lo facciamo più velocemente di qualunque altro paese avanzato”. Più degli Stati Uniti? “Sì. Al momento a differenza degli Stati Uniti il tasso di partecipazione (forza lavoro/popolazione attiva) è quasi al suo record massimo. […] Anche l’America è un faro dell’economia globale. Penso che entrambi abbiamo lavorato per raggiungere questa combinazione tra Banche centrali attiviste e consolidamento fiscale anche se – pungola Osborne – negli Stati Uniti questo è stato più accidentale che intenzionale”, ovvero avviene coi tagli automatici e lineari che scattano se il Congresso non s’accorda sui budget (il famigerato sequester).

 

Osborne fa poi dell’anti disfattismo la cifra del suo discorso transatlantico. “Americani e inglesi non devono accettare la stagnazione secolare, il declino di lungo termine. I nostri giorni migliori sono davanti a noi se abbiamo chiari piani economici per avere la meglio sui nostri debiti, sostenere impresa e innovazione. Sfido i pessimisti che dicevano che dovevamo trovare la nostra strada per uscire dalla crisi e chi ora dice che dobbiamo trovare la strada per uscire dalla stagnazione”.

UNA RARA IMMAGINE DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA SENZA NUVOLE UNA RARA IMMAGINE DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA SENZA NUVOLE

 

E pure chi dice che coi tagli a soccombere sono i più poveri si chieda dunque “chi soffre di più quando un’economia fallisce? Quando il deficit va fuori controllo? Sono i più poveri e i meno protetti”. Argomentazione efficace da opporre ai laburisti che da mesi non trovano altra ricetta all’infuori della solita patrimoniale sulla casa dei ricchi, stantìo ritornello dell’Old Labour, con riflessi nei sondaggi: i conservatori di Osborne sono (di poco) in vantaggio.

 

Alberto Brambilla Twitter @Al_Brambilla

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