ALITALIA-ETIHAD, E’ FATTA (VITTORIA DEGLI ARABI) - UNA NEWCO CON IL 51% IN MANO A CAI E IL 49% IN QUOTA ETIHAD – DEBITI FINANZIARI, ESUBERI E VERTENZE LEGALI FINIRANNO IN UNA BAD COMPANY - È IN PROGRAMMA UN SOSTANZIOSO AUMENTO DI CAPITALE

1. ALITALIA-ETIHAD, ECCO IL PIANO
Umberto Mancini per Il Messaggero.it

La soluzione è arrivata in extremis e dopo che Intesa, nel summit di ieri con le altre banche, aveva bocciato le richieste di Etihad sulla ristrutturazione del debito, mettendo così seriamente a rischio, tanto per usare un eufemismo, la trattativa per arrivare al matrimonio con Alitalia. Matrimonio che invece resta miracolosamente in pista perché, sempre ieri in un successivo e acceso vertice tra i soci industriali e le stesse banche, è spuntata l'idea che ha messo tutti d'accordo.

La creazione di una newco, 51% in mano a Cai e 49% in quota Etihad, che darà vita a quella che potremo chiamare Alihad. Si tratta, secondo lo schema che Il Messaggero può anticipare, di una nuova società in cui confluirà la parte sana del vettore tricolore: l'operatività in tutti suoi aspetti industriali (voli e slot) e i dipendenti necessari a far volare la compagnia nel numero indicato dagli arabi.

Per dare sprint finanziario alla newco è in programma un sostanzioso aumento di capitale che sarà sostenuto, oltre cha da Etihad per circa 560 milioni di euro, anche dai soci italiani (200 milioni) che potranno così fare fronte anche alle maggiori perdite previste per il 2014. Nella bad company finiranno invece - in uno schema già utilizzato in passato proprio per Alitalia - la maggioranza dei debiti bancari, una buona fetta degli esuberi (3.000 mila dipendenti), i rischi finanziari legati ai contenziosi legali e fiscali aperti.

Insomma, tutto il fardello del passato, con gli extra costi del personale considerato in esubero e il macigno del debito di cui Etihad, come ribadito nelle due lettere inviata ai vertici di Alitalia, non vuole più sentir parlare. I soci italiani e le banche azioniste si sono date tempo fino a lunedì per mettere tutto nero su bianco e consentire così a Gabriele Del Torchio e a Roberto Colaninno di volare lunedì ad Abu Dhabi con una proposta concreta che, è evidente, va proprio nella direzione di quanto chiesto dagli arabi con l'aut aut.

TEMPI RAPIDI

La complessa operazione, che come detto richiama una delle tante scorciatoie imboccate nel passato per evitare il fallimento, ha comunque disinnescato la dura presa di posizione di Intesa che, come accennato, aveva rifiutato il piano taglia-debiti proposto da Etihad. Un no secco che nel pomeriggio di ieri aveva lasciato di sasso gli altri istituti di credito, riuniti ieri insieme all'ad Del Torchio per trovare una posizione comune in vista del viaggio ad Abu Dhabi. Disorientati anche i soci industriali, da Poste ad Atlantia: nessuno in verità si aspettava una frenata così forte. Poi in serata è arrivata la soluzione della newco che, salvo sorprese, prenderà corpo e sostanza in questo week end. A sostenerla sono stati soprattutto i soci industriali convinti, pur con sfumature diverse, della necessità di avere un fronte bancario unito per favorire l'intesa finale.

Resta il nodo dei debiti che finiranno nelle «Bad Alitalia», che giocoforza le banche dovranno prima o poi affrontare. Il problema è stato quindi solo rinviato, probabilmente per non appesantire ulteriormente i bilanci.
Non è mancato in queste ore il pressing di Palazzo Chigi che, mettendo sul piatto il decreto per la liberalizzazione di Linate e il Fondo per la mobilità dei dipendenti della compagnia, si aspetta, anche perchè ci ha messo la faccia, un lieto fine della vicenda quanto prima.

Eppure sia Intesa Sanpaolo che il presidente Colaninno avevano messo in dubbio questa soluzione, evocando la possibilità di rimettere in gioco Air France e ribadendo che il piano industriale elaborato dall'amministratore delegato avrebbe potuto valorizzare fino a 2 miliardi Alitalia. Del resto, Colaninno non ha mai interrotto i contatti con Parigi. La rotta però adesso è un'altra. Con la corsa contro il tempo per mettere a punto l'operazione newco che Del Torchio e lo stesso Colaninno illustreranno nei dettagli lunedì 5 ad Abu Dhabi.


2. DEBITO IL MACIGNO DA 2 MILIARDI CHE ZAVORRA IL VOLO DEGLI ITALIANI
Roberta Amoruso per Il Messaggero

Circa 2 miliardi di euro. Forse anche qualcosa di più se si considerano gli ultimi tre mesi del 2013 sui quali mancano ancora numeri ufficiali. L'ultima fotografia aggiornata sul fardello del debito fornita dalla stessa Alitalia non è poi così lontana, ormai, dall'allarme lanciato a novembre 2008 da Augusto Fantozzi, l'ultimo commissario straordinario che ha conosciuto la compagnia di bandiera prima dell'operazione Cai-AirOne. Certo, oggi si parla di una società diversa, passata da una faticosa ristrutturazione e diversi piani industriali messi sul tavolo in cinque anni, anche con rotte profondamente diverse. Ma fa un po' impressione trovarsi come allora di fronte a un debito che si aggira intorno a 2 miliardi di euro.

L'ETERNA MINACCIA

Già, perchè è bene ricordarlo, quando un partner potenziale come Etihad va a guardare i conti del gruppo, mette subito la lente sull'indebitamento finanziario, quello verso le banche, ma il conto dei debito in realtà non si chiude affatto qui. Visto che ai 951 milioni di posizione finanziaria netta negativa fotografata a fine ottobre del 2013, vanno aggiunti almeno 165 milioni di nuovi finanziamenti arrivati dalle banche a gennaio scorso. Ma vanno anche sommati ben 785 milioni di debiti verso i fornitori per avere la situazione completa del debito della compagnia.

Chiariti questi numeri, va anche detto che è su quel miliardo scarso di saldo negativo tra debiti e crediti finanziari del gruppo (951 milioni di euro appunto) principalmente per finanziare gli investimenti nella flotta di proprietà (600 milioni) che si concentrano tutte le preoccupazioni. Vediamo in dettaglio perché. Da questa cifra in realtà andrebbero già stornati 97 milioni di euro, che corrispondono al prestito obbligazionario ormai convertito a fine anno in occasione dell'aumento di capitale. Poi ci sono i debiti verso altri finanziatori, come le società di factoring. E tolti i crediti finanziari e le disponibilità liquide (per 161 milioni) rimangono dunque 813 milioni di debiti verso banche.

IL FILO CON LE BANCHE

Qui si arriva al punto cruciale delle richieste avanzate da Etihad. Metà di questi debiti, circa 400 milioni, sono rappresentati da finanziamenti a breve. Un conto rotondo di impegni che la compagnia di Abu Dhabi chiede di convertire in equity insieme ai nuovi finanziamenti di gennaio scorso (70 milioni arrivati da Intesa Sanpaolo, 70 milioni da Unicredit e 25 milioni da Popolare di Sondrio e Mps).

La cifra nel mirino degli emirati arabi sale dunque almeno a 565 milioni di euro, di cui poco più della metà (circa 300 milioni) pesano sui bilanci di Intesa Sanpaolo. Naturale che sia la banca guidata da Carlo Messina a guardare con maggior attenzione il dossier. Da parte sua, Unicredit ha un conto aperto più esiguo con Alitalia. Senza contare che dopo aver messo in fila 9,3 miliardi di rettifiche di valore e 7,2 miliardi di accantonamenti su crediti straordinari nell'ultimo trimestre del 2013, deve aver messo in conto anche una perdita secca sulla compagnia aerea.

Il dossier rimane comunque di quelli caldissimi per le banche. Non solo perché le perdite del conto Alitalia nei bilanci degli istituti vengono da lontano. Ma anche perché sembra che uno dei paletti fissati da Etihad sia di fatto l'azzeramento del debito attraverso lo stralcio del resto dei debiti a breve non oggetto di conversione. Un boccone non facile da digerire per le banche che ieri hanno discusso a lungo anche di questo nell'incontro con il numero uno della compagnia Gabriele Del Torchio.

Per il resto, Abu Dhabi punta su un fondo ad hoc da 24 milioni per gestire la mobilità dei dipendenti Alitalia in esubero (non meno di 3.000 per Etihad). Ma esclude anche di farsi carico di qualsiasi minaccia dal passato. Compresi i contenziosi con Toto per Airone o con Easyjet.

 

 

ETHIAD ALITALIA x hostess etihad a sidney colaninno alitalia FIUMICINO ALITALIA ALITALIAKhalifa bin Zayed Al Nahyan riccone Etihad Livery big hostess etihad a sidney james hogan Etihad-aircraftjames hogan GABRIELE DEL TORCHIOEIHAD james hogan james hogan

Ultimi Dagoreport

donald trump giorgia meloni keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT - DIMENTICATE SCAZZI E VAFFA, DOMANI A ROMA TRA MACRON E MELONI SOLO BACI E ABBRACCI – SE L’EUROPA A TRAZIONE “VOLENTEROSI” HA BISOGNO DELL’ITALIA, DALL’ALTRA LA DUCETTA HA CAPITO DI ESSERE FINITA NEL VICOLO DELL’IRRILEVANZA - ACCANTONATI I SOGNI DI DIVENTARE LA REGINA DELLA DESTRA EUROPEA, MERZ E MATTARELLA LA SPINGONO VERSO IL PPE, USCENDO DAL GRUPPO DESTRORSO DI ECR - MACRON E MELONI SONO AMBEDUE ALLE PRESE CON L’ULTRA DESTRA DI MARINE LE PEN E DI MATTEO SALVINI (MA IL SECONDO SIEDE A PALAZZO CHIGI) - IL RENDEZ-VOUS DI DOMANI DOVRÀ RASSICURARE LA SORA GIORGIA CHE NON SARÀ PIÙ ESCLUSA DAI TAVOLI DEI NEGOZIATI SULL’UCRAINA, COME È SUCCESSO A TIRANA - SECONDO: ASSICURARSI L’INSOSTITUIBILE PRESENZA DELL’UNICO ALLEATO EUROPEO DOTATO DI POTENZA NUCLEARE ALLA CONFERENZA DEL 7 LUGLIO A ROMA SULLA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA. SENZA MACRON, SAREBBE NON SOLO UN FALLIMENTO TOTALE, MA INUTILE - IL PRAGMATICO MERZ SI STAGLIA SEMPRE PIÙ COME IL LEADER PER ECCELLENZA DELL’UNIONE EUROPEA: MERCOLEDÌ È ATTESO A WASHINGTON. DI SICURO NON SI RIPETERÀ IL PESTAGGIO SUBITO DA ZELENSKY: A FAR COMPAGNIA A MUSK CON UN OCCHIO NERO QUESTA VOLTA SAREBBE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO - VIDEO

massimo martinelli azzurra francesco gaetano caltagirone guido boffo roberto napoletano

FLASH! – MISTERO BOFFO! È DURATO APPENA UN ANNO GUIDO BOFFO ALLA DIREZIONE DE “IL MESSAGGERO”, CHE SARÀ AFFIDATA AD INTERIM AL DIRETTORE EDITORIALE MASSIMO MARTINELLI – BOFFO FU UNA SCELTA DI AZZURRA CALTAGIRONE, IN BARBA A PAPÀ CALTARICCONE – ALLA SCADENZA, ESATTAMENTE DOPO UN ANNO, IL CONTRATTO DI BOFFO NON È STATO RINNOVATO – NEL CUORE DI CALTA C’È IL RITORNO DI ROBERTO NAPOLETANO, ATTUALE DIRETTORE DE “IL MATTINO” DI NAPOLI, ALTRO QUOTIDIANO DEL GRUPPO CALTAGIRONE…

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL PRANZO DEI VELENI È SERVITO: LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI SONO VOLATI PIATTI E BICCHIERI TRA I TRE CABALLEROS DEL GOVERNO - MELONI E TAJANI HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL "PATRIOTA" TRUMPUTINIANO SALVINI, ACCUSANDOLO DI SABOTARE L'ESECUTIVO CON LE SUE POSIZIONI ANTI-EUROPEE E GLI ATTACCHI A MATTARELLA SUL CODICE ANTI-MAFIA DEL PONTE DELLO STRETTO – QUANDO SONO ARRIVATI I RISULTATI DELLE COMUNALI, CON LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA, "IL TRUCE" DELLA LEGA E' PARTITO ALL'ATTACCO, INCOLPANDO LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' (COLLE OPPIO E GARBATELLA) PER LA SCONFITTA A GENOVA: SE NON AVESSE CONVINTO BUCCI A LASCIARE LA POLTRONA DI SINDACO DI GENOVA PER CORRERE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LIGURIA (STOPPANDO IL LEGHISTA RIXI), IL SINDACO SAREBBE RIMASTO AL CENTRODESTRA. A QUEL PUNTO, SI E' SVEGLIATO TAJANI CHE HA RICORDATO A ENTRAMBI CHE SENZA I VOTI DI CLAUDIO SCAJOLA OGGI CI SAREBBE IL PD DI ANDREA ORLANDO ALLA REGIONE LIGURIA…

benjamin netanyahu matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT – QUANTO POTRÀ DURARE IL SILENZIO IMBARAZZATO E IMBARAZZANTE DI GIORGIA MELONI DI FRONTE AI 50MILA MORTI DI GAZA? LA DUCETTA NON VUOLE SCARICARE NETANYAHU PER NON LASCIARE A MATTEO SALVINI LA "PRIMAZIA" DEL RAPPORTO CON "BIBI". MA ANCHE PER NON IRRITARE LA POTENTE COMUNITÀ EBRAICA ITALIANA, STORICAMENTE PENDENTE A DESTRA – ORMAI ANCHE URSULA VON DER LEYEN E ANTONIO TAJANI (NON CERTO DUE CUOR DI LEONE) CONDANNANO LE STRAGI NELLA STRISCIA CON PAROLE DURISSIME: “AZIONI ABOMINEVOLI” – ANCHE LA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE SFANCULARE “BIBI”, COME STA FACENDO GIÀ TRUMP, CHE NEI GIORNI SCORSI HA ATTACCATO LA CORNETTA IN FACCIA A SEMPRE PIÙ IN-GAZATO PREMIER ISRAELIANO (OGGI HA RIVELATO DI AVERGLI "DETTO DI NON ATTACCARE L'IRAN")

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - IL GARBUGLIO DEL SUPER RISIKO BANCARIO SPACCA NON SOLO LA FINANZA MILANESE (DUELLO UNICREDIT-INTESA) MA STA FACENDO DERAGLIARE ANCHE IL GOVERNO DI DESTRA-CENTRO -GONG! OGGI È ANDATO IN SCENA UN PESANTISSIMO SHOWDOWN TRA MELONI, CHE È FAVOREVOLE AD APERTURE SUL GOLDEN POWER A UNICREDIT SULL’OPERAZIONE BANCO BPM CON TAJANI SOSTENITORE INDEFESSO DEL LIBERO MERCATO, E LA LEGA DI SALVINI CHE È PRONTA A FAR CADERE IL GOVERNO PUR DI NON MOLLARE IL “SUO” BANCO BPM A UNICREDIT - OGGI, ARMATO DI BAZOOKA, È SCESO IN CAMPO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI. INCALZATO DAI CRONISTI SULLE POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE PRESCRIZIONI DEL GOLDEN POWER APPLICATE ALLA BANCA DI ORCEL, L’ECONOMISTA DI CAZZAGO È SBOTTATO COME UN FIUME IN PIENA: “SE CI FOSSE IL MINIMO DISALLINEAMENTO (CON MELONI), NON CI SAREBBE UNA MINACCIA DI DIMISSIONI, MA LE DIMISSIONI STESSE. NON SI ANNUNCIANO LE DIMISSIONI, LE SI DANNO…”

donald trump zelensky vladimir putin russia ucraina

DAGOREPORT - TRUMP STREPITA MA NON COMBINA UN CAZZO – ZELENSKY PROPONE UN INCONTRO A TRE CON IL TYCOON E PUTIN MA NESSUNO LO CONSIDERA: PUTIN SI CHIAMA FUORI (“SOLO DOPO ACCORDI SPECIFICI”). E IL TYCOON? NON VUOLE UN INCONTRO DIRETTO CON PUTIN PERCHE', IL MOLTO PROBABILE BUCO NELL'ACQUA, SAREBBE L'ENNESIMA CONFERMA DELLA SUA INCAPACITA' DI RISOLVERE LA CRISI UCRAINA. LUI, CHE PRIMA DELLE ELEZIONI DICEVA “PORTERÒ LA PACE IN 24 ORE”, E A PIU' DI QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO SI RITROVA CON I DRONI E I MISSILI RUSSI CHE MARTELLANO PIÙ CHE MAI KIEV...