1. DOPO LA BOMBASTICA INTERVISTA DI LERNER A DESCALZI CHE SFANCULA SCARONI E BISIGNANI (“TRAFFICANTI”), NASCOSTA A PAGINA 25 DI “REPUBBLICA” SPUNTA LA RETROMARCIA DEL NUOVO AD DELL’ENI: “NON RITENGO CORRETTO DIRE CHE “ALL’ENI DECIDEVA TUTTO SCARONI”. INOLTRE, NON È VERO CHE NON PARLO DA MESI AL TELEFONO CON SCARONI” 2. ORMAI LA BOMBA PERÒ È INNESCATA E BISIGNANI GLI RISPONDE: “SULLA NIGERIA LE LACRIME CHE DESCALZI VERSA SONO LACRIME DI COCCODRILLO, DI UN UOMO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI, INCAPACE DI RIVENDICARE QUELLO CHE È STATO UN GRANDE AFFARE PER L’ENI” 3. E POI: “DEVE LA CARRIERA A SCARONI". ANCORA: "IO L’HO VISTO PRONO DAVANTI A SCARONI...” 4. SUL ‘’GIORNALE’’, NICOLA PORRO LO PRENDE IN GIRO: “DICE CHE DA MESI NON PRENDE PIÙ LE CHIAMATE DI SCARONI, MA PARE CHE ACCETTI GLI INVITI A CENA: UN TAVOLO PER POCHI”

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ALL’ENI LA GOVERNANCE RIMANE ECCELLENTE

Lettera di Claudio Descalzi a “la Repubblica

 

paolo scaroni and denis sassou nguesso eni paolo scaroni and denis sassou nguesso eni

Caro direttore, in merito all’articolo apparso ieri su Repubblica vorrei precisare che questo contiene, almeno in parte, affermazioni che non ho mai fatto. In particolare, mentre in Eni è in atto una trasformazione industriale, che risponde alle esigenze di un contesto di business che è radicalmente mutato negli ultimi anni, la governance dell’azienda è e rimane eccellente. Eni è ben gestita da molti anni, con processi rigorosi e segregati di proposta, valutazione e approvazione che sono stati rispettati da tutti coloro che hanno lavorato all’acquisizione dell’Opl 245 con Shell, ad ogni livello gerarchico fino all’approvazione del Cda. Non ritengo quindi corretto dire che “all’Eni decideva tutto Scaroni” in quanto non rende giustizia né alla struttura di governance della società né alle persone. Inoltre, non è vero che non parlo da mesi al telefono con Scaroni.

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Amministratore delegato dell’Eni

 

 

2. BISIGNANI REPLICA AL BOSS ENI: “QUELL’INGRATO DI DESCALZI DEVE TUTTO A SCARONI”

Marco Lillo per “il Fatto Quotidiano

 

Quando ha letto le dichiarazioni di Claudio Descalzi su Repubblica, Luigi Bisignani non credeva ai suoi occhi. Tra le lacrime, l’amministratore delegato di Eni ha scaricato il suo predecessore e ha picchiato duro sul suo amico lobbysta.

   

Bisignani tra le sue tante colpe ora se ne aggiunge una nuova: ha fatto piangere Descalzi, per l’indagine sulla corruzione in Nigeria. Si sente in colpa?

   Sulla Nigeria le lacrime che Descalzi versa con Gad Lerner sono lacrime di coccodrillo di un uomo probabilmente sull’orlo di una crisi di nervi incapace di rivendicare quello che è stato un grande affare per l’Eni e nel quale io non ho compiuto nulla di non lecito.

 

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Il Fatto ha criticato Descalzi per la sua disponibilità con lei nelle telefonate intercettate nel 2010. La rassicura sul possibile scavalcamento del mediatore Obi, amico di Dinardo, che è amico suo, nell'affare nigeriano e la aggiorna sulle trattative. Ora dichiara: “Non mi fa dormire la notte l’idea di venire associato a un Bisignani o agli altri trafficanti con cui non ho nulla a che spartire”. Lei che ne dice?

   Non c’è dubbio è un bel voltafaccia. Umanamente mi dispiace molto per il rapporto che ho avuto con lui ma del resto il coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare, come diceva Manzoni, e alla prima prova ha dimostrato la sua inadeguatezza infangando inutilmente me che gli ho solo dimostrato amicizia. E soprattutto Scaroni a cui deve la carriera. In quel periodo ho ricevuto qualche sua telefonata per informarmi ma più probabilmente per blandirmi perché teneva molto a instaurare un rapporto con me. Sembrava addirittura lusingato di chiedermi consigli sulle vicende e le persone che gli interessavano.

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   Nelle telefonate Descalzi è talmente disponibile con lei che gli investigatori napoletani lo avevano scambiato per Scaroni.

   Descalzi era il pupillo prediletto di Scaroni. Mi sembrano talmente incredibili le sue parole su me e più ancora su Scaroni che ho aspettato per tutta la giornata una smentita che non è arrivata alle incredibili dichiarazioni. Allora con grande dispiacere ribadisco come sono andate le cose: è vero che mi rivolsi a Scaroni quando Dinardo, un mio vecchio amico, mi segnalò questa opportunità proposta dal mediatore Obi.

 

Scaroni girò la segnalazione a Descalzi, per anni a capo dell’Eni a Lagos. Descalzi fece fare l’istruttoria e decise di seguire la strada che gli avevo indicato del mediatore Obi. Una strada che poi ha abbandonato. Tutto qui. Bastava che dicesse questo. Senza parlare di “trafficanti”. Poi su tutto quello che è successo dopo, quando l’Eni ha concluso l’accordo con il Governo tagliando fuori Obi, io sono completamente estraneo.

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   Bisignani non faccia il modesto. Il tempo dirà se la spesa di un miliardo e 92 milioni di dollari per il blocco OPL245 sia stata sensata. Ma una cosa è certa: senza di lei quell’affare non si sarebbe mai fatto. Solo dopo la sua segnalazione l’Eni scrive una mail all'amico di Dinardo, Obi, per dire che è interessata a trattare.

   Nella vicenda del pozzo 245, io ho avuto un ruolo iniziale di semplice segnalazione. Obi rappresentava una società di consulenza ben nota in Nigeria per aver partecipato alla privatizzazione delle telecomunicazioni e aveva un mandato dal venditore nigeriano. Non chiedeva nulla all’Eni. Dinardo non ha mai incontrato né Scaroni né Descalzi. Né io ho mai partecipato ad alcuna riunione e ad alcun incontro tra Obi e Descalzi.

 

   Lei stesso ha ammesso però che, se l’affare fosse andato in porto, sarebbe arrivato per lei un riconoscimento economico da Dinardo, che a sua volta avrebbe avuto un riconoscimento da Obi. Giusto?

o GAD LERNER facebook o GAD LERNER facebook

   Avviene così in ogni affare, dalla vendita di un appartamento a quello di una banca. Ma non si arrivò neppure a parlarne. Nulla di strano. Per questo sono amareggiato dall’incredibile sfogo di Descalzi ma tranquillo perché dalle carte e dalle intercettazioni è evidente che sono quasi subito uscito di scena e non ho preso né preteso un euro.

 

Ignoravo perfino la causa inglese che poi ha permesso a Di Nardo di rientrare in partita. Invece Descalzi ha frequentato e stimava Obi che rappresentava in quel momento il venditore. I messaggi e i colloqui tra loro, per quel breve periodo prima che venisse messo da parte, erano diretti e non passavano certo da me che in quel periodo avevo guai personali ben più seri.

 

   In questa storia c'è una stranezza: lei segnala l’affare. La trattativa parte con quel mediatore, Obi, poi qualcosa si rompe e l’Eni chiude direttamente con il Governo nigeriano. Non sarà che i suoi problemi giudiziari a Napoli con l'inchiesta P4 abbiano convinto l’Eni a far fuori Obi per evitare guai?

bisignani bisignani

   Lo sviluppo dell’inchiesta di Napoli è successivo. Scaroni è stato sentito a marzo 2011 e alla fine del 2010 l’affare era già saltato. Evidentemente il mediatore Obi non era gradito a Eni, alla Shell, e al governo nigeriano. Forse proprio per questo Eni e Shell hanno deciso di trattare direttamente con il governo nigeriano. Bisognerebbe che i protagonisti, a partire da Descalzi, lo spiegassero meglio.

 

   Peccato che lei non possa più chiedergli spiegazioni al telefono. Descalzi non risponde più nemmeno a Scaroni.

   La frase in cui dice che non risponde neppure al telefono a Scaroni oltre che non vera credo sia davvero una vergogna. Anzi ricordo bene l’ammirazione incondizionata che aveva per Scaroni che considerava il petroliere più influente del mondo. Diceva che non solo era il suo padre professionale ma un uomo che gli era stato particolarmente vicino in alcune sue vicende personali. Io l’ho visto prono davanti al suo predecessore. C’è davvero da ricordare Andreotti quando diceva che la riconoscenza è il sentimento della vigilia. Strana la vita. Davvero brutta domenica. E la Lazio ha anche perso a Genova.

 

3. L’ENI E LA STRANA CHIACCHIERATA CON REP

Estratto dell’articolo di Nicola Porro per “Il Giornale

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[...] Ci sono almeno un paio di indizi che ci devono far pensare che il boss dell'Eni sia sotto stress. Il primo è facile da intuire: parlare con Lerner con la «voce spezzata dal pianto» non è raccomandabile per un signore che deve portare a casa ogni anno più di 100 miliardi di fatturato. In mercati non sempre semplici e con scelte strategiche da far tremare i polsi oltre che la voce. E poi quella frasetta buttata là «Da mesi non prendo più le chiamate di Scaroni, qui dentro sto cambiando tutto». Non prende le chiamate ma pare che accetti gli inviti a cena: un tavolo per pochi. Compresa sua moglie congolese Madò. Lo stress evidentemente gioca brutti scherzi alla memoria. Quella di breve, brevissimo periodo.

 

4. LA RABBIA DI DESCALZI “NON HO MAI PRESO SOLDI IN NIGERIA DECISE SCARONI RESTO PER CAMBIARE TUTTO”

Gad Lerner per “la Repubblica

 

«Adesso basta. Voglio gridarlo al mondo che non sono un disonesto. Dopo una vita di lavoro nel petrolio, sempre rimasto alla larga da giri loschi, non mi fa dormire di notte l’idea di venire associato a un Bisignani o agli altri trafficanti con cui non ho nulla a che spartire. Proprio ora che stavo cambiando tutto all’Eni, dopo i 9 anni della gestione Scaroni».

scaroni scaroni

 

È una voce spezzata dal pianto quella dell’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, indagato per corruzione internazionale nella storiaccia del giacimento nigeriano 245 e della maxi-stecca pretesa dagli intermediari.

 

Non riesce a trattenere lo sfogo, Descalzi: «Davvero chi mi conosce può pensare che io resti attaccato a quella poltrona? Certo non posso permettermi di smettere di lavorare, io. A differenza di chi mi ha preceduto guadagno bene ma non sono né miliardario né milionario. Non ci fosse di mezzo un procedimento penale cui rispondere, e la reputazione dell’Eni oltre che mia personale, me ne sarei andato già altrove. Un posto, per quanto meno importante, me l’ero già trovato a Londra, prima della nomina».

 

Tira davvero una brutta aria qui a Metanopoli, dove Enrico Mattei concepì la sua città-azienda di vetrocemento prima ancora che le marcite venissero solcate dall’Autostrada del Sole. Da sempre l’uomo-prodotto Descalzi era insediato un poco più in là, nelle palazzine dell’Agip, dove, confida sempre agli amici, «in 9 anni Scaroni non ha messo mai il naso».

 

Logo \"Eni\" Logo \"Eni\"

Nominato da Renzi al vertice del colosso petrolifero, si è dovuto trasferire al dodicesimo piano del primo palazzo, quello disegnato dall’architetto olivettiano Marcello Nizzoli. Tira una brutta aria perché nonostante Descalzi abbia smantellato le strutture direzionali del predecessore, a cominciare dal settore comunicazione affidato a Stefano Lucchini con un budget di centinaia di milioni, tuttora uomini e donne della gestione precedente occupano posizioni-chiave, e la fiducia reciproca è andata a farsi benedire.

 

Uno dei nuovi consiglieri d’amministrazione, l’indipendente, Luigi Zingales, ha considerato “temeraria” la difesa pubblica di Descalzi attuata dal premier. Nei giorni scorsi voleva rassegnare le dimissioni, lo hanno dissuaso. Si paventano conseguenze pesanti da parte delle autorità governative e dalla Sec degli Stati Uniti, già in passato rivelatesi severissime in materia di corruzione internazionale.

 

CLAUDIO DESCALZI CLAUDIO DESCALZI

Ma nell’attesa degli eventi, è sul ruolo di Descalzi che serpeggia incredulità man mano che i blog pubblicano intercettazioni telefoniche dell’ad con Luigi Bisignani e gli sms da lui scambiati col nigeriano Emeka Bobi, rivelatosi portaborse dello screditato ex ministro del petrolio Dan Etete. Possibile che non solo Scaroni, ma anche Descalzi, fosse disposto a tutto pur di rafforzare Eni nel delta del Niger?

 

Gli amici restano interdetti perché conoscono l’abissale differenza di carattere, di frequentazioni e perfino di tenore di vita tra Scaroni e Descalzi. Se il primo dispone di abitazioni prestigiose da Roma a Milano, dall’Argentario a Cortina a Sankt Moritz, lui invece risiede in un modesto appartamento di semiperiferia, cui da poco si è aggiunta una casa a Londra. Eppure uno degli indagati, Vincenzo Armanna, manager licenziato dall’Eni a seguito di presunte malversazioni in Medio Oriente, dichiara di aver suggerito a Etete di alzare di 200 milioni la quota di intermediazione pattuita perché bisognava distribuirla «fra Obi e altri manager di Eni, incluso Descalzi». Un’insinuazione che lo fa fremere di rabbia.

claudio descalzi claudio descalzi

Di passare per sodale degli uomini della cosiddetta P4, a Descalzi proprio non gli va giù. E allora agli amici confida: «Fu Scaroni a parlarmi della possibilità di acquisire l’ottimo blocco 245 in Nigeria. Chiarii subito che era un ottimo giacimento, ma che se c’era di mezzo Etete non si poteva fare. Scaroni poco dopo mi invitò a casa sua e mi fece incontrare Bisignani.

 

Anche le successive conversazioni con Bisignani passarono dal telefono di Scaroni. Era il mio capo… Da mesi io non prendo più le chiamate di Scaroni, qui dentro sto cambiando tutto». L’altro aspirante mediatore italiano di questa trattativa, Gianluca Di Nardo, assai legato al finanziere milanese Francesco Micheli, Descalzi assicura di non averlo mai incontrato.

 

E quando alla cena del Principe Savoia fece la sua comparsa imprevista l’ex ministro Etete, Descalzi chiuse rapidamente l’incontro e se ne andò. Resta convinto di poter dimostrare ai giudici, assistito dall’avvocato Paola Severino, che l’acquisizione del blocco 245 per 1,3 miliardi sia andata a buon fine direttamente col governo nigeriano, dopo verifica congiunta con i partner della Shell.

 

Lo ha scritto nella lettera rivolta a tutti i dipendenti Eni, si appresta a ribadirlo nella riunione dei 140 Key-manager convocata nei prossimi giorni. Eppure le pretese di Etete sulla titolarità della società Malubu, cointestataria insieme a Shell del blocco 245, erano già state riconosciute nella sentenza di un tribunale inglese che in suo favore ha sequestrato cautelativamente circa 200 milioni di dollari.

videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 5 videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 5

 

Nell’assemblea degli azionisti Eni del maggio scorso tale circostanza fu riferita dall’avvocato Simon Taylor dell’ong Global Whitness, supportato dagli attivisti italiani di Recommon. Perchè Descalzi non ne ha tenuto conto? La sua tesi è che la controversia interna all’establishment nigeriano, approdata a Londra, non dovesse riguardare l’Eni visto che la trattativa e il conseguente Exclusivity agreement sono stati sottoscritti direttamente col governo di Abuja.

 

Il governo nigeriano ha espropriato Malabu. Eni ha sottoscritto l’accordo con i ministri delle giustizia, delle finanze e del petrolio di Abuja. Dunque le sollecitazioni di Bisignani, a lui giunte pressanti per il tramite di Scaroni, erano destinate a rimanere lettera morta. E pazienza se lo stesso Scaroni le aveva taciute, a precisa domanda, nel corso di un’audizione alla Commissione Attività Produttive del Senato presieduta da Massimo Mucchetti il 3 aprile scorso.

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Commenta oggi Mucchetti: «Se il premier Renzi su questa vicenda ha assunto una posizione diametralmente opposta a quella tenuta su Finmeccanica e Expo 2015, mi auguro che l’abbia fatto sulla base di una documentazione convincente dei nostri servizi segreti».

 

Così veleni e sospetti ammorbano Metanopoli nel mezzo di una transizione delicatissima. Altri malumori ha suscitato la decisione di Descalzi di cedere Saipem e pure la procedura avviata per il risanamento delle perdite della raffineria di Gela. La rivoluzione aziendale è vissuta come una minaccia da molti dirigenti del passato.

videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 2 videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 2

 

Resta il solito dubbio del “così fan tutti”: ancora oggi, come ai tempi del fondatore Mattei, non è possibile operare nella compravendita di petrolio e gas senza il lubrificante della corruzione? Descalzi lo ha sempre negato.

 

Sostiene che né le multinazionali né i governi occidentali possono più permettersi questa scorciatoia immorale. Che anzi sarebbe disastroso per tutti — per ragioni economiche, politiche e militari — se il fiume di denaro dell’energia riversato sull’Africa continuasse ad affluire nelle tasche sbagliate.

 

Paolo Scaroni Paolo Scaroni

Si spiegano così le preoccupazioni che hanno portato il consigliere Luigi Zingales sull’orlo delle dimissioni: che un’altra macchia sulla reputazione dell’Eni, già multata negli Usa per la precedente vicenda nigeriana TSKJ, e coinvolta nello scandalo delle presunte tangenti Saipem in Algeria, danneggi gravemente l’interesse nazionale. Tutto questo grava sulle spalle di Descalzi.

 

Ma lui, prima ancora, si dispera all’idea di passare per intascatore di mazzette. Lui che ama l’Africa, lui che ha sposato la congolese Madò, lui che si sente intrappolato in una compagnia da cui girava al largo.

 

 

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