CACCIA AL TESORO! L’ACCORDO CON LA SVIZZERA PERMETTE AL FISCO DI INDAGARE SU 200 MILIARDI DI BENI ITALIANI - NEI FORZIERI ELVETICI, UN TERZO DELLA RICCHEZZA OFF SHORE MONDIALE

Gli spazi per gli evasori stanno svanendo uno dopo l’altro: tra le grandi piazze restano solo Dubai e Panama, Paese con il quale l’Italia ha firmato nel 2013 un accordo di reciproca assistenza che non è stato ancora ratificato - Poi restano «minuzie» come qualche Paese caraibico o sudamericano… -

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Paolo Baroni per “la Stampa”

 

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E adesso può davvero partire la caccia grossa ai capitali esportati all’estero. Un tesoro che, solo in Svizzera, per gli italiani vale almeno 120-150 miliardi tra depositi e attivi finanziari e può lievitare oltre quota 200 comprendendo anche beni immobili, opere d’arte o società, come ad esempio quelle che risultano intestatarie di elicotteri, jet o yacht.

Nelle banche elvetiche, che da sole custodiscono circa un terzo della ricchezza off shore mondiale, i conti intestati ad italiani sono almeno 10 mila.

 

E con la firma dell’accordo di ieri sullo scambio di informazioni per il nostro Fisco praticamente da subito non ci saranno più segreti. «È davvero tutta un’epoca che si chiude – spiega Francesco Giliberti Birindelli, consulente fiscale che opera tra Montecarlo e Ginevra -. Se poi consideriamo l’intesa siglata col Lussemburgo, e quelle in dirittura d’arrivo col Liechtenstein e poi molto probabilmente anche con Monaco, possiamo proprio dire che per chi detiene illegalmente capitali all’estero gli spazi si riducono notevolmente».

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FINE DI UN’EPOCA

«I paradisi fiscali hanno proliferato prima su avvenimenti cupi dell’umanità, come le guerre o il terrorismo, e poi negli ultimi vent’anni hanno beneficiato del lavoro di una bassa manovalanza che sfruttava l’asimmetria delle informazioni. Oggi questa era è conclusa», aggiunge Birindelli.

 

Gli spazi per gli evasori stanno svanendo uno dopo l’altro: tra le grandi piazze restano solo Dubai e Panama, Paese con il quale in realtà abbiamo firmato nel 2013 un accordo di reciproca assistenza che però da allora non è stato ancora ratificato. Poi restano «minuzie» come qualche Paese caraibico o sudamericano, dove però l’offerta di servizi finanziari non può certo competere con Montecarlo o Ginevra.

 

OBBLIGO TRASPARENZA

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D’ora in poi chi continuerà ad avere un conto all’estero dovrà farlo in condizioni di piena trasparenza. Non ha alternativa. «In realtà – spiega ancora Birindelli – ormai da mesi le banche svizzere, per paura di essere considerate complici degli evasori, rifiutano movimenti in contanti, sia depositi che prelievi, benché nessuna legge lo vieti. E molti orientamenti giurisprudenziali hanno dato loro ragione. E anche nel Principato di Monaco vi sono pendenti diverse cause nei confronti di banche che si rifiutano di estinguere i conti dei clienti in maniera non troppo trasparente».

 

TESORO PRUDENTE

Prudenzialmente il governo ha messo a bilancio appena un euro di incasso per effetto dell’introduzione della voluntary disclosure che entro fine settembre consente ai contribuenti di regolarizzare i capitali detenuti all’estero. In realtà, a fronte dei 120-150 miliardi stimati, si pensa si farne emergere circa 30-40.

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Si tratta di somme che per circa la metà sarebbero totalmente sconosciute al Fisco (e sulle quali andrebbero pagate tutte le tasse, con una aliquota media del 37%, ed un incasso una tantum pari a 5,5-7,5 miliardi), mentre sulle restanti somme si tratta solo di recuperare le tasse sugli interessi (gettito atteso di 1-1,4 miliardi).

 

A regime l’operazione trasparenza dovrebbe invece fruttare circa 5/7 miliardi all’anno. In realtà sulle stime gli operatori sono divisi: per il direttore finanza di Banca Generali, Stefano Grassi, potrebbero emergere 80 miliardi, che si tradurrebbero in 15 miliardi di entrate per lo Stato, mentre Massimo Boidi, di Synergia consulting è molto meno ottimista: «Dopo anni di annunci gli italiani sono smaliziati e c’è il rischio concreto che tutta questa operazione si riveli un flop».

 

 

 

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