marchionne - montezemolo malesia

1. VITTORIA MIA, NO LA VITTORIA È ANCHE MIA! IN MALESIA, OLTRE AL DUELLO TRA MERCEDES E FERRARI, VA IN PISTA ANCHE IL REGOLAMENTO DI CONTI TRA MARCHIONNE E MONTEZEMOLO 2. DUE TIPINI FINI CHE SI DETESTANO SIA COME UOMINI SIA COME RETTILI (VEDI LA PESANTISSIMA E OSCURA CACCIATA DI MONTEZUMA DA MARANELLO DOPO 24 ANNI DI POTERE ASSOLUTO)

1. UN CAVALLINO PER DUE SERGIO: È MERITO MIO E LUCA: NO, ANCHE MIO

Benny Casadei Lucchi per “il Giornale”

MARCHIONNE MONTEZEMOLOMARCHIONNE MONTEZEMOLO

 

Questione di punti di vista. E di conti in sospeso e di successioni e di simpatie mai nate e di convivenze necessarie e forzose. Sul traguardo malese a far rumore, oltre al motore della SF15T, sono le parole di chi su quel traguardo non c'è. E non è Alonso. Sono invece il neo presidente Ferrari Sergio Marchionne e l'ex presidente Luca di Montezemolo. Uomini grandi e potenti che si sono lasciati male e che ora un poco tirano per la giacchetta la Rossa di Sepang. Vittoria mia, no la vittoria è anche mia è il senso. Un meraviglioso e umano e prevedibile e, dai, anche sacrosanto scambio di vedute divergenti nel significato ma convergenti nella passione.
 

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Hanno ragione entrambi. Ha ragione Marchionne quando dice «complimenti a Seb e Kimi per una gara sensazionale. Sono felice per tutti i tifosi che aspettavano da troppo tempo una giornata così. Forza Ferrari... Quello che abbiamo visto è il risultato dell'incredibile duro lavoro degli ultimi mesi, un lavoro fatto in silenzio e con umiltà come fa una grande squadra».

 

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Ultimi mesi, sottolinea Marchionne e un pizzico importante della resurrezione maranelliana è innegabilmente farina delle sue scelte. Ma al netto degli ultimi infelici anni, ha le sue ragioni anche l'ex presidente Montezemolo quando, rompendo il silenzio in cui si era avvolto solo pochi giorni prima, ieri ha detto «la gioia è tale che voglio condividerla non solo con i tifosi, ma con tutti gli uomini e le donne di Maranello che dal febbraio scorso hanno lavorato per riportarla al livello che le spetta...

 

Forse c'è stato anche qualche piccolo errore Mercedes, ma ciò non toglie che la Rossa è stata grandissima e io ne sono felice perché questa vittoria è un premio a chi nel 2014 ha progettato e sviluppato macchina e motore e per chi, in seguito, ha preso le redini in mano perfezionandola e migliorando l'organizzazione. I risultati si sono visti. Mi riempie di gioia vedere questa bella continuità tra chi ha progettato la vettura e chi l'ha sviluppata». 
 

MONTEZEMOLO E MARCHIONNE ALLA FERRARIMONTEZEMOLO E MARCHIONNE ALLA FERRARI

Meravigliosa divergenza di due tifosi ferraristi. Le loro parole di pancia hanno la forza di far passare quasi in secondo piano quelle del trionfatore, di Seb Vettel. Ma è segno dei tempi anche questo. Un tempo saremmo stati qui a raccontare di quanto è bello e bravo e alto e forte e simpatico e umile e intelligente Sebastian capace di fare come altri belli, bravi, grandi e salvatori della patria ferrarista quali Michael Schumacher e Fernando Alonso. Stavolta no. Stavolta, se solo si ha un po' di buon senso, appare chiaro come la macchina e il lavoro dei mille uomini nascosti dietro di essa vengano prima di tutti.

la ferrari di vettel vince il gp della malesia  200af060la ferrari di vettel vince il gp della malesia 200af060

 

E agli smemorati, a quelli che Vettel è già un dio, ci pensano proprio i due tifosi divergenti, Marchionne e Montezemolo, a ricordare una volta di più tutti gli sforzi e i sacrifici dietro questa impresa. 
 

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Fateci caso, la dote di Vettel che più spesso nelle ultime ore è stata decantata non è la velocità, non è il coraggio, non è la visione di gara, ma... l'umiltà. Dall'approccio semplice con cui ha affrontato quest'avventura agli occhi lucidi e la commozione di ieri con cui ha celebrata la vittoria. E, forse, su questo, i due presidenti divergenti saranno d'accordo. Anche perché su chi l'ha voluto in Rosso la partita è aperta da mesi: «No, l'ho voluto io» ripete Marchionne, «no l'ho chiamato prima io» ha fatto capire l'altro. Bene così.

 

 

MARCHIONNE MONTEZEMOLO YAKI ELKANN MARCHIONNE MONTEZEMOLO YAKI ELKANN

2. RITORNA L'URLO DELLA ROSSA C'È UNA SQUADRA DIETRO VETTEL

Benny Casadei Lucchi per “il Giornale”

 

Porca Eva! Che macchina. E che storia. Un romanzo, il romanzo ferrarista. «Ferrari is back» è l'urlo liberatorio via radio, è il titolo. C'è tutto. Uomini trombati e uomini resuscitati, uomini che parevano bolliti e in crisi di carriera che tornano e rimettono in sesto la vita loro e altrui. Vedi Vettel, talento che sembrava perso e sperso che ora vince alla grande davanti a Hamilton e Rosberg sbigottiti.

 

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Veloce in qualifica, incredibile in gara, trionfo 40 per lui. Seb che addirittura doppia il proprio passato, entrambe le Red Bull, perché altrimenti non sarebbe romanzo. Vettel che non vuole essere paragonato a Schumi perché troppo grande e però dice «da bambino lo guardavo qui sul podio e sulla Ferrari e ora ci sono io su quella macchina, incredibile». Seb che ammette «l'anno scorso non è stato un buon anno per me, la macchina era buona ma non riuscivo a dare il massimo questa invece mi calza a pennello e la missione è il mondiale perché io ho firmato per riportarlo a Maranello e la macchina ha un potenziale enorme».

 

MARCHIONNE MONTEZEMOLOMARCHIONNE MONTEZEMOLO

Vettel occhi lucidi, voce a singhiozzo così diversa da quella che via radio urla «ohh yessss, mi sentite? Grazie grazie grazie ragazzi, dai...». Romanzo ferrarista perché l'inno torna a suonare dopo quasi due anni dall'ultimo sigillo firmato Alonso, Barcellona, una vita fa. E perché l'inno tedesco prima di quello italiano non lo ascoltavamo dal 2006, Cina, un altro germanico, un grande germanico sul gradino più alto a dirigere l'orchestra: Michael Schumacher.
 

Porca Eva, gran macchina! Eva come il soprannome dato da Seb alla SF15-T, Eva come l'inizio di tutto, Eva come il peccato, la sensualità, la ribellione. Un nome che sa di cambiamento perché stavolta non sentiremo il ritornello esterofilo di una Ferrari tornata alla vittoria solo grazie all'impresa di Seb oggi come di Alonso ieri o Schumacher l'altro ieri quando venne celebrato, era il 1996, quasi avesse corso senza macchina. No, stavolta, nonostante ci sia un quattro volte campione del mondo alla guida, è la monoposto Rossa über alles che umilia gli über alles con al volante un über alles. Romanzo anche questo e la riprova arriva da Raikkonen sfortunato, distratto, tamponato, ultimo, eppure alla fine quarto.
 

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Macchina però dai molti padri, la SF15T. Da Stefano Domenicali che ci mise mano subito, nel febbraio 2014, dopo aver capito che motoristi e telaisti avevano pasticciato, e lo fece dando più potere al direttore tecnico James Allison che aveva fortemente voluto, a Marco Mattiacci che proseguì in questo completando il corteggiamento a Vettel e potenziando la leadership di Allison. Ma è anche e ovviamente la macchina dell'ultimo gran capo, Maurizio Arrivabene, intuizione del neo presidente Marchionne, uomo di marketing tabaccaio messo al muretto per far fumare di rabbia rivali e presuntuosi über alles. Perché è un romanzo ferrarista anche il suo modo di comandare, molte carote qua e là ai ragazzi del team e qualche bastonata ben assestata a motivare animi e scongiurare errori.

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Senza far distinzione, bastone pure per i piloti se sbagliano, vedi il «distratto» Raikkonen come l'ha definito sabato. Ieri, però, giustamente, carote per tutti. Per Seb «incredibile», per gli uomini Ferrari «perché questa macchina ha 1300 padri e ora piedi in terra e testa bassa», per Kimi che «ha fatto una gran rimonta», per Marchionne perché «lui è veramente uno di noi». Romanzo ferrarista e romanzo italiano, visto che sì, Vettel è tedesco, sì Allison è un ingegnere aeronautico inglese, però Mattia Binotto capo dei motori e Simone Resta capo telaio sono nostrani e veraci e sono anche la scommessa sulle seconde linee che fa tornare in mente un credo di Marchionne: «Se cambi i capi, liberi le seconde linee e aiuti a sviluppare idee e a far crescere l'azienda».
 

Marchionne John Elkann e Luca Cordero di Montezemolo Marchionne John Elkann e Luca Cordero di Montezemolo

Porca Eva! Forse non l'ha detto, certamente l'ha pensato. Perché nel romanzo ferrarista c'è per forza anche e soprattutto lui: Fernando Alonso. Praticamente ultimo al via, praticamente inesistente in gara e poi ritirato, quasi che il destino e il romanzo volessero tormentarlo e offrirgli l'occasione di assistere da fuori al trionfo della macchina che lui per ultimo aveva portato al successo e poi ha ripudiato. E fa tenerezza Fernando come quando, sudato in viso e avvolto nei suoi misteri, dice «però abbiamo un grosso potenziale». Non fanno invece tenerezza, ma rendono l'esatta misura dell'impresa ferrarista, le parole di Lewis Hamilton, il cattivo del romanzo tradito dalla strategia Mercedes che ammette «oggi ho dato tutto ma erano troppo veloci per noi, complimenti». Sì, complimenti, bel romanzo.

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