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TI SOTTOMETTE-RAI - LA TV PUBBLICA CHE VUOLE RENZI PREVEDE VERTICI SCELTI DA LUI E PARLAMENTO SPETTATORE - E POI SUPERMANAGER, CDA NON PIÙ ESPRESSO DAI PARTITI, CANONE DIMEZZATO MA PAGATO IN BOLLETTA

Enrico Paoli per “Libero quotidiano”

 

CLERICI RENZI VESPA  CLERICI RENZI VESPA

Giovedì, volendo usare la stessa frase-spot tanto cara al presidente del Consiglio, potrebbe essere «la volta buona». Matteo Renzi, abile manovratore del Minculpop governativo, ha fatto sapere che il Consiglio dei ministri, convocato per quel giorno, si occuperà di scuola e Rai. Della scuola, anzi della cosiddetta «buonascuola», sappiamo tutto o quasi.

 

Della Rai che verrà, invece, s’inizia a intravedere l’ossatura di un impianto di riforma molto renziano, tarato sull’idea dell’uomo solo al comando, con il Pd unico partito ad occuparsi dell’emittente pubblica. Tema che oggi sarà al centro del confronto fra l’uomo di Palazzo Chigi e i deputati piddini che si occupano di Rai. «Idee» che devono superare la prova dei fatti, ma offrono già alcune certezze.

Matteo Renzi Bruno VespaMatteo Renzi Bruno Vespa

 

Per esempio l’ira di Renzi contro Maurizio Gasparri, senatore azzurro e padre della legge che regola l’emittenza pubblica, è legata al fatto che l’esponente berlusconiano gli ha ricordato la centralità del Parlamento rispetto alla Rai. Centralità sancita e ribadita da varie sentenze della Consulta, che il premier vuole stracciare come roba vecchia. Il capo del governo vuole bypassare Camera e Senato e decidere in proprio, formula e nomi. Il che farebbe intuire il ricorso ad un decreto legge.

GASPARRI COME TAXI DRIVERGASPARRI COME TAXI DRIVER

 

Nei piani del presidente del Consiglio c’è la nomina di un supermanager con il ruolo di amministratore delegato nominato dal governo. I nomi che circolano sono quelli di Eleonora «Tinny» Andreatta, direttore di Rai Fiction e figlia dell’ex ministro Beniamino, Franco Bernabè, ex presidente di Telecom Italia, Andrea Guerra, ex Ceo del gruppo Luxottica, Antonella Mansi, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Antonio Campo Dall’Orto, guru televisivo del premier attualmente parcheggiato nel Cda di Poste Italiane.

 

E poi basta con i consiglieri d’amministrazione espressi dai partiti, canone dimezzato a 65 euro ma pagato con la bolletta elettrica e dunque indipendentemente dal possesso o meno di televisori. Insomma, una vera rivoluzione, ma senza i rivoluzionari. Basta la penna del premier, stando alle anticipazioni del quotidiano La Repubblica, che ora deve affrontare la prova del Consiglio dei ministri.

annamaria tarantola e maria latellaannamaria tarantola e maria latella

 

E se il decreto non dovesse far breccia c’è sempre la soluzione del disegno di legge, anticipato dalle solite «linee guida». Se questo piano dovesse essere confermato, per Renzi si tratterebbe di un ritorno alla normalità, «al codice civile», dato che il ministero del Tesoro è l’azionista pressoché unico (detiene il il 99,56% delle azioni della Rai, il resto è della Siae).

 

Ma a differenza delle altre aziende non esprime attualmente un amministratore delegato, bensì un direttore generale che deve condividere molti poteri con un consiglio d’amministrazione di 9 membri, sette dei quali nominati dalla Commissione Parlamentare di vigilanza e due dal Tesoro.

 

luigi gubitosi con moglieluigi gubitosi con moglie

Questo in base alla legge Gasparri del 2004. Ma è dal 1971 che alla Rai non c’è più un Ad (l’ultimo fu Luciano Paolicchi). L’era dei direttori generali come capo-azienda si è aperta con Ettore Bernabei ed è arrivata fino ad oggi con Luigi Gubitosi. Ma chi nominerebbe il Cda? In base al codice civile evocato da Renzi dovrebbe essere sempre l’azionista Tesoro, il che consegnerebbe interamente viale Mazzini al governo in carica.

 

RAI di viale Mazzini RAI di viale Mazzini

Il Parlamento avrebbe un potere generico di controllo, oppure potrebbe nominare un Consiglio di sorveglianza, il quale a sua volta sceglierebbe i consiglieri d’amministrazione, ridotti a cinque. Una delle ipotesi è che questa scelta venga fatta con il meccanismo previsto per il Csm e la Corte costituzionale, cioè a camere riunite. Ipotesi macchinosa - basta ricordare il caso della Consulta, dove manca ancora il giudice di nomina parlamentare - mentre i partiti usciti dalla porta rientrerebbero dalla finestra.

 

Le «idee» del premier, però, non piacciano ad una fetta della maggioranza, a partire dal Ncd di Angelino Alfano, e non trovano il consenso del Movimento 5 stelle. Segno che le aperture dei giorni scorsi fatte da Renzi ai grillini e viceversa erano solo tattica. In fondo a Renzi piace solo piacere a se stesso. Soprattutto quando deve andare in tv...

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