maurizio galimberti

“SCELSI LA POLAROID PER COLPA DELLE SUORE CHE MI CHIUDEVANO IN CANTINA” - VITA E TURBAMENTI DEL GRANDE FOTOGRAFO MAURIZIO GALIMBERTI: “NON POSSO STARE IN CAMERA OSCURA, SOFFRO DI ACLUOFOBIA - FINO AI 35 ANNI HO FATTO IL GEOMETRA NEL CANTIERE EDILE DEL MIO PADRE ADOTTIVO, CHE MI LASCIÒ ORFANO A 20. MIA MADRE ERA 17ENNE QUANDO MI PARTORÌ. MI ABBANDONÒ ALL'OSPEDALE DI COMO. NON HO MAI CONOSCIUTO NÉ LEI NÉ L'IDENTITÀ DEL MIO PADRE BIOLOGICO..."

Stefano Lorenzetto per il “Corriere della Sera”

 

i mosaici di maurizio galimberti

Acluofobia. Sui dizionari la definizione non c'è. Al massimo trovi nictofobia, «paura ossessiva dell' oscurità notturna». Ma chi soffre di acluofobia teme il buio sempre, anche di giorno. Nella metro, al cinema, in cantina. La patologia psicologica ha portato bene a Maurizio Galimberti, fotografo delle star impossibilitato a rimanere nella camera oscura a causa degli attacchi di panico che le tenebre gli procurano, nonostante sia un pezzo di marcantonio alto 1,91 e pesante 110 chili.

 

i mosaici di maurizio galimberti

Tutta colpa, racconta lui, di certe suore arcigne che hanno funestato la sua infanzia. Eppure dovrebbe ringraziarle, perché grazie a loro è diventato un «instant artist», così lo definì Denise Aliprandi, communication manager della Polaroid.

 

È con questa fotocamera, sublimazione tecnologica dell'hic et nunc oraziano inventata nel 1948 dallo statunitense Edwin Herbert Land, che Galimberti ha conquistato la fama internazionale, anche se ora è passato alla concorrenza, diventando ambasciatore della nipponica Fuji. Lo svago dei turisti mordi e fuggi nelle sue mani si è trasformato in arte e ha raggiunto quotazioni da capogiro. Galimberti cominciò 30 anni fa con un ritratto del figlio primogenito Giorgio, che all' epoca frequentava le elementari.

 

Rotto l'incantesimo, uscì di casa e puntò l'obiettivo sui vip: Nicola Trussardi, Carla Fracci, Riccardo Muti, Wim Wenders, Peter Greenaway, Mimmo Rotella, Ettore Sottsass, Inge Feltrinelli. Il verbo non rende l' idea: lui, più che puntare, appoggia. Avvicina i divi con la macchina fotografica istantanea racchiusa nel collector, una specie di scatola, e gliela accosta al viso come se dovesse eseguire una radiografia. Dopodiché scatta. Tre, cinque, dieci volte, con piccoli scostamenti, sino a comporre un mosaico d' immagini da 7 centimetri per 10. Ed ecco il ritratto.

maurizio galimberti

 

Quello di Johnny Depp è finito in copertina su The Times Magazine . Ma fra i trofei Galimberti vanta pure Robert De Niro immortalato con i familiari nella sua casa di New York, Lady Gaga a Las Vegas, Monica Bellucci testimonial di Cartier.

 

Il suo approccio non li spaventa?

«No, anzi. Bernardo Bertolucci e Carlo Ludovico Bragaglia si divertirono molto. Il maestro del cinema dei telefoni bianchi aveva 100 anni ed era ormai cieco quando Giuliana Scimé gli mise in mano uno dei miei ritratti. La storica della fotografia glielo descriveva, guidandogli le dita sulla superficie. Alla fine il regista esclamò: "Abbiamo un futurista!"».

 

i mosaici di maurizio galimberti

Mi racconti com'è nato il futurista.

«Fino ai 35 anni ho fatto il geometra nel cantiere edile del mio padre adottivo, che mi lasciò orfano a 20. Ma sentivo il sacro fuoco della fotografia. È brutto dirlo, però quando morì mia nonna ero contento: potevo farmi la camera oscura dove c' era stata la camera ardente».

 

Avevo capito che il buio la terrorizza.

«Fra i 18 e i 26 anni no. Sviluppavo foto dalle 8 di sera alle 2 di notte. Poi hanno avuto il sopravvento i brutti ricordi».

 

i mosaici di maurizio galimberti 6

Quali ricordi?

«D'infanzia. Fino ai 5 anni ho vissuto in istituto. Mia madre, Virginia Bregaglio, era diciassettenne quando mi partorì. Mi abbandonò all' ospedale di Como. Non ho mai conosciuto né lei né l' identità del mio padre biologico».

 

Non ha fatto ricerche?

«A che pro? Sono un fatalista. Se vieni rifiutato da chi ti genera, che puoi farci? Non ho cercato di ricucire neppure con mia moglie. Siamo separati dal 1995».

 

Da chi è stato cresciuto?

«Da Eleonora e Giorgio Galimberti, una coppia fantastica di Meda. Li considero i miei veri genitori. La mamma è ancora viva, ha 100 anni. Prima di me avevano adottato Giuseppe. Era stato abbandonato nudo per strada appena nato, avvolto in un quotidiano. Loro lessero la notizia per caso, su un foglio di giornale nel quale il calzolaio aveva incartato le scarpe. Andarono a prenderselo in orfanotrofio. Purtroppo morì a 5 anni per i postumi della meningite che si era buscato nella prima notte all' addiaccio».

maurizio galimberti

 

E lei dove vennero a prenderla?

«Nel brefotrofio che oggi ospita il liceo scientifico Paolo Giovio di Como. Camerate da sei. Se non rifacevo bene il letto, le suore mi chiudevano mezza giornata in uno stanzino buio. Per le marachelle più gravi scattava la reclusione in cantina. Erano talmente crudeli che io al cinema tifavo per gli indiani, i quali passavano per cattivi pur essendo buoni, anziché per i cowboy. Le ho perdonate solo dopo essere stato adottato».

 

Questa brutta esperienza che cosa le ha provocato?

«Fobia del buio, ansia, sudori freddi, fame d'aria. In camera oscura avevo sempre paura che ci fosse qualcuno nascosto. Di notte dormo con le tapparelle alzate, deve arrivarmi un riverbero da fuori. Altrimenti accendo la luce in corridoio e tengo la porta aperta. Non posso stare in stanze senza finestre o frequentare ristoranti nei seminterrati».

i mosaici di maurizio galimberti 5

 

Ha provato a farsi curare?

«Dagli psichiatri non ci vado. Mi basta vedere il sole».

 

Con le fotocamere digitali la camera oscura non serve. Perché non usa quelle?

«Nel 1983 non erano ancora state inventate. Mi affascinò il quadratino bianco che usciva dalle Polaroid, mi sembrò che appartenesse più alla memoria che alla contemporaneità».

 

E così è diventato l'artista dell' istante.

«Nel quartier generale di Minnetonka, nel Minnesota, rimasero stupefatti dalla velocità con cui trasformavo un'idea in un' immagine. Mario Alfano, il vicepresidente della Polaroid stroncato nel 2011 da un tumore al pancreas a soli 52 anni, avrebbe voluto cambiarmi di continuo la macchina perché sospettava che usassi qualche trucco. "I nostri apparecchi non fanno foto così belle", mi diceva».

i mosaici di maurizio galimberti

 

Nel 1974 aveva esordito con una fotocamera a obiettivo rotante Widelux.

«Esatto. M'interessava una distorsione che andasse oltre il campo visivo dell' uomo, limitato a 180 gradi, e si avvicinasse quanto più possibile a quello del cavallo, che è di 340 gradi. Raccontare la realtà non mi ha mai appassionato. Preferisco filtrarla dal mio punto di vista, fino a darle un aspetto tridimensionale».

 

Ha avuto dei maestri?

«Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Franco Fontana e Fulvio Roiter. Ma non per le Polaroid».

i mosaici di maurizio galimberti 3

 

E Galimberti da chi si fa ritrarre?

«Da Giovanni Gastel, il nipote di Luchino Visconti, che è un caro amico. O da Douglas Kirkland, il fotografo di Life diventato famoso per gli scatti del 1961 a Marilyn Monroe. O da Tmg».

 

Chi sarebbe?

«Tommaso Maurizio Galimberti, mio nipote. A 8 anni promette bene. Ha già vinto un concorso fotografico a Monza».

 

Ha mai provato invidia per i suoi colleghi che imbracciano come fucili Leica, Nikon, Hasselblad, Contax, Canon?

«No, apparteniamo a mondi diversi. Semmai li compiango. La mia Fuji Instax pesa 6 etti, loro girano con kit che arrivano a 10 chili, 5 quando va bene».

i mosaici di maurizio galimberti

 

Ma le foto istantanee non si stingono?

«Sbiadiscono un po' alla luce del sole. Fra i 15 e i 24 gradi si conservano perfettamente. Basta metterci davanti un museum glass, vetro anti-ultravioletti».

 

Che scocciatura, però, aspettare 60 secondi, togliere il foglietto del reagente, scuoterle affinché si asciughino.

«È fermo all' età della pietra. Oggi si lavora con pellicole integrali a 23 strati che si sviluppano da sole, senza far nulla, mediante 5.000 reazioni chimiche».

 

Mi spiega la tecnica «a grappolo» o «ad ali di farfalla» che usa per i ritratti?

«Sono mosaici in bilico tra il futurismo di Umberto Boccioni e il movimento cinetico-dinamico del Nudo che scende le scale di Marcel Duchamp. Lavoro con lo spirito della "zanzara pungente" caro a Henri Cartier-Bresson. Spiazzo i soggetti attraverso il loro immobilismo. Mi preme cogliere il silenzio interiore più che una semplice espressione».

maurizio galimberti

 

A proposito di nudo. S'è cimentato anche in quello, se non ricordo male.

«Sì, dal 2012 al 2015, con Arianna Grimoldi, una modella professionista di madre norvegese che usciva da una brutta storia di stalking. Abbiamo girato il mondo. L' ho fotografata in varie situazioni: alberghi, cortili di campagna, piscine, spiagge, teatri. Essendo cresciuto in parrocchia, ero un po' imbarazzato. Non quanto il cameriere cinese che all' hotel Pierre di New York capitò in stanza durante una seduta di bondage. Vide le corde attorno al seno di Arianna, chiuse gli occhi, posò il vassoio e corse via, andando a sbattere contro il muro».

 

Che cos'è per lei l'erotismo?

«Venga a prendere il caffè da noi di Alberto Lattuada, con Ugo Tognazzi, un film in cui non v'è traccia di nudità. L'erotismo racconta un desiderio silenzioso e rispettoso. Detesto la volgarità».

 

i mosaici di maurizio galimberti

Esisterebbe la memoria senza le foto?

«No. La fotografia dona alla memoria l'eternità. È un frammento di carta che procura sensazioni, un riflesso dell' anima. Il cinema non ha questa potenza».

 

Che cosa pensa dei selfie?

«Mi sembrano frutti agghiaccianti dell' ossessione da telefonino, violazioni di una scienza emozionale e tecnica che dovrebbe conservare sempre la sua sacralità. Per fortuna finiscono nel cestino del cellulare dopo pochi mesi».

 

C'è qualcuno che vorrebbe ritrarre?

i mosaici di maurizio galimberti 4

«Sono arrivato a 62 anni prima di fotografare mia madre. Mi sono deciso solo pochi giorni fa, a Natale. Mi pento di non averlo fatto prima. È stato uno choc sentimentale fortissimo. Adesso mancherebbe all' appello solo papa Francesco. Vorrei indagarne la bellezza interiore nelle sue varie sfaccettature. Sono sicuro che sarebbe un ritratto diverso da tutti gli altri. Un bel regalo all' umanità».

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...