1. LA COLLEZIONE COL VELO DI DOLCE E GABBANA PER IL MERCATO ARABO “ABAYA” E INCASSA
2. D&G SI ISLAMIZZANO, FANNO UN PICCOLO INCHINO AI “CONSUMATORI MUSULMANI” RISPETTOSI DEL CORANO E LANCIANO SUL MERCATO LA PRIMA LINEA PRÊT-À-PORTER DI HIJABS E ABAYAS, LE LUNGHE TUNICHE CHE LASCIANO SCOPERTO SOLO IL CAPO, LE MANI E I PIEDI CHE VENGONO INDOSSATE DALLE MUSULMANE PER COPRIRE IL CORPO AL FINE DI PRESERVARE IL LORO PUDORE
3. SCELTE CHE HANNO UNA RAGIONE PIUTTOSTO SEMPLICE, CHE SI CHIAMA “NEXT 1 BILLION MARKET”. DA TEMPO I BRAND OCCIDENTALI HANNO MESSO GLI OCCHI SU UN NUOVO MERCATO DI “CONSUMATORI ISLAMICI”, POTENZIALMENTE COMPOSTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI PERSONE

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DOLCE GABBANA DOLCE GABBANA

Francesco Borgonovo per “Libero Quotidiano”

la moda araba di dolce e gabbana la moda araba di dolce e gabbana

 

Non deve stupire che Dolce e Gabbana abbiano lanciato una nuova collezione chiamata Abaya composta interamente di donne velate. D&G interpretano il velo alla loro maniera, abbinandolo ad abiti eleganti ed estrosi, ad occhiali floreali e borse colorate. I due stilisti, probabilmente, hanno con il velo un legame forte, che deriva dal rapporto profondo con la Sicilia (una terra in cui la religione islamica ha esercitato la sua influenza per lungo tempo). Non è nemmeno la prima volta che accade una cosa del genere: da Tommy Hilfiger a DKNY fino ad H&M, molti grandi marchi della moda negli ultimi anni hanno proposto collezioni ad hoc in occasione del ramadan, o comunque rivolte a un target islamico.

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Queste scelte hanno una ragione piuttosto semplice, che si chiama «Next 1 Billion Market». Come ha spiegato lo studioso Lorenzo Declich in un bel saggio intitolato L'islam nudo (Jouvence editore), da tempo le grosse compagnie transnazionali hanno messo gli occhi su un nuovo mercato di «consumatori islamici», potenzialmente composto da un miliardo e mezzo circa di persone. Naturale che i brand occidentali si buttino a pesce in questo mare di soldi.

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A questo mercato, il capitalismo occidentale fornisce ogni genere di prodotto, dalle scarpe alle scatolette di cibo halal fino all' intrattenimento televisivo. A lungo i tifosi della «fine della storia» hanno creduto che il mondo islamico si sarebbe «occidentalizzato» grazie ai videoregistratori e ai film di Hollywood esportati dagli Usa. Però la storia non è finita e ha dimostrato che tale convinzione era sbagliata. Il mondo islamico ha accolto le nuove tecnologie, i media e i prodotti che l' Occidente forniva adattandoli alla proprie esigenze.

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Gli Usa esportavano serie tv?
Bene, ora nei Paesi musulmani proliferano gli sceneggiati televisivi, che però hanno una forte connotazione islamica.
La diffusione dei social network, lungi dall' esportare la democrazia, è stata ed è tuttora uno strumento formidabile nelle mani dei jihadisti, che del resto sfruttano le tecniche hollywoodiane per la loro propaganda. Insomma l' islam - variegato e complesso - ha preso la fetta di modernità che gli serviva, senza per questo secolarizzarsi.

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Piuttosto ha sfruttato la «cultura dominante» di fattura occidentale, quella che viene definita «mainstream», ma non si è «occidentalizzato». Il fatto è che siamo tutti immersi in questa cultura globale che tende a uniformare e spesso a cancellare le culture nazionali.
Solo che alcune culture si fanno colonizzare facilmente, altre no. Ed è questo il caso dell' islam.

 

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Dal canto suo, la cultura massificata - di cui fa parte anche la moda - è molto ben disposto a piegarsi alle esigenze della civiltà più forte, che nello specifico è quella islamica. In fondo, conta vendere dei prodotti, non diffondere una cultura. Ecco allora che il mainstream si islamizza, fa un piccolo inchino ai «consumatori musulmani». C' è un problema, però. Visto che nel mainstream siamo a bagno anche noi, le conseguenze del suo cambio di senso (in direzione della Mecca) ci toccano.


L' alta moda «islamizzata» poco cambia per le donne musulmane. Loro il velo lo portavano anche prima. Inoltre, i musulmani abbienti hanno sempre acquistato capi pregiati di griffe occidentali (quando non hanno direttamente comprato il marchio a suon di petrodollari). Basta farsi un giro per le principali «vie della moda» d' Europa per trovare donne interamente coperte dal niqab entrare in costosissimi negozi di biancheria intima.

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Per gli europei il discorso è un po' diverso. Il mutamento del mainstream influenza soprattutto noi. Trovare un velo in passerella o in un magazine patinato contribuisce a renderlo meno «alieno», in qualche modo lo sdogana. Ci si può pure abituare all' idea di indossarlo o vederlo indossato quotidianamente, trovandolo pure cool.

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Certo, la moda ha sempre giocato con i simboli religiosi di tutte le fedi. Il più delle volte è riuscita a desacralizzarli, a privarli di significato religioso. Ma tale svuotamento, con una religione forte e radicata come l' islam - molto diffusa e dotata di potere economico - non avviene. In questo caso, è più facile che sia il velo a proiettare l' ombra del sacro prima sulla moda, poi su tutto il resto.

 

TUNICHE CON POIS E MARGHERITE

Marianna Baroli per “Libero Quotidiano”

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Il 2016 è appena iniziato ma il brand italiano Dolce&Gabbana ha già segnato un importante traguardo nel mondo della moda mondiale. Questa settimana, infatti, la coppia di stilisti siciliana simbolo del Made in Italy nel mondo e dell' italianità mediterranea, ha lanciato sul mercato la prima linea prêt-à-porter di hijabs e abayas, i copricapo e le lunghe tuniche che lasciano scoperto solo il capo, le mani e i piedi che vengono indossate dalle donne musulmane per coprire il loro corpo al fine di preservare il loro pudore.

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L' apertura al mondo musulmano e l' accettazione, per la prima volta, dello stile di vita delle donne mediorientali arriva in un momento in cui religione e politica si trovano a scontrarsi sempre con più insistenza. Per la coppia di stilisti, tuttavia, la moda deve rimanere sempre e completamente super partes. Ecco quindi comparire, nei cataloghi della casa di moda italiana quattordici look creati per vestire completamente dalla testa ai piedi una donna musulmana rispettosa del Corano.

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Se i colori prescelti (il nero luxe e il sand beige) rispettano la neutralità e i dettami della «scarsa appariscenza» a cui si appella il radicalismo islamico, a non mancare è invece quel tocco di italianità e femminilità dal profumo mediterraneo simbolo del marchio di Stefano Gabbana e Domenico Dolce.

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A creare così un twist nel look delle donne musulmane saranno gli hijab creati con le stampe tipiche delle collezioni Dolce&Gabbana, caratterizzare dai pois bianchi e dai limoni, ma anche dalle grandi margherite, anticipazione della stagione primavera/estate 2016 del marchio da abbinare agli abayas neri, trasparenti, con ricami in contrasto bianco e nero dai pattern barocchi. Le tuniche, in georgette di seta semitrasparente e in satin sono arricchite da importanti pizzi e da ricami che impreziosiscono anche i tessuti più semplici. A rendere unico il look sono anche gli accessori, da sempre al centro dell' attenzione delle donne mediorientali.

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Se infatti gli abiti di Dolce&Gabbana, tra i marchi preferiti dalle donne mediorientali, erano riservati agli incontri con altre donne o alla riservatezza della proprio famiglia, scarpe, borse e gioielli sono da sempre uno dei punti di forza dei look delle donne islamiche che continuano a prediligere, nonostante gli hijab e gli abayas firmati, le grandi borse della collezione, gli importanti occhiali e le scarpe con tacchi e zeppe di altezze vertiginose.

 

la moda araba di dolce e gabbana la moda araba di dolce e gabbana

Un primo annuncio di un' apertura verso la moda islamica era stato rivelato da Stefano Gabbana lo scorso anno quando, in un' intervista, rivelò che la coppia «davvero affascinata dal Medio Oriente» era al lavoro su «una collezione prêt-à-porter di abaya e hijab ricca di pizzi, ricami e stampe».


Il marchio, noto per la sensualità e la femminilità dei suoi abiti, ritrova così una speciale consapevolezza e si vota verso tutte quelle donne che - per religione o scelta - decidono di vestire in modo più pudico ma senza rinunciare alla moda. Secondo un report stilato dal Thomson Reuters found, i musulmani hanno speso, solo nel 2013, oltre 266miliardi di dollari in abiti e accessori. Una cifra destinata a raddoppiarsi entro il 2019 quando i miliardi spesi per il mondo del fashion saranno 484.
La collezione, disponibile negli Emirati Arabi da ottobre scorso sbarcherà presto anche nei negozi di tutto il mondo.

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