ANDERSHOW! DA OGGETTO MISTERIOSO A NUOVO FENOMENO: LA BELLEZZA INASPETTATA DI FELIPE ANDERSON CHE CON LE SUE MAGIE FA VOLARE LA BRASI-LAZIO - L’INFANZIA POVERA, IL PADRE IN GALERA E I CONSIGLI DI KLOSE -

Portato a Roma per 9 milioni, una cifra che sembrava una follia fino a 3 mesi fa, Anderson è esploso con l’identica naturalezza con cui ieri pomeriggio a Reggio Emilia, ha addomesticato la palla ai 20 metri con una semplicità da prestigiatore prima di spararla all’incrocio dei pali: l'ultima delle sei perle regalate in campionato in appena un mese e mezzo...

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Giuseppe Toti per il “Corriere della Sera”

 

FELIPE ANDERSON 2 FELIPE ANDERSON 2

I vent’anni non saranno l’età più bella della vita, come scriveva Paul Nizan, ma provate a dirglielo oggi, a Felipe Anderson. Provate a convincerlo. Sarebbe forse complicato quasi quanto capire cosa cambia nella testa di un ragazzo così, da un anno all’altro. Da un mese all’altro. Com’è successo a lui. A Felipe. Questo brasiliano che pare triste e dall’aria smarrita, inaspettato bagliore della Lazio di Stefano Pioli consacrato al grande calcio dopo una stagione di astratti furori e incomprensibili timidezze. 
 

Ventidue anni fra quaranta giorni, figlio di un club leggendario come il Santos, quello di Pelé, portato a Roma per una cifra che sembrava una follia — quasi 9 milioni — fino a tre mesi fa, Felipe Anderson improvvisamente è esploso con l’identica naturalezza con cui ieri pomeriggio a Reggio Emilia, contro il Sassuolo, ha addomesticato la palla ai venti metri, mettendola a terra con una semplicità da prestigiatore, prima di calciarla con il destro, a giro, dritta dritta all’incrocio dei pali.

 

FELIPE ANDERSON FELIPE ANDERSON

L’ultima delle perle, la sesta in campionato, regalate peraltro in un mese e mezzo appena. Perché tra il suo primo gol in serie A, timbrato il 7 dicembre scorso, e la meraviglia di ieri ci sono persino 45 giorni di stop per un infortunio muscolare. 
 

Numeri che fanno rumore per uno che forse non sa - e forse neanche si chiede - che cosa gli sia scattato dentro. Quale interruttore, quale guizzo strano dell’anima, quale molla dormiente. Ma forse è proprio qui che sta la bellezza dei vent’anni - perché una bellezza, anche per quell’età, da qualche parte deve esistere - , la bellezza e la forza che da essa deriva,capace di trascinarti oltre la tragedia di un padre in galera, in Brasile, accusato di duplice omicidio. 
 

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Perché anche «Pipe» ha una storia infame alle spalle, come molti brasiliani. Un’infanzia di miseria e di pranzi e cene messi insieme con difficoltà («La mia vita è stata dura, non avevamo un soldo in tasca, ci aiutavano i nostri amici poveri») alleviata dal sogno di sfangarla col pallone tra i piedi. Roma adesso pare il mondo nuovo, il posto giusto in cui nascere una seconda volta: con Camila, la fidanzata storica, con gli amici Keita e Perea, con i consigli di Klose. E lasciandosi catturare da quel che resta della magia antica di questa città. Avere vent’anni, non è poi tanto male. 

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