Marco Mensurati per “la Repubblica”
Dopo le prime tre sessioni di test, il verdetto, il primo minimamente attendibile di questa stagione, vuole la Mercedes un secondo netto davanti a Ferrari e Williams. Si tratta di un dato riservato e non ufficiale, ricavato dai tecnici dei team nell’unico modo attualmente possibile:
interpretando i tempi di questi ultimi giorni attraverso quelli registrati nella scorsa primavera durante la sessione di test “ in season” subito dopo il gp di Spagna, quando Hamilton strappò la pole fermando il cronometro 1’’ e 9 prima di Raikkonen e in gara procedendo a un passo di circa un 1’’ e 5 più veloce. Stesso circuito, stesse gomme, stesse temperature (più o meno), stessa umidità.
Alla fine, il risultato di questa analisi, racconta di una Ferrari e di una Williams che hanno migliorato il proprio crono di due secondi e di una Mercedes che è cresciuta di un secondo e quattro decimi. Non pervenute, invece, la Red Bull che ha fatto un lavoro troppo diverso da quello dei test di riferimento, e la McLaren Honda ancora a caccia di se stessa.
Insomma, rispetto al 2014, il recupero stimato delle inseguitrici (Ferrari e Williams) sulla prima della classe, sempre secondo lo studio che ieri sera circolava di motorhhome in motorhome, sarebbe di circa mezzo secondo-sei decimi. Ora, va chiarito che si tratta comunque solo di speculazioni. Anche perché non è chiaro che tipo di lavoro abbia fatto la Mercedes.
E se è ipotizzabile che Williams e Ferrari abbiano prodotto il massimo sforzo per “prendere” la concorrenza, non è affatto detto che la Mercedes abbia deciso per una configurazione altrettanto estrema. In fondo gli anglo-tedeschi potrebbero accontentarsi di arrivare al debutto della stagione (Melbourne, il 15 marzo) con “solo” un secondo di vantaggio senza però stressare troppo il motore. Il sospetto in sostanza è che i campioni del mondo stiano gestendo la potenza a disposizione modulandola in modo tale da avere garantita la massima affidabilità possibile.
La soddisfazione in casa Ferrari è comunque molta. In attesa di capire a che punto sia la Red Bull - vero mistero di questo avvio di stagione - a Maranello si compiacciono di una macchina che pare comportarsi bene.
Un clima rilassato che consente a Sergio Marchionne la distrazione, altrimenti impossibile, di proseguire nella sua ormai epica battaglia contro Luca Montezemolo e il suo fantasma olimpico che continua ad aggirarsi per Maranello. Il terreno dello scontro è sempre il solito, la presidenza della F1Group - la società che governa il circus - poltrona per la quale l’ex n. 1 Ferrari è da mesi in pole position senza però poterla mai afferrare per via della strenua resistenza di Sergio Marchionne, che proprio non ne vuole sapere.
MONTEZEMOLO E MARCHIONNE ALLA FERRARI
Marzo potrebbe essere il mese decisivo. Ci sarà un cda e allora il duello tra il passato e il presente della Ferrari - che a dicembre fu cruento e a suo modo spettacolare - andrà in replica. A differenza di allora, Montezemolo può contare oggi su qualche alleato in più. Oltre a Ecclestone che ha già dato il suo ok, si sono schierati con lui Tronchetti Provera (Pirelli) e il board dell’autodromo di Monza, che teme di fare la fine della Germania e si sentirebbe tutelato da una presidenza del circus made in Italy.
Ma Ecclestone è il re del doppio gioco. E quanto agli altri, si sa che gli italiani in F1 non contano nulla. Tranne quelli vestiti di rosso. E al momento quelli vestiti di rosso mostrano il pollice verso. Alla fine sarà decisiva la volontà di Donald McKenzie, il grande capo Cvc, il fondo che controlla F1Group, e la sua eventuale disponibilità a scontentare Marchionne. A meno che non sia lo stesso Marchionne a ripensarci. Ma l’eventualità è remota.
Sergio Marchionne e Luca di Montezemolo