ARTE DA MASTICARE - DOPO BORSE, PROFUMI E SKATEBOARD ARRIVANO LE CARAMELLE FIRMATE MURAKAMI - TRASFORMARE L’ARTE IN MERCHANDISING È UNO SCANDALO? NO, GLI ARTISTI HANNO SEMPRE SVOLTO OPERAZIONI COMMERCIALI

La confezione delle caramelle Frisk disegnate da Murakami non rappresentano uno scandalo e neanche una novità - Gli artisti hanno sempre svolto operazioni commerciali: dal design per la Campari di Fortunato Depero, alla Factory di Andy Warhol fino al Chupa Chups firmato da Dalí nel 1969... -

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Pierluigi Panza per “la Lettura - il Corriere della Sera”

 

Se non masticate granché di storia dell’arte è venuto il vostro momento: d’ora in poi, l’arte, la potrete non solo masticare ma anche deglutire. Basta che vi compriate una confezione limited edition delle caramelle Frisk firmate dall’artista pop giapponese Takashi Murakami (3 euro) e potrete mandar giù l’arte così com’è fatta. 

Arte? Uffa! 
 

Inutile chiedersi se una caramella al sapore ciliegia, menta o frutti esotici disegnata dal maestro giapponese delle superfici superflat — come superflat è la confezione metallica delle pasticche — sia arte oppure merce. Dovremmo semmai chiederci: così facendo Murakami si vende? 
 

Si direbbe di sì, come tutti quanti vendono la propria intelligenza o la propria fatica quando si mettono al servizio di un’industria. Ridurre l’arte a caramelle è uno scandalo? Si direbbe di no: gli artisti hanno sempre svolto operazioni commerciali quando sono stati in grado di farlo.

 

murakami oggetti murakami oggetti

Semmai possiamo dire che, per gli occidentali, trasformare l’arte in merchandising è un’occasione perduta per la storia degli artisti che, da un iniziale stato di sottomissione alla committenza, erano andati affrancandosi da essa conferendo alle loro creazioni un valore conoscitivo e simbolico. 
 

Ma uno scandalo no. E nemmeno una novità. Secondo il catasto fiorentino del 1480 il depintore più ricco della città era Neri di Bicci, le cui fortune non erano dovute alle pale d’altare bensì alla vendita di «tabernacoletti da camera» costituiti da un’immagine sacra fatta con uno stampo incorniciata con una «cornisetta».

murakami scatole di caramelle murakami scatole di caramelle

 

Una fortuna che arrotondava grazie a una bottega che disegnava anche tessuti e decorava cassoni. Proprio come fa Murakami. Il quale, prima delle caramelle presentate dalla Perfetti Van Melle alla Galerie Perrotin di Parigi, di merce ne aveva già prodotta parecchia.

 

Nel 2003 aveva disegnato per Louis Vuitton la borsa Cherry Blossom, venduta a 5 mila dollari a esemplare con successo. Poi degli skateboard con disegnate superfici superflat e con manga. Quindi profumi per Shu Uemura, magliette, stivali, cinture, pupazzi che ridono a bocca larga e sembrano marziani, ma anche animali di peluche. 
 

La sua bottega è un’industria chiamata Kaikai Kiki, nome che inverte Kiki Kaikai , celebre videogioco della Taito Corporation del 1986 che accese l’interesse nelle sale giochi del Sol Levante. Fondata nel 2001, Kaikai Kiki è un’evoluzione commerciale della sua precedente Hiropon Factory.

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La sua ragione sociale prevede la realizzazione, produzione e promozione di oggettistica d’arte, attività di management e supporto di giovani artisti, produzione di eventi e merchandising. Ha base a Tokyo con sede anche a New York. Solo a Tokyo ci lavorano un centinaio di persone. Materiale stoccato in magazzini.

 

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Niente di nuovo pure questo; Francesco Raspantini, un allievo del Domenichino, nel 1667 teneva a bottega ben 1.778 dipinti pronti all’uso e dall’inventario del negozio di Pellegrino Peri nel 1699 si apprende che aveva stoccato 2.941 quadretti in tela e rame per tutti i gusti. A voler continuare con la genealogia, si arriva poi al design per la Campari di Fortunato Depero, alla Factory di Andy Warhol, al Chupa Chups firmato da Dalí nel 1969 e oggi al lavoro dei creativi. 
 

Murakami spiega che la sua factory è importante perché «il Giappone, dopo la Seconda guerra mondiale, non ha mai avuto un rilevante mercato dell’arte; è esistito come riflesso di quello occidentale ed è stato incapace di dare supporto ai giovani artisti». Per questo organizza anche una fiera d’arte biennale a Tokyo per favorire i giovani artisti e la sua factory fa anche da manager a giovani artisti. 

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