La polizia cerca di capire quanto peso abbia avuto il rapporto di lavoro con la vittima, ma è certo che Yassin ha fatto di tutto per ammantare il suo gesto di significati “politici” pro-Isis. Si dice che esista anche un video della decapitazione, ma nessuno l’ha visto. Marine Le Pen chiede espulsioni di massa, ma i terroristi finora sono tutti cittadini francesi… -

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Cesare Martinetti per “La Stampa

 

 

DECAPITAZIONE LIONE DECAPITAZIONE LIONE

Uno arriva in questo quartierino Hlm (case popolari) e sa già che sarà il solito déjà-vu. Tutto è pulito, ordinato, ci sono i bambini che giocano a pallone con i fratelli più grandi, ci sono le mamme, le nonne, le zie di questa Francia musulmana che ti guardano con l’aria costernata e dicono che l’islam è pace e amore, non «questo». 

 

C’è come sempre la sceneggiata della più emotiva, una «tunisina» che va davanti alle telecamere, si china avendo cura di tenere il velo sul capo, prende una manciata di ghiaia e se la mette in bocca per dire che lei ama la Francia e se la mangia.
Ringrazia la Francia, piange per la Francia. E naturalmente, per la Tunisia: «Basta, arabi, arretez!»

 

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Dall’appartamento al piano terreno di questo piccolo condominio al 43 di rue De Vigny, a due passi dal municipio di Saint-Priest dove a metà pomeriggio la polizia sta lavorando da ore, ieri alle 7,05 del mattino è uscito un uomo con un coltello con il quale avrebbe compiuto la prima decapitazione di un francese in Francia compiuta per opera di un islamista. L’ultima volta della ghigliottina repubblicana era il 1977, l’ultimo condannato a morte un tunisino di 31 anni. Il morto adesso è un francese di 55 anni per mano di un musulmano, con papà algerino e mamma marocchina. Così la storia si capovolge.

 

Qui davanti al numero 43 di rue De Vigny, in queste case popolari dove pure l’affitto non è dei più popolari (800 euro al mese per tre stanze e servizi) si compie il nuovo tragico paradosso francese. Ascolti i vicini parlare di Yassin Salih e sembra di sentire i vicini dei fratelli Kouachi, quelli che il 7 gennaio hanno massacrato dodici persone nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi. O anche quelli di Amedy Coulibaly, che il giorno dopo voleva assaltare da solo la scuola ebraica di Montrouge per vendicare i bambini di Gaza. 

 

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Bloccato da una stagista vigile urbano - che ha ucciso - il giorno dopo è ricomparso nel supermercato kasher di Porte de Vincennes e ha fulminato a freddo quattro ebrei.
Tutti conosciuti dalla police; tutti segnalati, schedati, tenuti per un po’ sotto controllo. E poi scomparsi nel nulla e mimetizzatisi in queste periferie che non sono le sgangherate banlieues che Sarkozy voleva ripulire dalla «feccia» con il «karcher», la pompa degli spazzini di Parigi. 

 

Anche Yassin era stato schedato come vicino ai «salafisti». Un profilo però molto più appartato rispetto, per esempio, a Mohamed Merah, che nel 2012 ha ucciso sette persone tra cui tre bambini ebrei. Molto più simile a quello del presunto kamikaze che avrebbe provocato l’esplosione della fabbrica chimica AZF di Tolosa. Erano passati pochi giorni dall’11 settembre e fu l’attentato più misterioso. Tra i 31 corpi delle vittime fu trovato anche quello di un operaio musulmano a contratto che era in contatto con movimenti radicali.

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  Che sia stato lui davvero il kamikaze è rimasta un’ipotesi legata al fatto che era abbigliato come per un sacrificio rituale, comprese cinque paia di mutande.

 

Ma questo Yassin voleva far esplodere la fabbrica chimica di Saint-Quentin come l’AZF? Di sicuro con il suo attentato solitario ha compiuto un salto di qualità: se Charlie Hebdo era stato rappresentato dai media come l’11 settembre di Parigi per l’effetto simbolico, questa decapitazione avvicina come mai era accaduto la Francia alla campagna terroristica delle decapitazioni compiute nei mesi scorsi dai boia del Califfo in Siria e Iraq. 

 

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Non manca nemmeno il tentativo di messinscena propagandistica con la testa collocata in vista sulla cancellata che circonda l’azienda e le due bandiere islamiche. Si dice che esista un video ma se esiste nessuno l’ha visto. Lui di sicuro non ha avuto il tempo di diffonderlo.
E ora? 

 

Hollande è rientrato di corsa da Bruxelles per presiedere un Consiglio di sicurezza (di guerra?) all’Eliseo. Il primo ministro Manuel Valls ha partecipato via teleconferenza da Bogotà dove era in visita; e subito dopo ha ripreso l’aereo per Parigi. Ma non siamo al 7 gennaio quando i parigini si ritrovarono istintivamente in place della République con le matite in mano per commemorare i vignettisti di Charlie e insieme difendere quell’idea di libertà che va insieme all’idea della Francia. 

 

I fratelli Kouachi avevano scelto un bersaglio simbolico e hanno ottenuto una risposta simbolica con la straordinaria mobilitazione dell’11 gennaio. Ma davanti a questa feroce e macabra decapitazione cosa si può fare? Si poteva bloccare questo Yassin? Era stato segnalato come sospetto e sorvegliato per un paio di anni, tra il 2006 e il 2008. Poi? Mica si possono sorvegliare tutti. 

 

Silenziosamente la Francia ha già cambiato i suoi parametri di sicurezza su intercettazioni telefoniche e controllo della Rete Internet. L’ultima misura, molto discussa proprio nei giorni scorsi, è stata la possibilità data alla police di controllare gli stranieri praticamente senza limiti.

 

Ieri Marine Le Pen, che ormai dà il tono delle paure nazionali, ha chiesto misure eccezionali: controllo dei sermoni nelle sale di preghiera e nelle moschee, espulsioni di massa. Ma Yassin, come i Merah, i Kouachi, i Coulibaly sono francesi. È questo il vero incubo che si è rimaterializzato ieri come un déjà-vu in questo scampolo di banlieue lionese. E comincia un’altra storia.
Twitter @cesmartinetti

 

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