ENI OTHER COUNTRY - DESCALZI INVESTE 3,3 MILIARDI AD ABU DHABI E SI LANCIA NEGLI EMIRATI A BRACCETTO DEL PREMIER CONTE: LA POLITICA MEDIORIENTALE DEL GOVERNO LA FA IL CANE A SEI ZAMPE. TRA IL MEGA-GIACIMENTO EGIZIANO IN BARBA A REGENI, L'EQUILIBRISMO IN LIBIA E LA SPINTA NELLA PENISOLA ARABA, DA NOI LE TRIVELLE SI FERMANO MA ALL'ESTERO SI BUCA E SI RAFFINA COME PAZZI. E DIVERSAMENTE DA NIGERIA E ALGERIA, IN MEDIORIENTE LE INCHIESTE SUL PETROLIO NON SI FANNO!

-

Condividi questo articolo


 

1. L' ENI SI ESPANDE NEGLI EMIRATI ARABI PIÙ STRETTI I LEGAMI CON IL MEDIO ORIENTE

Stefano Agnoli per il “Corriere della Sera

giuseppe conte mohammed bin zayed al nahyan giuseppe conte mohammed bin zayed al nahyan

 

È l' ultima mossa della «strategia mediorientale» dell' Eni.

Dopo aver chiuso solo pochi giorni fa una lunga serie di accordi nella Penisola arabica il Cane a sei zampe non si è fermato. Alle intese con Bahrain, Oman e gli Emirati ha fatto seguire un altro passo: l' acquisto, sempre ad Abu Dhabi, del 20% del quarto più grande complesso mondiale della raffinazione (Adnoc Refining), con una spesa di 3,3 miliardi di dollari. Non sarà sola: anche l' austriaca Omv (che ha Abu Dhabi come secondo socio dopo il governo di Vienna) rileverà un altro 15%. Con le stesse quote, Adnoc, Eni e Omv creeranno anche una società per la commercializzazione.

 

Con la firma dell' accordo (presente il premier Giuseppe Conte) l' Eni incrementa di più di un terzo la capacità di raffinazione e, soprattutto, potrà resistere meglio alle variazioni del prezzo del petrolio, ultimamente instabile. Ma ci sono più livelli di lettura delle intese. Il primo è industriale: per l' Eni il Medio Oriente e la Penisola arabica diventano un' area di interessi di prim' ordine, tanto che nel giro di 7-8 anni potrebbe venire da lì il 30-35% dei ricavi. Ed essere presenti nell' area (sud) del Golfo lungo tutta la catena industriale, dall' esplorazione alla commercializzazione, significa trovarsi nella regione che di più in futuro dovrà «nutrire» le economie asiatiche, che di petrolio e gas mediorientale hanno bisogno.

 

C' è poi l' aspetto di politica internazionale. Stringere i legami con gli Emirati significa anche approfondire relazioni su cui fare leva in altri scenari.

giuseppe conte claudio descalzi mohammed bin zayed al nahyan giuseppe conte claudio descalzi mohammed bin zayed al nahyan

 

Non è un mistero che gli Emirati, con l' Egitto e la Russia, appoggino in Libia le pretese del rais dell' Est, il generale Haftar, in competizione con il governo di Tripoli di Al Sarraj, appoggiato dalla comunità internazionale. In questo quadro di nuove relazioni un punto di svolta per l' Eni è stata la scoperta e lo sviluppo del maxi-giacimento di Zohr, nei fondali egiziani del Levante mediterraneo.

 

 Condividendolo con gli inglesi di Bp, i russi di Rosneft e gli emiratini di Mubadala, l' Eni ha potuto gettare le basi anche per gli sviluppi di oggi e per altri in futuro. Discorso di tenore simile per la diplomazia italiana, che pur mantenendo buone relazioni con il Qatar (visitato a ottobre da Matteo Salvini), riguadagna credito e rapporti negli Emirati, dopo la brutta pagina del fallito accordo Alitalia-Etihad e lo strascico delle controversie per il leasing dell'«Air Force Renzi».

 

Intrecciato strettamente con questo aspetto anche quello che riguarda le aziende italiane. Non è un caso che il premier Conte sia andato per la seconda volta in pochi mesi ad Abu Dhabi. L' insediamento dell' Eni potrebbe contribuire a tirare la volata alle imprese italiane che ambiscono agli investimenti che gli Emirati intendono effettuare per il rilancio delle loro economie e che nell' area sono già attive, come Leonardo-Finmeccanica ma non solo. Infine anche il ceo dell' Eni, Claudio Descalzi, porta a casa un altro risultato della sua strategia. Certo, il manager pubblico (il suo secondo mandato scade l' anno prossimo) rimane esposto agli sviluppi del processo per corruzione internazionale in Nigeria, per il quale è stato rinviato a giudizio con altri vertici ed ex vertici.

giuseppe conte claudio descalzi mohammed bin zayed al nahyan giuseppe conte claudio descalzi mohammed bin zayed al nahyan

 

In passato la stessa Eni è stata oggetto di pesanti rilievi per gli affari in Egitto malgrado l' assassinio di Giulio Regeni.

Venerdì scorso, a tre anni dalla scomparsa, Descalzi ha pubblicato sul suo profilo Facebook un post nel quale, tra l' altro, si legge: «È essenziale che le autorità continuino a lavorare per arrivare a dare alla famiglia Regeni le risposte che ha diritto di avere. Italia ed Egitto sono Paesi amici, lo sappiamo bene noi di Eni che in Egitto lavoriamo da decenni. Non può restare questa ombra sui rapporti tra i nostri due Paesi. Continuiamo a sperare che si arrivi presto alla verità». Vedremo se ora l' appello sarà ascoltato.

 

 

2. INVESTIMENTI MILIARDARI E SPONDA SULLA LIBIA IL GOVERNO PUNTA SULL' ASSE CON ABU DHABI

Marco Conti per “il Messaggero

 

Negli Emirati Arabi Uniti la seconda volta in poche settimane. Giuseppe Conte ieri ha accompagnato l' Eni alla firma di un importante accordo con la compagnia petrolifera di Abu Dhabi. L' acquisizione del 20% di Adnoc Refining per 3,3 miliardi di dollari segue una serie di intese che trasformano l' Italia in uno dei partner più importanti della monarchia del golfo.

Otto miliardi di dollari di interscambio solo lo scorso anno tra Roma e Abu Dhabi.

 

LA SPONDA

Mohammed bin Zayed Al Nahyan Mohammed bin Zayed Al Nahyan

Ma sul piatto, e in vista dell' Expo 2020, il principe Mohammed bin Zayed Al Nahyan ha messo un piano di investimenti per 150 miliardi che interessa a molte aziende italiane. Unicredit, Intesa, Sace, pronte a sostenere le seicento aziende italiane già presenti negli Emirati.

 

Uno sbocco importante per l' export italiano, ma anche un partner geopolitico di rilievo per l' Italia visto che gli Emirati sono da sempre vicini al maresciallo libico Khalifa Haftar insieme all' Egitto. In occasione del vertice di Palermo la monarchia di Abu Dhabi si era fatta sentire contribuendo alla seppur fugace partecipazione di Haftar. Aiutare gli Emirati a raffinare e commercializzare le fonti energetiche che hanno in grande abbondanza nel sottosuolo, significa per l' Italia giocare una partita tra le monarchie del golfo preferendo l' emiro di Abu Dhabi all' emiro di Doha che lo scorso anno ricevette Matteo Salvini.

 

Non c' è dubbio che Abu Dhabi potrebbe fare da sponda per l' Italia che punta ad una presenza più solida in Cirenaica e nel Fezzan, visto il progressivo indebolimento di Al Serraj. In Medio Oriente e Nord Africa, Abu Dhabi si schiera contro i Fratelli Musulmani assieme all' Arabia Saudita (e quindi contro il Qatar) rispetto alla quale, tuttavia, l' approccio degli emiri del Golfo è molto più pragmatico.

 

Ed è proprio nel nome del pragmatismo che ieri Conte e l' erede al trono Sayyid Fahd bin Mahmoud al Said hanno presenziato all' operazione più rilevante mai condotta in Eau da un investitore straniero in campo energetico in cui è rientrata anche la compagnia austriaca, l' Omv.

 

descalzi descalzi

Per il presidente del Consiglio Conte, l' accordo di ieri tra Eni e Adnoc è anche una occasione per ribadire, in chiave interna, la vocazione per le rinnovabili del suo governo. «Eni sta contribuendo ad affermare nel mondo l' eccellenza italiana in campo energetico, con attenzione particolare a tutti i processi che riducono la componente carbonica e con spiccata attenzione alla promozione di tecnologie low carbon e rinnovabili», spiega il premier che, senza citare il nodo delle trivelle, sembra sposare la linea M5S rispetto alle posizioni della Lega.

 

Prima di partire in direzione Oman, dove a Mascate ha incontrato il vice Primo Ministro Sayyid Fahd bin Mahmoud al Said, Conte ha anche incontrato la comunità italiana e ricordato che la direzione generale dell' Agenzia Internazionale per le Energie rinnovabili (Irena), che ha sede proprio ad Abu Dhabi, è andata ad un italiano, Francesco La Camera»

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…