IL SALTO DEL QUAGLIA – CON IL GOL ALLA JUVE, QUEST’ANNO QUAGLIARELLA HA SEGNATO A TUTTE LE SUE EX SQUADRE – A 31 ANNI, TORNATO IN QUEL TORINO DOVE HA COMINCIATO, FORSE HA FINITO IL SUO PELLEGRINAGGIO

Il napoletano Fabio Quagliarella non ha esultato neppure domenica e Urbano Cairo lo prende in giro: “Non esulta più perché ha giocato ovunque”. Abituato a segnare gol mai banali e da distanze siderali, l’erede in granata di Ciro Immobile torna a sperare nella convocazione azzurra… -

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Malcom Pagani per il “Fatto Quotidiano

 

QUAGLIARELLA QUAGLIARELLA

Borriello, Cassano, Di Natale, Inler, Ljajic e infine, nella schiera degli ex che reprimono gli istinti e non festeggiano il proprio gol, Fabio Quagliarella. Quello che a detta di Urbano Cairo, il suo presidente, “non esulta più perché ha giocato ovunque”. Lo stesso che contro ogni previsione, dopo qualche mese di mugugni e ipotesi di addio, sta riportando la squadra di Giampiero Ventura a sognare l’Europa League.

 

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Il Torino, a sei giornate dalla fine del torneo, ha 47 punti. Due in più di un anno fa (quando nelle aree avversarie pascolavano Immobile e Cerci) e due in meno della Fiorentina che occupa il sesto posto. Ha un calendario difficile, la concorrenza oggettiva di Genoa e Inter, una quindicina di partite nelle gambe in più rispetto a chi le Coppe le ha viste in tv.

 

Nonostante questo ha disputato una grandissima stagione e al centro del suo progetto, ha messo Fabio Quagliarella, fedifrago per esigenza e inclinazione, viaggiatore dai mille municipalismi (Udinese, Fiorentina, Napoli, Sampdoria, quest’anno ha dato un dispiacere a tutte), campano di Castellammare di Stabia, reduce da quattro anni in maglia juventina impreziositi da 83 presenze, 23 gol quasi tutti bellissimi e qualche tribuna di troppo ordinata da Antonio Conte che lo ha però chiamato in Nazionale.

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A 31 ANNI, il giocatore che disegnava arabeschi maradoniani da distanze impossibili, si è spostato di quel poco che a certe latitudini può rappresentare tutto. È rimasto a Torino, ha cambiato maglia riabbracciando quella degli esordi e in un decennio meno ideologico degli anni 70 (all’epoca mai avremmo immaginato Furino in granata o Paolino Pulici stipendiato da Agnelli) ha finalmente ritrovato il divertimento di essere calciatore a tempo pieno. Impiegato quasi sempre dal suo tecnico e non più in ballottaggio. In campo per ascoltare dallo speaker il suo nome nell’undici iniziale. Non più genio della lampada a cui appellarsi nei momenti di disperazione, ma luce costante per compagni che non avevano visto neanche un quarto dei suoi stadi.

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L’innesto di Quagliarella pareva azzardato, ma l’intervento, svelerebbe il referto, è perfettamente riuscito. Con la beffa a Buffon, Quagliarella è arrivato a quota 13. Eguagliando un record che ha un orizzonte lungo un mese e mezzo per essere migliorato. A gennaio stava per andarsene alla Fiorentina. Adesso sogna prolungamenti a vita e promette di disfare la valigia. Da attore consumato, stanco della torunée permanente.

 

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