TREMONTI RISPONDE ALLA GABANELLI: “I DERIVATI SONO APPARSI IN ITALIA NEGLI ANNI '90, TUTTI ANNI DOMINATI DAL CENTROSINISTRA”

Lettera di Giulio Tremonti al Corriere della Sera

Caro direttore,
ho letto l'articolo di Milena Gabanelli pubblicato ieri sul «Corriere» sotto il titolo «La finanza che danneggia i cittadini e l'assenza di regole per i derivati. E adesso Tremonti presenta un disegno di legge antispeculazione». Grato per l'attenzione, noto quanto segue:

A) i derivati sono apparsi in Italia e si sono diffusi su scala crescente ed in forma anarchica negli anni '90, tutti anni dominati dal centrosinistra (esclusi otto mesi, nel 1994). Si ricorderà ad esempio, a proposito di finanziamento via derivati, la magica stagione del «rinascimento napoletano».

All'opposto di quanto scritto da Gabanelli, sono stato io, come ministro, prima a disciplinare i derivati degli enti locali (art.41, Legge finanziaria n. 448/2001) e poi a vietarli (art.3 Legge finanziaria n. 203/2008). In specie questa norma introduceva un (prima inesistente) espresso divieto di sottoscrivere contratti in derivati. Si ipotizzava, in senso permissivo, in deroga rispetto al generale divieto, un Regolamento ministeriale che disciplinasse la materia. Regolamento permissivo che tuttavia non ho mai emanato. Era infatti sempre più chiaro che vietare del tutto i derivati, come nel principio della legge, era molto più sicuro che permetterli, basandoli su incredibili «scenari probabilistici».

Sui derivati «nazionali», sempre fatti negli anni '90, nella forma di una «cambiale per l'euro» - questa fu la matrice di tutti i derivati - è forse meglio indirizzare altrove le ricerche;

B) la mia recente proposta di legge sui derivati (Atto Senato 945) è combinata con la parallela precedente proposta di legge sulla «separazione bancaria» (Atto Senato 717). Se, come banca, raccogli il pubblico risparmio, lo puoi usare solo per finanziamenti produttivi: per finanziamenti alle imprese, alle famiglie, alle comunità, etc. Se invece vuoi speculare, sei libero di farlo, ma a tuo proprio rischio e pericolo.

Il modello base di questa proposta, certo non un modello «pro» speculazione, è quello della legge «Glass Steagall», introdotta dal Presidente Roosevelt nel 1933 ed abrogata dal Presidente Clinton alla fine degli anni '90. E poi ancora il modello della legge bancaria italiana dal 1936, pure simmetricamente abrogata negli anni '90. Diversamente da quanto scrive Gabanelli, gli effetti delle due proposte non sono «pro», ma all'opposto «contro» la speculazione finanziaria.

In specie, l'obbligo di contabilizzare i risultati dei derivati solo alla scadenza blocca in radice la convenienza al loro uso distorto e/o tossico, così i derivati non potendo più essere usati come strumento per la fittizia ed anticipata creazione di «valore» (sic)! È così che si vanifica all'origine l'interesse a fare finanza derivata e/o deviata. A mio parere la norma funziona a 360 gradi: se non c'è la prospettiva di profitto da una parte, non c'è infatti neppure rischio di perdita dall'altra. Ferme in ogni caso e non derogate le generali regole di prudenza contabile.

Se Gabanelli mi convince tecnicamente, posso comunque emendare la mia proposta, prevedendo che le perdite non solo si segnalano nella «Nota integrativa», ma anche si contabilizzano in bilancio. Ma solo le perdite, non i profitti, questi assolutamente no! Secondo Gabanelli il mio «Disegno di legge (in realtà solo una proposta, non un disegno) andrà in discussione con la riapertura dei lavori parlamentari». Magari! In realtà non se ne discuterà affatto, in Parlamento, dato che questo è impegnato su altro. Ma almeno se ne discute sul «Corriere». Ed è anche per questo che ringrazio per l'ospitalità.

 

 

Giulio Tremonti Giulio Tremonti milena gabanelli Tremonti Giulio GABANELLI CON IL GESSODERIVATI

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