CHI CI SALVERÀ DALL'IRRILEVANZA INTERNAZIONALE E DALL'IMPOVERIMENTO INTERNO? SECONDO EMMANUELE EMANUELE, LA DOPPIA MONETA, COME IN SVEZIA E DANIMARCA. IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE ROMA SPIEGA I DANNI DELL'EURO AL CIRCOLO ROMANO DEGLI AMBASCIATORI, CHE APPREZZANO MOLTO…

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DAGONEWS

 

Bisogna provarci ad avere anche in Italia la doppia moneta, come in Inghilterra, Svezia, Danimarca o i paesi dell’Est europeo, altrimenti ci condanneremo all’irrilevanza politica e all’impoverimento sociale del Paese. Mediobanca ha stimato che avremmo come somma algebrica tra costi e benefici 100 miliardi, spalmati in un periodo da stabilire, da dover pagare per poterci dotare anche noi della doppia moneta, ma quale sarebbe il costo economico e sociale di restare nella gabbia dell’euro che uccide la competitività dell’Italia?

 

EMMANUELE EMANUELE EMMANUELE EMANUELE

E’ su questo interrogativo posto da Emmanuele Emanuele che si è sviluppata una serata di dibattito davanti ad un uditorio particolarmente consapevole e partecipe, quello dei soci del Circolo del Ministero degli Esteri, giovedì sera a Roma. E proprio alcuni diplomatici hanno portato molta acqua alle tesi del presidente di Fondazione Roma e di Fondazione Terzo Pilastro fornendo particolari inediti e aiutando il relatore a fissare i passaggi principali e più controversi dell’ingresso dell’Italia nella moneta unica.

 

Eccoli, a beneficio di chi vuol capire cosa è successo, cosa sta succedendo e come porre rimedio ad una situazione in cui l’Italia non cresce e non potrà crescere abbastanza, ha spiegato Emanuele, proprio a causa di una moneta che ci soffoca.

 

Primo: nel 1992 le scelte sbagliate del governatore della Banca d’Italia, Ciampi, portarono ad una svalutazione della lira del 30 per cento e il governo chiese un prestito che ci tagliò le gambe per gli anni a venire. Secondo: quando entrammo nell’euro, alla fine degli anni 90, nessuno della delegazione italiana riuscì a capire perché il cambio venne fissato a 1936 lire per un euro, un livello assurdo frutto evidentemente della volontà della Germania di annullare la concorrenza dell’industria italiana.

 

emmanuele emanuele emmanuele emanuele

Terzo: a euro introdotto, l’ex ministro delle allora Attività produttive, Antonio Marzano (lo ha ricordato egli stesso nel dibattito), chiese di poter lasciare nei negozi i doppi prezzi, in lire e in euro, ma Bruxelles e la Germania dissero di no. Quarto: i prezzi in lire divennero in pochi giorni prezzi in euro con una clamorosa penalizzazione dei consumatori, soprattutto di quelli a reddito fisso, cosa che è tuttora alla base dell’impoverimento dei ceti medi italiani.

 

Quinto: dal 2011 il Tesoro ha perso 24 miliardi sui derivati, 8 miliardi solo nel 2016, a causa di contratti capestro che si chiudono e si riaprono alle stesse condizioni, cosa che ha vanificato il ribasso dei tassi della Banca centrale europea. Il risultato, secondo Emanuele, è che abbiamo perso due milioni di posti di lavoro dall’introduzione dell’euro, che la spesa pubblica improduttiva è triplicata, che la grande industria è sparita o è stata comprata a prezzi di saldo dagli stranieri, che la piccola e media industria è soffocata dalle tasse e dalla burocrazia, che il governo Monti ha peggiorato le cose con la Tobin Tax allontanando i capitali stranieri, che le banche italiane sono in grossa difficoltà.

 

In sintesi, rischiamo di sprofondare a livello della Grecia. Quindi serve un colpo di reni per reagire all’impoverimento, evitare le tensioni sociali cui inevitabilmente ci troveremo di fronte e recuperare sovranità a cominciare dalla doppia moneta, secondo l’esempio di Paesi che in tal modo stanno meglio di noi. E, contemporaneamente, facendo dell’Italia una zona di libero scambio al centro del Mediterraneo, l’area della nostra vocazione naturale, storica e geopolitica.

 

Il non detto del dibattito (Emanuele certo ha evitato di proposito di mettere in difficoltà gli ambasciatori a casa loro) è che servirebbe una classe politica forte e determinata per fare la scelta della doppia moneta, cosa di cui purtroppo non si vede traccia. E chi, come il presidente di Fondazione Roma e Fondazione Terzo Pilastro, ha già da decenni le idee chiare su quale Europa conviene all’Italia, non ha altri mezzi che sottoporre le sue idee ai decisori e animare la discussione sul tema.

marzano antonio Cnel marzano antonio Cnel

 

Ma il consenso che le sue tesi hanno trovato in una sede super qualificata non lascia dubbi sulle scelte coraggiose che il Paese dovrebbe fare per reagire alla sindrome della rana che non sarà più capace di uscire dall’acqua che da tiepida diventa bollente, con il debito pubblico che cresce inesorabilmente e il prodotto interno lordo che ristagna nonostante gli annunci, mentre i giovani non trovano lavoro.

 

Emanuele ha anche ricordato le iniziative della Fondazione Roma e di Fondazione Terzo Pilastro a favore dei più deboli, a cominciare dai 7 milioni annui elargiti su specifiche iniziative di aiuto ai malati agli ospedali romani e dal villaggio per i malati di Alzheimer che porterà il suo nome (così hanno voluto i soci), che verrà inaugurato a breve a Roma alla Bufalotta e che ha dovuto superare incredibili difficoltà burocratiche, non ultima la richiesta di garantire che per 200 anni che il Tevere evitasse di esondare.

 

 E poi l’arte e la cultura, altro grande filone di impegno. Ma la conclusione di Emanuele è rivolta alle questioni generali: “abbiamo il dovere civico di studiare e proporre una soluzione per la questione euro se l’Italia non vuole sparire a livello internazionale ed evitare l’impoverimento sistemico a livello nazionale”.

 

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