PUNK CLIC! – PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA LE IMMAGINE BOMBASTICHE DEL FOTOGRAFO BERLINESE SVEN MARQUARDT

Götterdämmerung (la caduta degli dei), il titolo della mostra rimanda al binomio Wagner Visconti e immerge in un universo decadente popolato di punk Anni 80, simbologie cristiane più o meno irrise buttafuori e dj, teste rasate e tatuaggi a tutta schiena...

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Rocco Moliterni per "La Stampa"

 

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Götterdämmerung (Il crepuscolo o la caduta degli dei), il titolo della mostra del fotografo Sven Marquardt, rimanda al binomio Wagner Visconti e immerge in un universo decadente popolato di punk Anni 80, simbologie cristiane più o meno irrise (talora nella pubblicità di una marca di jeans e qui vien da dire che il nostro Oliviero Toscani lo faceva già quarant’anni fa), buttafuori e dj, teste rasate e tatuaggi a tutta schiena.

 

Le immagini del cinquantaduenne autore berlinese sono in vetrina per la prima volta in Italia nelle sale di Palazzo Saluzzo Paesana e nelle cripte del cimitero sconsacrato di San Pietro in Vincoli, a cura di Enrico Debandi e Eugenio Viola.

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La caduta cui allude il titolo non è quella di una famiglia borghese all’avvento del nazismo, di viscontiana memoria, ma il crollo del regime comunista, cui Marquardt assiste nella Berlino Est dove vive e lavora. Come nota giustamente Eugenio Viola in catalogo non c’è però nelle sue immagini nessuna ostalgie (quel sentimento di nostalgia verso gli anni del comunismo che attraversa una parte della cultura berlinese).

 

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Nelle sue fotografie, che coprono, pur con qualche interruzione, l’arco di tempo dagli Anni 80 ad oggi, si intravede durezza e un’ossessiva attenzione al dato formale tale da farlo cadere nel manierismo.

 

Pur lavorando all’epoca in un Paese dell’Est, pur essendo un esponente di una cultura alternativa e messa al bando, Marquardt nasce come fotografo di moda e questa categoria dello spirito fotografico si direbbe gli rimanga nle bene e nel male cucita addosso.

 

Più che Nan Goldin (li accomuna la poetica dei personaggi border line, travestiti, tossicodipendenti), Mapplethorpe sembra il punto di riferimento più azzeccato («Mi ha influenzato senz’altro, ma io ero già fotografo quando ho visto per la prima volta un suo libro»).

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Per le provocazioni sui simboli del cristianesimo viene invece da pensare a Serrano: Marquardt riprende donne nude e tatuate su un letto dove c’è un crocifisso, sacerdoti che iniettano eroina a giovani tossicodipendenti, e così via. C’è anche un trittico con al centro un Cristo e ai lati due rottweiler.


Marquardt usa solo il bianco e nero: «Tutto nella mia memoria è in bianco e nero. Credo di non essermi mai posto la questione di fotografare a colori». Molti lavori sono ambientati all’interno di cimiteri il che rende San Pietro in vincoli il luogo ideale per le immagini più legate al tema della morte e dell’oscurità.

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Nelle sale di Palazzo Paesana è invece allestita una sorta di quadreria, dove in dialogo con lo spazio campeggiano tra gli altri i ritratti della serie dedicata ai buttafuori e ai dj del Berghain,«mitico» locale punto di riferimento per la cultura off berlinese. Se le foto di Marquardt non sempre riescono a evitare quel senso di «costruito» che finisce per non far scattare la molla dell’emozione in chi le guarda, il gioco di rimandi tra le sue immagini e i luoghi che le ospitano funziona invece a meraviglia.

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