EIA, EIA ALAIA! - “COUTURE-SCULPTURE” ALLA GALLERIA BORGHESE: GLI ABITI DELLO STILISTA FRANCO-TUNISINO AZZEDINE ALAIA ESPOSTI ACCANTO ALLE SCULTURE DI BERNINI E CANOVA: “TUTTO RUOTA ATTORNO ALLA SEDUZIONE. A COSA ALTRO SERVONO I VESTITI?”

Si apre domani alla Galleria Borghese una mostra insolita: gli abiti-scultura di Azzedine Alaia - Chi l’ha detto che la scultura debba essere plasmata necessariamente nel marmo e non nella stoffa? Chi l’ha detto che le forbici non possano avere pari dignità dello scalpello?...

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Laura Laurenzi per “la Repubblica - Roma”

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Quale più gloriosa celebrazione, quale miglior Oscar alla carriera per uno stilista che non ha studiato da sarto, bensì da scultore, esporre le proprie opere accanto ai capolavori del Bernini e del Canova? Si apre domani alla Galleria Borghese una mostra davvero insolita: gli abiti, ma possiamo definirli sculture, di un couturier dal forte talento, Azzedine Alaia, esposti accanto ad alcuni fra i gruppi marmorei più famosi della nostra civiltà.

 

In che modo dialogano la Paolina Borghese scolpita dal Canova come Venere vincitrice con i due abiti lunghi in maglia stretch, uno bianco e uno nero, reinterpretazione dell’iconico bondage dress che dette ad Azzedine Alaia fama internazionale?

 

Il filo che li lega è indubbiamente quello della seduzione: «Tutto ruota attorno alla seduzione, a cos’altro servono i vestiti? » è una delle massime del maestro. Ed è come se i due abiti facessero parte del guardaroba personale della principessa nata Bonaparte.

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Alcuni degli abiti in mostra sono stati indossati da celebrità come Lady Gaga, Rianna, Elle McPherson, Naomi Campbell, Tina Turner, Grace Jones, che lo stilista definisce «un fenomeno della natura, appena entra in una stanza ha la capacità di cambiarne i volumi e l’atmosfera, come fosse una scultura primitiva».

 

Una sessantina i capi esposti, a coprire tutto il percorso stilistico dell’autore oggi settantacinquenne: dai primissimi anni ’80 alla collezione alta moda 2015/2016. In velluto, in seta, in pellami esotici proibiti come il coccodrillo ma soprattutto in maglia, i vestiti sono esposti nelle sale più solenni del piano terreno seguendo una scala cromatica che li intona con le opere d’arte ma anche con i decori del museo: a prevalere sono il nero, il bianco, il rosso, il ruggine, il navy.

 

Come spiega il curatore della mostra Mark Wilson, l’intento è dare vita a un continuum armonico tra ieri e oggi, raccontando l’incontro di un maestro del presente con quelli del passato. E chi l’ha detto che la scultura debba essere plasmata necessariamente nel marmo e non nella stoffa, o nella maglia, o nel cuoio?

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Chi l’ha detto che le forbici non possano avere pari dignità dello scalpello? Largo dunque, con lo stilista tunisino laureatosi nella maison Dior, alla cosiddetta soft sculpture, la scultura soffice affidata alla morbidezza sinuosa ma eventualmente ribelle della stoffa da domare.

 

Non una sfida, certo, ma una gara di prodezza, quasi un gioco, un divertimento sì, a conferma che si tratta di una mostra, con i suoi accostamenti, fortemente sperimentale, ospitata proprio dal museo che si definisce la casa della scultura. I lunghi sopralluoghi e le visite dello stilista hanno lasciato una traccia profonda nei responsabili del museo.

 

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Si legge in un comunicato diffuso dalla Galleria Borghese: «Lo sguardo di Alaïa, vivace, fulminante, instancabilmente inventivo, sembrava non spostarsi mai dal corpo e dall’immaginazione della donna reale, come se non smettesse di ricercarne la seduzione e modellarne la sembianza in idolo.

 

Anche l’effetto della Galleria, dei suoi spazi e della sua scultura, si è trasformato in invenzione seduttiva, in esaltazione della donna e nell’immaginazione di plasmare al suo corpo tutte le risorse del materiale, che sia tradizionale o sperimentale, nobile o modesto, stimolato dai colori e dalle materie del museo».

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