Oliviero Beha per “il Fatto Quotidiano”
Per ritrovare un calciatore straniero arrivato in Italia nella “finestra” invernale di mercato che abbia avuto sulla scena italica un impatto simile a quello di Mohamed Salah bisogna andare indietro nel tempo. Precisamente, almeno a memoria personale, a una ventina d’anni fa quando nel Parma di Ancelotti, a gennaio, attraccò uno strano tipo di giocatore, già molto noto per aver girato un po’ d’Europa e assai bizzarro come caratteristiche tecnico-tattiche:
parlo di Mario Stanic, un bel marcantonio di Sarajevo ma di nazionalità croata, aduso a segnare molti gol da punta, a svolgere un ruolo prezioso da tornante, a muoversi da trequartista e all’occorrenza anche da autentico centrocampista. Corsa e fondamentali eccellenti, trascinò letteralmente i ducali a un secondo posto in campionato, appena dietro una Juventus forte del neoacquisto Zidane.
E adesso tocca a Salah, egiziano giovane giunto a Firenze dal Chelsea quasi come mancia nel trasferimento inverso a Londra di Cuadrado. Una pila lampeggiante per la sua tecnica e la sua velocità, apparentemente un quasi anarchico e in realtà soprattutto un creativo che dipinge incursioni nelle linee nemiche come Banksy sui muri...
Ha dato almeno finora alla Fiorentina la scossa, facendo a mo’ di Vitti la “mossa”. Oggi ne parlano tutti, per i suoi gol e per il suo effetto primario di sollecitazione contagioso per tutta la squadra, quasi costretta a destarsi dalla sua sveglia continua. Ci si chiede, abituati come siamo a raccogliere scarti o ex campioni o semi-infortunati che vengono a bivaccare in Italia a mo’ di elefanti cemeteriali, come sia stato possibile che uno così non abbia sfondato nel Chelsea di Mourinho, pur ripieno di giocatori eccellenti e dall’esorbitante valore di mercato, vedasi buon ultimo proprio Cuadrado.
salah
Al di là di valutazioni sulla persona e sull’ambientamento, c’è forse una notazione che permette di confrontare almeno i due campionati in questione, il nostro e la Premier League. La velocità a cui si muove Salah è certamente una sua peculiare caratteristica, ma malgrado tutto non è poi un’eccezione in Inghilterra, abituati come sono a correre tutto il tempo, con un altro tipo di allenamenti, evidentemente, e altre priorità.
Da noi è quasi tutta una questione tattica, e in effetti sia a livelli di Nazionale che spesso di club ne usciamo bene o benissimo perché invece gli anglosassoni restano sotto questo profilo scriteriati. Ma il dinamismo è tutto loro, e forse quello che permette a Salah di rifulgere qui è qualcosa cui in qualche modo Mourinho & company sono abituati, nel senso che lo danno per scontato.
Verrebbe da interrogarsi sul perché in Inghilterra siano ancora tatticamente spesso immaturi, e invece in Italia non corrano molto di più, come gli inglesi o i tedeschi. Vecchie domande senza risposta, in attesa che qualcuno offra dei parametri credibili di misurazione del diverso modo di allenarsi. Nel frattempo ci rimiriamo Salah, e in parte Shaqiri, come esempi di altro pallone.
Ero partito però da Stanic, e dal suo Parma. Dopo qualche anno ci sarebbe stato il famigerato e colossale crac di Calisto Tanzi, e oggi ci ritroviamo con un campionato che si gioca su nove invece che dieci partite a giornata perché il Parma non scende più in campo. Molto è già stato scritto su questo ennesimo ma fragoroso scandalo, sulla mancanza di controlli, sulle nefandezze di Ghirardi che ha accumulato debiti astronomici e sugli ultimi mesi farseschi, fino alla figura sbiadita di questo Manenti che fa più ridere che piangere.
la trimurti tavecchio macalli lotito
Eppure, al netto della cronaca nera e grigia di questa fine ingloriosa che coinvolge tutto il calcio italiano, sottovalutatissima finora, mi concedo una domanda magari peregrina: ma siamo sicuri che non sapessero già tutto tutti di questa slavina ghirardesca, fin dall’inizio della stagione o dalla fine di quella scorsa, quando il Parma fu defenestrato dall’Europa League a favore del Torino perché non era in regola con i pagamenti ai tesserati?
Sicuri che non sapessero tutto a Parma, tutto a Roma e Milano (intendo i vertici sportivi), tutto anche nelle tv che attraverso i diritti governano il fenomeno rotondocratico? E sicuri che quindi, per evitare di spaccare qualcosa in estate, “tutti”, media e politici sportivi e dirigenti, non siano andati avanti sperando in qualche soluzione d’accatto, tipo i potenziali acquirenti poi usciti (nei due sensi) dal cilindro del fallimentare Ghirardi, in un contesto implicitamente bancarottiero? È davvero un’ipotesi remota che a specchio dell’indignazione di oggi ci sia una sorta di consapevolezza rimossa di ieri e dell’altroieri? Una tal recita sarebbe così improbabile, in un sistema-Paese come il nostro?