LA VENEZIA DEI GIUSTI - ECCOLA, LA ROMA DI ZORO AI TEMPI DI ALEMANNO E TREDICINE: “ARANCE & MARTELLO” DI DIEGO BIANCHI È AMBIENTATO NEL 2011 MA SEMBRA LONTANISSIMO. INIZIO DIVERTENTE, FINALE PESANTE

Non fosse per Totti e Ilaria Spada, “bella, brava, studiosa e… fregna!”, la Roma di Alemanno e Berlusconi al governo è più lontana di quella dei peplum - La sezione Pd di Roma Est, il mercato rionale, un partito pre-Renzi ancora bersaniano. Pieno di buone intenzioni, ritratti divertenti, idee, ma non dotato di una struttura da film...

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Marco Giusti per Dagospia

 

arance e martello ilaria spada arance e martello ilaria spada

Venezia 71. Eccola la Roma dei tempi di Alemanno e di Tredicine. La sezione del Pd di Roma Est. Il mercato del rione che sta per chiudere e la gente si incazza. Il referendum per le dimissioni da Presidente del Consiglio di Berlusconi. La giornata più calda degli ultimi 150 anni. La Roma del 2011 che Zoro, alias Diego Bianchi, già star di Gazebo ci mostra nel suo primo film da regista e interprete sempre in calzoni corti e ciavatte, “Arance&Martello”, è più lontana da noi di quella dei peplum di Carmine Gallone.

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Non fosse per il Capitano, “fra 200 anni Totti verrà riscoperto come uno di quei grandi filosofi…”, non fosse per la presenza conturbante di Ilaria Spada, “bella, brava, studiosa e… fregna!”, è incredibile come l’arrivo di Grillo e Renzi abbia del tutto cancellato e spostato nel tempo il 2011 di Alemanno sindaco e Berlusconi Presidente del Consiglio, il dibattito interno nel Pd pre-Renzi e ancora bersaniano. Più per i lunghi tempi del cinema che per una precisa scelta, il film di Zoro ci  mostra il rudere della Roma del 2011, che certo è un bel tuffo nel passato.

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E comunque il momento dell’arrivo di Alemanno sindaco, uno strepitoso Giorgio Tirabassi, e del suo assessore Tredicine, qui ribattezzato Quattordicine, a Roma Est fa davvero effetto. Ma è stato davvero possibile? La storia segue la rivolta di fruttaroli, pescivendoli, ambulanti vari di Roma Est quando scoprono che il sindaco ha deciso di chiudere il mercato. Nemmeno fossero i fruttaroli di “Campo de Fiori” nella versione Aldo Fabrizi. Prima chiedono ai titolari della sezione del PD, la coppia scojonatissima Francesco Aquaroli e Antonella Attili, un aiuto concreto.

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Ma poi, quando scoprono che anche quella piccola sezione del PD è titubante e, dopo un mini-referendum infruttuoso, la risposta è di aspettare e capire, decidono per l’azione violenta. Così i bottegai del mercato occupano la sezione e prendono un gruppetto di piddiini in ostaggio fino all’arrivo del sindaco e poi della polizia.

 

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Zoro, interpretando proprio il suo personaggio, più o meno, con telecamerina e ciavette, testimonia il tutto filmando prima quello che doveva essere un documentario sul mercato, poi le ragioni della rivolta, poi la discussione teorica della sezione e infine l’irruzione della polizia. Il suo momento verità di fronte alla macchina è notevole.

 

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 Sulla carta tutto bene. Gli attori, abbastanza inediti, anche se ci sono caratteristi eccellenti come il grande Stefano Altieri, il nuovo Bombolo romano, come vecchio militante, Nicola Pistoia come pizzicarolo e la bella Margherita Vicario come pesciarola, ce la mettono tutta. Il problema, anzi i problemi sono altri. Uno il linguaggio. Zoro ha girato decine e decine di docu-verità in giro per le sezioni e nella Roma degli ultimi anni, ma con gente vera, che ci sta a farsi riprendere, ma non interpreta dei personaggi.

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In questo caso gli attori devono interpretare i modelli realistici del mondo di Zoro&Gazebo come fosse il film di Rolando Ravello “Tutti contro tutti”, che ha un po’ lo stesso stile di realismo Fandango. E qualcosa non torna. Non capisci dove sei. Secondo: la storia. Fino a quando seguiamo il teatrino del mercato e dei personaggi nei singoli habitat ti fai quattro risate. Fanno ridere la coppia di vecchi militanti scazzati, i vecchietti al bar, anche i venditori del mercato.

 

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Ma quando l’azione si sposta e si chiude nella sezione del PD e il film diventa una sorta di commedia in un ambiente chiuso, c’è meno divertimento e la scrittura si fa più pesante. Pieno di buone intenzioni, pieno di ritratti divertenti, pieno di idee, ma non dotato di una struttura da lungometraggio, il film si perde così in zone di già visto che Zoro e i suoi attori si sarebbero potuti risparmiare, lasciandosi dietro l’allegria della prima parte. Peccato. Aspettiamo il secondo film, magari ambientato nella Roma e nel PD di oggi. Anche in sala da oggi. 60 copie.

 

 

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