CLICCA E COMPRA - GLI ITALIANI HANNO SCOPERTO IL COMMERCIO ONLINE. MA NON LE AZIENDE: IL 70% DEI PRODOTTI VIENE ACQUISTATO SU SITI STRANIERI. E NON SI TRATTA DI PROVINCIALISMO

Giuseppe Bottero per “la Stampa

 

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Gli italiani sono pronti, le imprese non ancora. Nonostante i numeri in crescita, nel commercio elettronico restiamo tra le cenerentole d’Europa: con un valore complessivo che supera di poco i 13 miliardi l’anno, le vendite realizzate dai siti di casa nostra guardano da lontano Francia, Germania e soprattutto Gran Bretagna, dove il mercato digitale corre verso quota 80 miliardi.

 

Eppure qualcosa sta cambiando. A inizio dicembre arriverà Italydock, una cyber-vetrina per distribuire nei Paesi Ue i prodotti di 60, selezionatissime, piccole aziende: voluto con forza dal governo e realizzato dall’agenzia Ice in collaborazione con Poste, il portale è considerato un tassello importante per il rilancio delle esportazioni.

 

Pochi giorni prima, l’11 novembre, un altro test: sul sito cinese Alibaba debutterà un’area dedicata ai nostri marchi. Si tratta di due iniziative diverse, ma l’obiettivo è lo stesso: recuperare terreno. Perché a sorridere grazie all’e-commerce, in Italia, finora sono stati soprattutto gli stranieri.

amazon logoamazon logo

 

I 16 milioni che nel corso dell’ultimo anno hanno fatto acquisti via web, infatti, si sono affidati in larga parte ai colossi statunitensi, le «dot-com»: 20 grandi gruppi, da Amazon in giù, che stanno monopolizzando il mercato. Secondo un’indagine di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, i giganti internazionali pesano per il 54% delle vendite, un numero che sfonda il 70% se si considerano solo i prodotti e non i servizi (dal turismo alle assicurazioni).

 

«Una percentuale che mette in luce le debolezze degli operatori tradizionali. Ancora stentano a interpretare l’online come un reale canale alternativo e per questo non riescono a giocare un ruolo da protagonisti», dice Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano.

 

Eppure la Banca Mondiale lo ripete da anni: per le Pmi la via della crescita è lastricata di byte. Spese basse, magazzini più snelli, un miliardo di potenziali consumatori. Per non sprecare l’occasione all’Italia serve una scossa.

ALIBABA ALIBABA

 

«Abbiamo un problema culturale, di visione: le imprese che vendono online sono solo il 4% del totale, e l’accesso alla banda larga rimane carente», ammette il presidente di Netcomm Roberto Liscia, che pure vede spiragli positivi, soprattutto da parte di chi acquista: «C’è un nuovo tipo di cliente, il “Superconsumatore” col pieno controllo del processo di acquisto. Compra online e usa Internet per fare acquisti tradizionali e consapevoli».

 

In sostanza: chi si avvicina a una vetrina, ormai, conosce il vero prezzo di un prodotto e le sue caratteristiche. «Il 40% degli acquisti tradizionali è influenzato da quanto visto online», prosegue Liscia, che all’inizio del 2015 lancerà un marchio europeo per aumentare la fiducia dei clienti. «Ora il digitale vale solo il 3,5% delle vendite retail, c’è spazio per crescere».

 

amazon smartphoneamazon smartphone

Una boccata d’ossigeno è arrivata dalla diffusione dei dispositivi mobili: gli affari via smartphone nel 2014 hanno fatto registrare un incremento del 100%, superando gli 1,2 miliardi di euro. Se si aggiungono le transazioni via tablet, l’incidenza delle vendite da mobile raggiunge il 20% del totale. «Anche se le aziende riconoscono le potenzialità della trasformazione digitale, sono ancora poche quelle che le stanno già impiegando come leva di crescita effettiva», dice Mike Sutcliff, numero uno di Accenture Digital.

 

Il governo, oltre ad accelerare sulla promozione, si sta muovendo anche sugli incentivi: nei giorni scorsi è stato sbloccato il voucher per la digitalizzazione delle Pmi. La misura prevede un massimo di diecimila euro che le aziende possono incassare e spendere in hardware, software o servizi che favoriscano l’innovazione tecnologica.

samsung galaxy s4samsung galaxy s4

 

Una goccia nel mare, forse, ma anche un tentativo di contrastare la «delocalizzazione 2.0»: la Svizzera, infatti, ha iniziato a sedurre anche gli imprenditori digitali. E un colosso Usa come Guess, per la sede europea del sito di e-commerce, ha scelto Berna: ad attirarlo una tassazione più bassa e regolamenti più snelli per chi vende e per chi acquista. E per gli scontrini sotto i 150 euro, dalla Svizzera all’Italia, non si applicano dazi sulle spedizioni.

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