TELEFONATE DALL’OLTRETOMBA: PARLA IL SUPERTESTIMONE DEL CASO ORLANDI

Marco Fassoni Accetti lega il sequestro di Emanuela alla “spectre” che agiva in Vaticano - Dossieraggi, servizi segreti collegati al Patto di Varsavia e ricatti - L’ “avvertimento” a Marcinkus e quella “parodia” di Macioce al telefono con la famiglia Orlandi… - -

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Fabrizio Peronaci per il "Corriere della Sera"

emanuela orlandiemanuela orlandi

Aveva promesso di non rilasciare dichiarazioni «nel merito dell'inchiesta» finché non saranno concluse le analisi sul flauto che ha fatto ritrovare, ma a denunciare quel che considera un «massacro mediatico» ai suoi danni ci tiene, eccome: «Io sarei l'assassino di Emanuela Orlandi e fors'anche di Mirella Gregori? Ammettiamolo pure. E allora che faccio? Aspetto 30 anni, abbandono il lavoro di fotografo e regista, saluto le persone care e mi presento in tribunale per farmi comminare un ergastolo...».

Il supertestimone Marco Fassoni Accetti aggiunge: «Avevo deciso di raccontare quel che so, compreso il mio ruolo, confidando nel nuovo pontefice e nella coscienza di altre persone che all'epoca parteciparono e che tuttora spero si facciano avanti... Invece vedo che molti partecipano a una manipolazione per non coinvolgere responsabilità ad altri livelli: l'ho già detto ai magistrati, sono tentato di non collaborare più». Sei giorni dopo lo scarto in avanti della Procura, che ha deciso di indagare Fassoni Accetti per sequestro di persona aggravato dalla morte dell'ostaggio, l'inchiesta giudiziaria sulla Vatican connection è tornata di grande attualità.

EMANUELA ORLANDIEMANUELA ORLANDI

Un intrigo complicatissimo. Sul quale il fotografo d'arte, che ha confessato di essere stato uno dei «cinque o sei telefonisti», ha fornito una lettura approfondita. L'indagato ha riferito di aver fatto parte dal 1979 all'83 di un «nucleo di controspionaggio» incaricato di «lavori sporchi» all'ombra del Vaticano, formato da giovani vicini ad ambienti ecclesiali («Io studiai al San Giuseppe De Merode, poi diventai comunista»), da elementi dei servizi (Stasi, deviazioni del Sisde) e da esponenti della Magliana.

EMANUELA ORLANDIEMANUELA ORLANDI

Obiettivo? Condizionare la politica di papa Wojtyla («per tutelare il dialogo con l'Est»), nonché intervenire con attività di dossieraggio («anche su impulso di personalità ecclesiastiche») nell'ambito di contrasti e guerre di potere all'interno delle Mura Leonine.

Due i presunti ricatti emersi finora: premere tramite il sequestro di Emanuela e Mirella per la liberazione di Alì Agca (il quale si sarebbe sdebitato ritrattando le accuse ai bulgari di complicità nell'attentato al papa); sfruttare il clamore planetario della vicenda per mettere all'angolo monsignor Paul Marcinkus, il presidente dello Ior, sulla restituzione dei 400 milioni di dollari del crack Ambrosiano (poi avvenuta nel 1984).

MARCO FASSONI ACCETTIMARCO FASSONI ACCETTI

Fassoni Accetti alcuni riscontri sulla sua conoscenza dei fatti li ha già forniti. Altri sono al vaglio dei magistrati, a partire dalla «materia» che meglio conosce: le telefonate. Il primo uomo misterioso che contattò casa Orlandi il 25 giugno 1983, dicendo di aver incontrato Emanuela a Campo de' Fiori mentre vendeva collanine, «disse di chiamarsi Pierluigi, e non fu un caso - è la versione dell'indagato - Scegliemmo quel nome perché era lo stesso di un alto prelato, oggetto delle nostre attenzioni».

E l'Amerikano, l'uomo che telefonò la prima volta il 5 luglio, promettendo il rilascio di Emanuela in cambio di Agca? La sua voce, registrata dagli Orlandi su suggerimento della polizia, rimbalza da anni anche sul web. E ora Fassoni Accetti rivela: «Quella dell'Amerikano era una parodia di Macioce, un'imitazione».

MARCINKUSMARCINKUS

Così Marcinkus era avvertito. Thomas Macioce, avvocato, presidente della Allied Stores Corporation di New York, nonché Supremo cavaliere di Colombo, la più grande organizzazione cattolica di beneficenza negli Stati Uniti: perché tirarlo in ballo? Che peso e poteri aveva nel torrione dentro le Sacre mura? Ricostruire il contesto non sarà facile. Di certo Macioce diventò consigliere d'amministrazione della banca vaticana nel 1989, quando si chiuse l'era Marcinkus. Ma restò poco ai vertici: morì di leucemia l'anno seguente.

«Cultura anglosassone; livello intellettuale elevatissimo; conoscitore della lingua latina; appartenente, o inserito, nel mondo ecclesiale»: questo è l'identikit che dell'Amerikano fece Vincenzo Parisi, il vicecapo del Sisde. Coincidenze? Quella voce, da 30 anni, rappresenta uno dei misteri più inquietanti, l'inafferrabile enigma, lo snodo principale del giallo. Soluzione vicina?

 

 

 

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