ESSERE JOHN MCENROE - “REAGAN MI INVITÒ ALLA CASA BIANCA. QUANDO MI VIDE CHIESE ALLA MOGLIE: “QUESTO È IL GOLFISTA?” - “FEDERER? CON LE RACCHETTE DI LEGNO, VINCO IO”

John McEnroe a “Che tempo che fa”: “L’avversario che ho ammirato di più? Borg. Sembrava un dio vichingo. E poi era più figo di me. La finale del 1980 a Wimbledon contro di lui è stata una grande lezione: mi ha fatto diventare un tennista migliore. Anche se sono ancora un po’ incazzato per come è andata a finire”…

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1. IL MIO CARISSIMO MAC FINALMENTE SIMPATICO

Gianni Clerici per “la Repubblica

 

mcenroe Che tempo che fa mcenroe Che tempo che fa

Grazie alla cortesia di Fabio Fazio ho ottenuto un posto di proscenio a Che Tempo che fa, nella serata in cui era intervistato John McEnroe. Più di un amico mi ha chiesto come mai non profittassi dell’invito di giornalista, per ammirare Mac e i suoi coetanei, Chang, Lendl e Ivanisevic, impegnati a Milano in un torneo esibizione, e ho sinceramente risposto che rivederli in campo mi avrebbe fatto la stessa tristezza che avevo provato nel vedere la prima ballerina Carla Fracci, e altri idoli, sommersi dall’età.

 

Non mi sono per altro del tutto stupito nell’osservare il teatro televisivo pienissimo, e mi sono detto che se abbiamo gli anni dell’Ex rivediamo in lui i ricordi della nostra giovinezza, se siamo giovani riusciamo a immaginare come fosse, anche grazie ai filmati, e alle storie che abbiamo letto, o che stiamo leggendo, quella di Mac appena ripubblicata da Piemme, con il titolo Sul Serio, un siparietto che anche Fazio ci avrebbe mostrato, con le immagini di un Mac che si avventava a un arbitro, mentre l’attuale Mac ci spiegava che suo papà avvocato gli aveva raccomandato di lasciar stare gli arbitri, avventarsi ai quali era come se un avvocato attaccasse il giudice, e addirittura sputare poteva condurre in cella.

john mcenroe john mcenroe

 

Il Mac cinquantacinquenne visto a Milano, bianchissimo di capelli e elegante in un completo grigio, era molto diverso da quello dei miei ricordi di spettatore professionista. Migliore? Vorrebbe forse sapere l’aficionado. Certo diverso, nel ricordarci che «a diciottanni ancora non capivo come fosse il mondo» e che «avere figli (5, da due diversi matrimoni, con Tatum O’Neil e Patty Smyth) mi ha reso più umile, in modo che la mia vita è più bella ora».

 

Di se stesso campione, del suo comportamento spesso criticato, che lo portò ad essere il primo anche nella squalifica di un tennista professionista, all’Australian Open, Mac ci ha dato una spiegazione «Mi sentivo solo», e al perché di Fazio, reiterava «Ti senti nudo, e sei nudo di fronte a una folla di psichiatri che non ti capiscono. Avevo paura, in campo, ma non volevo dimostrare la mia paura, e allora era meglio reagire urlando che piangere».

McEnroe McEnroe

 

In seguito a molte critiche, che avevano spinto qualche lettore a ritenermi nemico di Mac, dopo che i nostri rapporti son diventati amichevoli grazie ad una comune ammissione alla Hall of Fame, non potevo non ricordare a me stesso la drammaticità di un gioco che ci costringe soli, di fronte a diecimila persone, spesso in una condizione fisica di profonda fatica, di disagio, di disaccordo con noi stessi, addirittura di uno smarrimento di autostima, di un autogiudizio negativo.

 

E ho creduto di capire, meglio di quanto non fossi riuscito nel vederlo nei suo sette Slam vinti o in quelli perduti, che le reazioni verso i giudici, verso un malcapitato raccattapalle, verso quell’accessorio di sé che è la racchetta, altro non fossero che dialoghi negativi, spesso disperati, di un giovanotto che una mano sensibilissima aveva spinto allo sport, così come alla musica un pianista.

gianni clerici gianni clerici

 

Ma, per chi non abbia assistito, ieri sera, a Che tempo che fa, par giusto riassumere qualche brano, per primo quello del più famoso tie-break sin qui giocato, il 18-16 della finale del 1980 a Wimbledon contro Borg, in cui Mac salvò sette match point, per poi perdere al quinto set. «La partita che mi rese famoso, famoso per una sconfitta» ha commentato Mac, per aggiungere «dopo quel match, Borg mi fece diventare un tennista migliore. E non ho potuto non capirlo, non ammirare la sua forza di volontà, il suo cuore». Ci ha anche parlato di sé telecronista, ed ha ammesso di essere molto lontano dagli ascolti di Fazio, in una trasmissione fallita per aver ottenuto lo 0,2%, grazie alla affezionata e ripetuta presenza di Papà e Mamma.

 

Chang Chang

Un simile Mac autoironico ci ha raccontato altro, ad esempio la volta in cui sua mamma Kathy lo convinse ad accettare l’invito del Presidente alla Casa Bianca, per sentir Reagan chiedere alla moglie Nancy: «È lui il giocatore di golf che devo vedere?». Mac ha poi risposto con una risata all’evidente riferimento ad Andrè Agassi, quando Fabio gli ha domandato se non avesse mai odiato il tennis. Una risata che gli ha probabilmente evitato di farci sapere che la biografia del suo giovane epigono è stata brillantemente inventata da un ottimo e bugiardo biografo quale Moehringer.

 

Mac ha concluso con parole di affetto per il suo vecchio partner, Peter Fleming, che giunse ad affermare «Il miglior doppio è fatto da John McEnroe insieme a qualunque altro tennista». Una gran serata, insomma, resa ancor più affascinante dal ritrovarmi seduto, e per un’ora, fianco a Filippa Lagerback. Non accade a tutti, amici aficionados.

 

Lendl Lendl

 

2. YOU CANNOT BE SERIOUS, FAZIO

Francesco Persili per Dagospia

 

Metti una sera John McEnroe di fronte a Fazio. «You cannot be serious», Fabio. Con l’artista del tennis si inizia sempre dalla frase stracult che urlò a Wimbledon nel 1981 a un giudice di sedia: «L’ho detto una volta nella mia vita, adesso me la ripetono ogni giorno», scherza l’ex campione che dopo aver incantato il Forum di Assago sfidando i suoi rivali di un tempo nel Champions Atp Tour chiude le sue giornate milanesi a “Che tempo che fa”.

 

Quel tormentone pop, che è anche il titolo della sua autobiografia, ha contribuito a forgiare il mito McEnroe ancora oggi tra i tennisti più popolari per il suo stile. Quell’inimitabile modo di stare in campo fatto di variazioni di colpi e sense of humour, intelligenza agonistica e sfuriate contro arbitri, giudici, raccattapalle, avversari, tecnici della tv, aerei e uccelli di passaggio, ha definitivamente archiviato il tennis delle buone maniere.

Ivanisevic goran Ivanisevic goran

 

«Volevo far diventare il nostro sport popolare come il calcio.  Avrei potuto far meglio per rendere accessibile a tutti il tennis che oggi resta ancora uno sport d’élite e troppo costoso».

 

A differenza dello showman Djokovic che da Fiorello aveva anche improvvisato una partita con il mattatore siciliano con le padelle al posto delle racchette, McEnroe resta seduto ma le risposte sono da fuoriclasse. «Il tie break contro Borg a Wimbledon nel 1980? Ho annullato sette match point ma nessuno ricorda che quella partita l’ho persa».

 

Il tennista americano ha vinto sette Slam (tre Wimbledon e quattro Us Open) e 5 volte la Coppa Davis. E vale la pena ricordare quello che disse il suo compagno di doppio Peter Fleming: «La coppia più forte? McEnroe e chiunque». A differenza di André Agassi Super Mac non ha mai odiato il tennis: «Forse quando perdi, non ti piace. Ma se vinci tanto, come è capitato a me, ti accorgi che è bellissimo». Gioco-partita-incontro.

mcenroe, lendl, ivanisevic e chang mcenroe, lendl, ivanisevic e chang

 

Oggi McEnroe fa l’allenatore e il commentatore televisivo, ha condotto anche un talk show con ascolti da prefisso telefonico («L’hanno guardato solo mio padre e mio madre») e ha molta vita da raccontare.

Scordatevi il 55enne che si lamenta per i gorgheggi notturni di Patty Pravo, il Keith Richards del tennis ricorda una folle serata dopo la vittoria nell’indoor di Milano del 1979: «Mi sono concesso cose che non posso dire. Ho ricordi molto confusi di quella notte».

 

Non ci sono solo lob, smorzate e seconde di servizio (per la sua seconda di servizio Beppe Viola sarebbe stato disposto ad avere in cambio trentasette e due tutta la vita) nella sua storia puoi trovare anche molte donne, matrimoni, crisi, divorzi e sei figli «Avere dei figli mi ha tenuto coi piedi per terra. La mia vita è più bella ora di prima».

Jimmy Connors Jimmy Connors

 

Il tennista americano vive oggi a New York con la cantante Patty Smyth e fa di tutto per assomigliare ancora al campionissimo degli anni Ottanta che disse di no a un milione di dollari per giocare in Sud Africa ai tempi dell’apartheid, regalò la sua racchetta di legno a Nelson Mandela e snobbò l’invito di Reagan alla Casa Bianca: «Fu mia madre a convincermi, io volevo restare a festeggiare coi miei amici. Quando il presidente mi vide, si rivolse alla moglie Nancy e gli chiese: «È il golfista, questo?»

 

Agassi - l\'autobiografia Agassi - l\'autobiografia

McEnroe richiama l’età dell’oro del tennis, le grandi rivalità con Ivan Lendl (già definito «l’Ivan Drago del tennis»), “Jimbo” Connors («eravamo i migliori nell’odiarci e nel ripagare la gente che veniva a vederci») e Bjon Borg. L’Avversario che l’ex tennista americano ha ammirato di più: «Eravamo come il titolo di quel documentario “Il fuoco e il ghiaccio. Lui aveva carisma, eleganza. Sembrava un dio vichingo. E poi era decisamente più figo di me. La partita che ho perso contro di lui a Wimbledon al quinto set  è stata una grande lezione. Mi ha fatto diventare un tennista migliore. Anche se sono ancora un po’ incazzato per come è andata a finire».

 

Dalla partita della vita alla sfida dei sogni, McEnroe, stuzzicato dallo scriba Gianni Clerici,   incendia l’immaginazione di ogni tifoso di tennis: «Io contro Federer? Se giocassimo con le racchette di legno sarebbe difficile per lui. E comunque vincerei io: 6-2, 6-3». You cannot be serious, Mac.

 

 

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