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TUTTI AL VOTO! ANZI NO - SULLE AMMINISTRATIVE INCOMBE IL RISCHIO ASTENSIONE - SONO CHIAMATI ALLE URNE 13 MILIONI DI CITTADINI MA LA DISAFFEZIONE VERSO LA POLITICA PUO’ TENERE A CASA MOLTA GENTE - I SONDAGGISTI: “PESA IL TASSO DI RANCOROSITÀ SOCIALE”

Carmelo Lopapa per “la Repubblica”

 

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Le hanno provate tutte, i candidati sindaci e l' esercito di aspiranti consiglieri, pur di trascinare oggi al voto almeno buona parte dei 13.316.379 elettori dei 1.342 Comuni che in tutta Italia vanno al rinnovo. Venticinque capoluoghi, cinque tra le più grandi città del Paese, Roma e Milano su tutte. Nella Capitale lo scontro di punta. Sarebbero chiamati all' appello anche 18.318 diciottenni. Ma quanti di loro si presenteranno al seggio tra le 7 e le 23 di oggi?

 

L' astensionismo è la grande incognita, che gli studiosi tutti definiscono oramai trasversale. Un tempo penalizzava solo la destra, non è più così, in una tornata che segna come mai in passato la fuga della politica, le sigle tradizionali sparite in due Comuni su tre. Complice quella che Roberto Saviano ha definito «la resa delle istituzioni» e della politica stessa, ma anche la disaffezione generalizzata e crescente.

 

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Sta di fatto che, come scriveva ieri l' Osservatore Romano, «il massiccio astensionismo sembra essere uno dei pochi dati certi di questa consultazione », che giunge al termine di una campagna che, «fatta qualche eccezione, è stata piuttosto incolore» sentenzia il quotidiano della Santa Sede. Del resto è il trend conclamato anche secondo politologi e sondaggisti. Restano da indagare le ragioni profonde del malessere, del quale la crisi economica costituisce solo una delle spiegazioni possibili. Forse davvero molto dipende da quel che il presidente dell' istituto Ixè Roberto Weber definisce il «tasso di rancorosità sociale» diffuso nel Paese.

 

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Alla domanda "ritieni di aver dato al Paese più di quanto hai avuto", spiega, «fino a qualche anno rispondeva sì il 40 per cento, oggi la percentuale tocca il 65». Due elettori su tre appartengono proprio a quella categoria dei "rancorosi" e buona parte di loro sarebbe intenzionata a trasformare la rabbia in "non voto".

 

E mentre in passato si poteva inserire la categoria degli astensionisti nelle caselle "anziani", "donne" e Sud", continua Weber, oggi è tutto più «trasversale e confuso ». Perché ampio è il ventaglio di popolazione «sofferente sotto il profilo economico e dunque insofferente sotto quello politico». Una tagliola che secondo gli studiosi incombe anche su partiti a spiccata vocazione populista come Lega e M5S.

 

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Forse pesa non poco anche l' innalzamento dell' età media di coloro che rispondono alla convocazione ai seggi. «È stata di 54 anni alle ultime primarie Pd», ricorda Antonio Noto che presiede Ipr Marketing e che, se costretto a una previsione, stimerebbe l' affluenza di oggi tra il 58 e il 60 per cento, comunque meglio del 54 delle regionali dell' anno scorso. «Quando nel '97 l' affluenza è scesa al 67 per cento divenne un caso nazionale ». Sembra un secolo fa.

 

«In questo scenario elettorale, per paradosso, il proliferare di liste civiche non corrisponde a un maggior desiderio di coinvolgimento del cittadino comune, in grado di trainare l' affluenza - spiega ancora Noto - Tutt' altro: quelle sigle sono espressione di singoli politici locali, veri e propri ras, che vogliono testare la loro forza, pesarsi in vista dell' Italicum, per conquistare posti di prestigio quando saranno stilate le liste per le politiche. Più che un avanzamento della democrazia, una sua distorsione: vedrete infatti che da Cosenza a Roma, dove le civiche spadroneggiano, l' affluenza non ne beneficerà affatto».

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Dunque astensionismo «assolutamente trasversale» prevede anche Pietro Vento di Demopolis. «Un tempo si sarebbe detto che avrebbe penalizzato il centrodestra, oggi non è più così. Inciderà su Roma e sul Mezzogiorno più che altrove» dice. Con picco proprio nella Capitale, «dove minaccia di non votare oltre un milione dei 2,3 milioni di elettori». Quasi la metà. Le ragioni del non voto? «Oltre un terzo dei potenziali astensionisti attribuisce la propria scelta a sfiducia e delusione verso i partiti e i candidati».

 

C' è anche il fatto che la campagna elettorale «è stata meno sentita rispetto alle altre - è l' opinione di Renato Mannhaimer - con un coinvolgimento dei cittadini inferiore a un tempo e su temi di politica generale anziché sulle città, addirittura mesconado il referendum con le amministrative».

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Che il pericolo sia trasversale e avvertito come tale lo si intuisce dalle contromosse di leader e partiti. Silvio Berlusconi ha fatto diffondere anche via social nelle ultime ore il suo appello finale al voto lanciato su Whatsapp, proprio a caccia degli under 40. Luigi Di Maio ha messo le mani avanti, nel suo ultimo intervento: «È stato scelto dal governo un week end strategico che è un invito all' astensione », con riferimento alla prossimità col 2 giugno.

 

«Queste amministrative saranno un banco di prova anche per verificare se prosegue la crescita dell' astensionismo - spiega il senatore pd Federico Fornaro, area Bersani, appassionato di statistica - Nei 25 capoluoghi, alle precedenti consultazioni votò solo il 61,2 per cento, fenomeno esploso poi alle regionali del 2014 e del 2015».

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Tutto lascia intendere che oggi non andrà molto meglio.

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