BERNABÈ LASCIA UNA TELECOM CON 36 MILIARDI DI DEBITI E INTASCA 6,6 MILIONI DI EURO! - 3,7 SONO QUELLI CUI AVREBBE DIRITTO FINO ALLA SCADENZA. E’ STATO “DIMISSIONATO”?

1. TELECOM: ADDIO BERNABE' COSTA AD AZIENDA 6,6 MILIONI
Radiocor - Franco Bernabe', che oggi ha rassegnato le dimissioni da presidente esecutivo di Telecom Italia, percepira' dall'azienda complessivi 6,6 milioni di euro. Nel dettaglio, 3,7 milioni di euro rappresentano, come contenuto nella relazione sulla remunerazione per l'esercizio 2012, il trattamento a cui Bernabe' 'avrebbe avuto titolo sino a naturale scadenza del mandato (compenso fisso, variabile, benefit e altri compensi a equilibrio degli oneri fiscali applicabili ai benefit tassati)'.

Gli altri 2,9 milioni di euro sono il corrispettivo dell'accordo di non concorrenza, di durata pari a 12 mesi, la cui stipula e' stata deliberata dal consiglio di amministrazione, in linea con la possibilita' prevista dal contratto in essere.


2. BERNABÈ: "ECCO PERCHÉ LASCIO TELECOM" - "PER EVITARE UNA SPACCATURA NEL CDA CHE PORTEREBBE A UNA PARALISI DEL GRUPPO"
Francesco Spini per "La Stampa"

Nessun ripensamento. Franco Bernabè ha aperto il primo consiglio di amministrazione della Telecom Italia post-riassetto, rassegnando le dimissioni dalla carica di presidente esecutivo. Nel discorso di commiato, ai consiglieri ha ripetuto ancora una volta la necessità di una ricapitalizzazione, nonostante il no di Telco e quindi di Telefonica.

Ma proprio per evitare spaccature in cda e conseguenti paralisi ha preferito lasciare.
Per il momento i consiglieri hanno adottato una soluzione-ponte, affidando «provvisoriamente» tutte le deleghe di Bernabè all'amministratore delegato Marco Patuano, il quale diventa comunque il nuovo capoazienda. In tale veste, oggi, incontrerà i sindacati sul piede di guerra (ieri c'è stato un presidio di rappresentanti dei lavoratori davanti alla sede milanese) preoccupati per il «no» dei soci alla ricapitalizzazione e pronti anche allo sciopero.

La presidenza del cda e la rappresentanza legale della società, invece, sono andate, sempre in «via di supplenza», al vicepresidente Aldo Minucci che ha guidato anche la riunione di ieri. Il cda ha «avviato il processo volto all'individuazione del nuovo presidente della società», assicura una nota diramata al termine della riunione. Questione di settimane, se non di giorni.

In pole position resta sempre Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane. Con lui si tratterà di trovare una quadra sulle deleghe da dividere con Patuano. E il cda, ieri, su questo ha tenuto libertà di manovra. In più c'era da sostituire il consigliere dimissionario Elio Catania: al suo posto è stato cooptato Angelo Provasoli, tra le altre cose presidente di Rcs Mediagroup.

L'uscita di Bernabè costerà al gruppo 6,6 milioni di euro. Si tratterà da un lato del «trattamento a cui avrebbe avuto titolo sino a naturale scadenza del mandato». E cioè 3,7 milioni tra compenso fisso e variabile e i benefit. Dall'altro ci sono 2,9 milioni di euro per un accordo di non concorrenza della durata di un anno e deliberato ieri dal consiglio.

Una volta dimessosi, Bernabè ha voluto spiegare il gesto anche ai dipendenti. In una lettera ha scritto di aver «deciso di fare un passo indietro» perché, «in questa fase critica per il futuro di Telecom Italia, una spaccatura in seno al consiglio di amministrazione sulla strada da intraprendere avrebbe determinato una paralisi dell'azienda e l'impossibilità di giungere a una soluzione condivisa».

Nella missiva il manager sottolinea di aver comunque rappresentato al consiglio «la necessità di dotare la società dei mezzi finanziari necessari a sostenere una strategia di rilancio».

Ma i soci di Telco han deciso diversamente, aprendo la strada a Telefonica. Secondo Gaetano Miccichè, dg di Intesa Sanpaolo (socia della holding), «l'azienda ha un forte potenziale, ci sono i presupposti perché il rilancio possa avvenire. Confido che il management attuale sia in grado di sviluppare tutto ciò».

Bernabè ieri ha incassato il plauso del viceministro delle Comunicazioni Antonio Catricalà («ha svolto con onore un incarico molto delicato») e del presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani («ha fatto quanto possibile per raddrizzare una situazione già molto compromessa»). Il quale però ha notato che «sulla separazione della rete è calata una cappa misteriosa per cui non se ne parla più».

Da Capri, l'ad di Wind, Maximo Ibarra, ha detto che la compagnia potrebbe partecipare alla nuova società, «conferendo parte dei suoi asset di rete fissa, con una quota minoritaria». Da Telecom, invece, silenzio sulla rete e nulla di fatto sul nuovo piano industriale. Ieri c'è stato tempo solo per un aggiornamento del codice etico e di condotta.

 

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