anselm kiefer opera

‘’NON SI PUÒ EVITARE LA BELLEZZA NELL’ARTE’’ - ANSELM KIEFER, DAL ‘’SIEG HEIL’’ NEL COLOSSEO DI MEZZO SECOLO FA ALLA RETROSPETTIVA ALLA ROYAL ACADEMY DI LONDRA – UN GRANDE ARTISTA CHE NON HA MAI SMESSO DI CONFRONTARSI CON “L’IMPOSSIBILITA’ DI FARE ARTE DOPO AUSCHWITZ”

Estratto dall’articolo di Jackie Wullschlager per il Financial Times

 

sophie fiennes anselm kiefersophie fiennes anselm kiefer

Il mio preferito tra i lavori di Anselm Kiefer per l’imminente retrospettiva alla Royal Academy è “Tàndaradei”, una monumentale pittura a olio, dove fiori rosa e rossi sembrano scoppiare di vita, dissolversi e avvizzirsi, tutto in una volta. Quando glielo dico, l’artista mi guarda contrito. “L’ho esclusa dall’esibizione, era troppo bella. Troppo.”

 

Da secoli i pittori si sono divisi sul concetto di bellezza. Ma Kiefer, nato nel sud della Germania negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, ha elaborato il suo lavoro durante un periodo di grande crisi estetica. L’ansia del dopoguerra di ridefinire il ruolo dell'arte e l'affermazione di Adorno che non ci poteva essere poesia dopo Auschwitz.

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"Non si può evitare la bellezza in un'opera d'arte", dice Kiefer. In una stanza piena di opere bruciacchiate, superfici spinate, costruite con cenere, piombo, frammenti di ceramiche, libri maltrattati e macchine scassate, che evocano le desolate devastazioni di guerra, ma conservano lirismo inciso nella violenza della loro realizzazione. "Si può prendere il più terribile dei soggetti e automaticamente diventa bello. Quel che è certo è che non avrei mai potuto fare arte su Auschwitz. È impossibile perché il soggetto è troppo grande"

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Si tratta di un unico caso, perché Kiefer si è occupato di qualsiasi altra cosa. Negli anni ’60, ha fatto il suo grande debutto come artista di performance: con indosso l’uniforme dell'esercito di suo padre, si fece fotografare, facendo il saluto nazista, in iconiche località europee come il Colosseo a Roma, affrontando ciò che il suo collega artista Joseph Beuys chiama la tedesca "amnesia visiva" dell’Olocausto.

 

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Mezzo secolo più tardi, in questa edizione della “Summer Exhibition” alla Royal Academy, ha mostrato la nuova pittura "Kranke Kunst" ("Arte Malata"), una ripresa di un acquerello del 1974 con lo stesso nome in cui un paesaggio del genere idealizzato dai nazisti era punteggiato di bolle rosa.

 

Kiefer spiega: "Mi piace il doppio senso. Innanzitutto "Kranke Kunst" è negativa, viene dalla censura nazista di un’arte degenerata. E poi, è vera, perché tutto è malato, la situazione nel mondo è malata ... Siria, Nigeria, Russia. La nostra testa è annebbiata da un malessere generale. Siamo nati e cresciuti male".

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Che cosa può fare l'arte?

"L'arte non può aiutare direttamente. L'arte è il modo per rendere la realtà evidente. L'arte è cinica, mostra la negatività del mondo, è la sua prima condanna."

 

L'arte può essere celebrativa?

"Matisse celebra, ma io ci vedo tanta disperazione."

 

Kiefer mi dice tutto questo con un’allegra impassibilità in viso, accompagnato a un bicchierino di vodka alle tre del pomeriggio. Ci troviamo nel suo Atelier di Parigi, un ex magazzino di 30.000 metri quadrati. È così ampio che si attraversa in macchina, tra cisterne arrugginite, dipinti abbandonati, elementi casuali fuori dal tempo e cespugli di rose piantate dall'artista. A un certo punto quasi ci scontriamo con una gru che sollevava una lastra di piombo. "Per me, l’enorme non esiste", ammette Kiefer.

 

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Alto e brizzolato, magro e svelto, l’artista si presenta in pantaloncini bianchi e camicia aperta. Ha appena abbandonato i preparativi per lo show di Londra. "E’ noioso per un artista per fare una retrospettiva". Mi offre in cambio un tour del lavoro nel suo atelier. Sculture battute da bombardieri danneggiati sono sparse ovunque nello studio. Le torri di polistirolo per il suo set di nove piani di "In the Beginning" per l'Opéra-Bastille. Centinaia di girasoli in resina giganti, in un comico omaggio a Van Gogh, stanno di guardia al cancello d'ingresso.

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Girasoli come questi confluiranno a Londra, in un’istallazione dal titolo "Età del mondo". Qui tele incompiute impilate orizzontalmente in mucchi di rifiuti giganti occuperanno la sala centrale della Royal Academy. Le avevo interpretate come un'allusione alla storia tedesca, la rottura insanabile sull'arte imposta dall'attacco nazista. Kiefer, però, indica le gouaches monocromatiche che circonderanno le sue tele, dove vi sono scarabocchiate parole che fanno riferimento alla geologia, alla stratigrafia, paleografia.

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"Archaikum, mesozoikum," recita, pronunciando le sillabe, come se recitasse una poesia. Parla bene l'inglese, ma si apre in vere espressioni di piacere quando pronuncia qualche espressione in tedesco. "Mi piacciono queste parole! Quanti milioni di anni hanno? Non lo sai? Tu non conosci la tua età! È presenta la catastrofe nella mia biografia. Ed è quello che si mostra nell’”Età del mondo”. Si torna a molto prima del nostro compleanno. 350 milioni di anni fa un meteorite ha colpito la terra e il 95 per cento della vita si estinta. 350 milioni di anni fa i dinosauri - e tanta gente - sono morti. La storia tedesca? È incominciata con l’’Archaikum’ ".

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“Jerusalem”, il riferimento di Kiefer alla mistica ebraica e alla storia, ha attratto manifestazioni contro il blocco israeliano di Gaza. Indossando magliette con il titolo dell’opera, hanno chiesto di rimanere nella galleria per discutere sulle questioni sollevate dal lavoro di Kiefer. La galleria ha chiamato la polizia, dicendo: "Questa è proprietà privata. Siamo qui per vendere arte."

 

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Si tratta di un tradimento alla serietà di Kiefer, un'ammissione che l'arte del XXI secolo è soprattutto merce? Non mi viene in mente nessun’altra figura contemporanea che operi tra arte, denaro, politica e storia in modo così trasparente e con tale equilibrio. È innegabile, e confermato dai risultati d'asta imprevedibili, che la qualità della sua produzione è irregolare.

 

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D'altra parte, la coesione di idee e di tonalità in mostra alla RA, la prima retrospettiva di Kiefer, drammatizza il modo in cui l'impulso concettuale sia alla base di tutti i suoi sforzi materiale, il che significa che tutte le sue opere appartengono a un insieme, come una sorta di “Gesamtkunstwerk”, di un’unica opera d’arte - o addirittura come una “performance in progress”, che ha avuto inizio con il suo Sieg Heil a Roma mezzo secolo fa.

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……….

 

Da non perdere Anselm Kiefer alla Royal Academy di Londra, dal 27 settembre al 14 dicembre.

 

 

 

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